Latina

Appello di Linera al paese per la difesa della democrazia

Bolivia: la Corte Nazionale Elettorale conferma il referendum revocatorio per il 10 Agosto

L'opposizione conta su grande stampa e Stati Uniti per trasformare la consultazione nella fine politica di Morales
30 luglio 2008
David Lifodi

La Bolivia si avvicina a grandi passi al referendum revocatorio del prossimo 10 Agosto, in cui Morales metterà in gioco la sua presidenza e costringerà i nove governatori dipartimentali a fare lo stesso. L'idea del governo, prendendo spunto dalla consultazione referendaria che confermò Chavez in Venezuela, intende soprattutto mettere in crisi i prefetti dei dipartimenti separatisti dell'Oriente boliviano, che quotidianamente cercano di eliminare Evo dalla scena politica utilizzando qualsiasi mezzo. Una volta compreso il rischio di perdere il bastone del comando del proprio dipartimento tramite il referendum, dopo che già le consultazioni per l'autonomia non sono andate così bene come previsto, i governatori si sono aggrappati con forza al ricorso presentato dal deputato di Unidad Nacional Arturo Murillo al Tribunale Costituzionale sulla presunta incostituzionalità del referendum. Accolto dalla giudice Silvia Salame, peraltro l'unica in servizio dopo la rinuncia degli altri quattro appartenenti al Tribunale Costituzionale stesso, il ricorso è stato immediatamente dichiarato nullo e bocciato dalla Corte Nazionale Elettorale (Cne), che per bocca del suo presidente Luis Exeni ha rifiutato la sospensione del referendum revocatorio: "solamente una legge approvata dal Congresso avrebbe potuto bloccarlo", ha spiegato Exeni. Mentre il governo ha già preannunciato una denuncia nei confronti della giudice Silvia Salame per aver agito al di fuori delle sue più strette competenze, l'opposizione, tramite lo stesso Murillo, ha minacciato il presidente della Cne Exeni promettendogli la carcerazione sicura se non provvederà a sospendere il referendum. Inoltre, alle minacce i prefetti separatisti hanno cercato di imboccare anche una strada apparentemente legale con il probabile ricorso di Manfred Reyes Villa alla Corte Interamericana.
Negli ultimi giorni hanno invitato alla mobilitazione contro le manovre della destra sia Morales che il vicepresidente Linera. L'ex leader del movimento katarista ha invitato "gli uomini e le donne che hanno a cuore la democrazia a partecipare al referendum per difendere con il loro voto il destino politico del paese senza lasciarsi intimidire dalle forze oscure conservatrici che intendono bloccare la consultazione del prossimo 10 agosto".
Va sottolineato che le "forze oscure" che agiscono nel paese non sono solo esterne, ma anche interne. In occasione del recente "Encuentro de Intelectuales y Artistas del Mundo por la Unidad y la Soberania de Bolivia", Morales ha denunciato la presenza destabilizzante degli Stati Uniti, che secondo lui hanno finanziato gli spot dell'opposizione, e ha alluso ironicamente anche alla presenza occulta in questa operazione dell'ex presidente Sanchez de Lozada, in esilio dorato negli Usa che ne rifiutano l'estradizione in Bolivia, dove lo aspetterebbe un processo per la mattanza di cui fu responsabile il 17 Ottobre 2003 (il cosiddetto "Octubre Negro") contro le proteste della popolazione decisa ad impedire la vendita del gas agli stessi Stati Uniti attraverso i porti del Cile.
In una situazione che, anche a livello di concentrazione di buona parte dei media nelle mani dell'opposizione ricorda molto il Venezuela, Morales ha denunciato il "terrorismo mediatico" dei padroni della grande stampa proponendo per il 12 Agosto "un día sin diarios basura".
La presenza di una vera e propria campagna di stampa dei grandi media boliviani a favore dei progetti eversivi del movimento autonomista è testimoniata da fatti incontrovertibili: Oswaldo Monasterios ex senatore del Mnr (Movimiento Nacionalista Revolucionario, il partito dell'ex presidente Sanchez de Lozada) è proprietario di Unitel, mentre i grandi imprenditori appoggiano e finanziano più o meno direttamente le radio di La Paz Fides e Panamericana, oltre ai quotidiani La Razón (sempre di La Paz), Los Tiempos (Cochabamba) ed El Mundo (Santa Cruz). Il governo teme inoltre che i grandi organi di stampa organizzino sondaggi ad arte che mettano in discussione l'appoggio popolare a Morales spingendo i lettori a votargli contro il prossimo 10 agosto, grazie al pericoloso ruolo che potrebbe svolgere l'Anp (Asociación Nacional de la Prensa), una sorta di sindacato degli editori che nei giorni scorsi si è battuto per la sospensione del referendum. Non contenta, la stessa Anp sfiorando il ridicolo ha dichiarato di volersi adoperare per la "difesa del pluralismo e dell'imparzialità giornalistica", ricalcando lo stesso copione della venezuelana Rctv al momento in cui Chavez decise di spostarla sul satellite. Il colmo è stato raggiunto quando l'Anp si è fatta portavoce del pluralismo e al tempo stesso ha appoggiato i media da lei controllati ad ingigantire manifestazioni antigovernative a cui invece avrebbero partecipato non più una cinquantina di persone sobillate dai giovani della formazione paramilitare della Ujc (Unión Juvenil Cruceñista, ormai trasformatasi nel braccio armato dei comitati civici di Santa Cruz), come avvenuto di recente a Camiri.
Adesso la palla torna di nuovo nelle mani dell'opposizione: accetteranno il referendum, oppure riusciranno effettivamente a trovare qualche altra strada per bloccarlo?

Note: Articolo realizzato da David Lifodi per www.peacelink.it
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