Latina

La "chiusura" di RCTV in un Venezuela tra Fellini e il Reggaeton

20 maggio 2007
Gennaro Carotenuto


CARACAS - L'industria del falso digitale è tollerata in Venezuela. Come in tutto il mondo.
Ma in poche capitali del mondo trovi decine di bancarelle che vendano come il pane Zabriskie Point di Michelangelo
Antonioni, L'Orfeo Negro di Marcel Camus, La voce della Luna di Federico Fellini e tutta la cinematografia
latinoamericana, dalla Notte dei forni di Pino Solanas, a Garage Olimpo di Marco Bechis.

Negli ultimi anni di vita, il dittatore spagnolo Francisco Franco inondò
il paese di eroina per distruggere una generazione ribelle.
Chissà se il "dittatore" venezuelano Hugo Chávez
fa lo stesso col cinema d'autore, alimentando le
bancarelle dei buhoneros (ambulanti) di Caracas.

"E' il libero mercato, stupido", direbbe
Bill Clinton, e anche il cinema d'autore chiede la gente
di Caracas. Intanto mi fanno notare in strada bambine di
13-14 anni con i pantaloni non più sotto la vita, non più
mettendo in mostra la marca degli slip, ma oramai sbattendo
in faccia un ciuffetto di pelo pubico come ultima frontiera.
Lo hanno visto milioni di volte in televisione. Sono
bombardate dalla televisione commerciale con il Reggaeton
-l'ultimo e più volgare dei gen eri pseudomusicali
commerciali- dove le donne vengono chiamate
"culitos". Tra poco, a 15 o 16 anni al massimo,
chiederanno ai genitori delle enormi tette come regalo.

In Venezuela bastano poche centinaia di dollari. Se non
hai dei seni enormi sei brutta e nessuno ti vorrà, è il
messaggio continuamente diffuso dalle televisioni
commerciali. Le cliniche private vendono pacchetti a prezzi
stracciati: liposuzione, rinoplastica, mastoplastica, tutto
per via ambulatoriale e in giornata. Anche questo è libero
mercato, anche questa è (considerata) libertà d
'espressione, ma soprattutto anche questa è battaglia
per le idee, per i cuori, per l'immaginario collettivo.
E non è un caso che il Venezuela sia ai primi posti al mondo
per le gravidanze adolescenziali.

Al mio tassista hanno raccontato (ma la notizia purtroppo
è infondata) che il governo vuole proibire il... "filo
interdentale". E' sinceramente preoccu pato, dove
andremo a finire con un governo che proibisce tutto. Cerco
di capire cos'abbia Chávez contro la pulizia della bocca
, e capisco che il filo-interdentale non è altro che il
tanga. Qualcuno ha proposto di limitare il mostrare ad ogni
ora del giorno video musicali -soprattutto il Reggaeton- che
per tutta la loro estensione mostrano in primo piano solo un
paio di natiche agitandosi: donna=culito. Domando al mio
tassista se è cattolico. Mi guarda e si fa il segno della
croce. Affondo: "signore, se Chávez farà davvero questo
, il Papa sarà molto contento".

Sabato è andata in scena, per le strade di Caracas, la
manifestazione dell'opposizione contro il mancato
rinnovo alla scadenza naturale della concessione via etere
del canale commerciale RCTV. Si trasferirà sul cavo e sul
satellite. Il canale, che appoggiò apertamente il colpo di
stato dell'11 d'aprile 2002, fa finta di non sapere
che l'etere è pubblico e fa finta di no n sapere che
esiste u na responsabilità sociale dei media e che inondare
il mercato televisivo di sesso e violenza non è esattamente
lo stesso che "libertà d'espressione".

Per strada, nel corteo, c'è parecchia bella gente e
vengono usati molti degli argomenti che da dieci anni usa
Emilio Fede in Italia per evitare che Rete4 finisca sul
satellite. L'organizzazione è capillare. Hanno riempito
la città di maxischermi che ritrasmettono liberamente la
manifestazione. Ed è grazioso sentire e vedere a tutto
volume in ogni grande piazza di Caracas fare liberamente
discorsi sulla mancanza di libertà di espressione. Bugiardi,
e bugiardi tutti i media internazionali che riprenderanno
acriticamente il punto di vista di RCTV, dando per scontato
che contro Chávez qualunque menzogna è lecita.

E' bene ricordare che, nell'ultima campagna
elettorale venezuelana per le elezioni presidenziali del 3
dicembre 2006, le commissioni di Osservazi one Internazionale
ve rificarono che i quattro quinti di tutti i servizi
televisivi, radiofonici e articoli di giornale, di quella
campagna elettorale era favorevole all'opposizione.
Ciononostante, istituzioni internazionali prestigiose
(perché controllate dal governo degli Stati Uniti?) come
"Freedom House", possono definire il Venezuela
come un paese "non libero" dal punto di vista
della libertà di stampa e collocarlo addirittura al 161°
posto al mondo. Incredibile: il Venezuela viene collocato
dalla "Casa della Libertà" perfino dopo l
'Afghanistan, dove è noto che i giornalisti siano in
condizione di realizzare il loro lavoro in tranquillità,
sicurezza e senza pressioni di sorta. Nonostante tale dato
dimostri quanto sia sfacciata e indimostrabile la
collocazione del Venezuela, e nonostante sia palese l
'intenzion alità diffamatoria di classifiche come quella
di Freedom House, a tali istituzioni anche i media italiani
fanno da grancassa co ncedendo loro un'autorev olezza
difficilmente spiegabile. Se lo dice Freedom House…

Intanto il quotidiano El Nacional di domenica (più o meno
comparabile a Il Giornale o Il Tempo in Italia), dedica un
intero fascicolo alla manifestazione di sabato. E'
strapieno di interviste a partecipanti alla manifestazione.
Stranamente sono tutti chavisti pentiti: "ho votato per
Chávez ma adesso ho paura per la libertà" dice un
impiegato. "Ho votato per Chávez, ma non pensavo mi
levasse le mie telenovele" dice una casalinga alla
quale fanno anche un bel box in prima pagina. Nel mezzo
grandi articoli e commenti sulla superiorità del settore
privato, sui pericoli dei media pubblici, del ruolo dello
stato ed esaltando il valore dell'indipendenza dei media
privati.

Giro pagina e l'intero fascicolo ha al centro un
paginone redazionale, pagato con i soldi pubblici dello
stato Zulia, governato dal capo dell'opposizione, Manuel
Rosales. Questi com pare in tutte le quattro pagine, sempre
con le forbici in mano, sempre inaugurando qualcosa. Viva
l'indipendenza della stampa privata venezuelana.

Note: http://www.gennarocarotenuto.it

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