Latina

Indietro nei sondaggi Gutierrez e Noboa

Ecuador: Correa favorito alle elezioni di domenica 26 Aprile

Queste elezioni segneranno una svolta significativa nella storia del paese
23 aprile 2009
David Lifodi

Correa, Gutierrez, Noboa: la corsa a tre per le elezioni del prossimo 26 Aprile, che dovranno eleggere non solo il nuovo presidente del paese e il suo vice, ma anche sindaci e consiglieri comunali di numerose province e città (oltre al rinnovo dei componenti del Parlamento) non si discosta dal passato. Nella precedente tornata elettorale erano stati Correa e Noboa a contendersi la poltrona di presidente, mentre Gutierrez, già vincitore delle elezioni del 2002 sostenuto da una coalizione progressista e indigena, fu cacciato a furor di popolo alla metà di Aprile del 2005.
I sondaggi indicano il presidente uscente Rafael Correa (Movimiento Nuevo País) ampiamente in vantaggio sui due suoi avversari collocandolo ad un 48,3% che supera ampiamente Gutierrez (Partito SocialCristiano) e Noboa, che si fermano rispettivamente al 18% e all'11%.
La presidenza Correa ha inserito di diritto l'Ecuador nella scia della cosiddetta primavera latinoamericana: la riaffermazione della sovranità del paese sancita con la decisione di non rinnovare la concessione agli Stati Uniti della base militare di Manta, l'ingresso nel ruolo di osservatore nell'Alba (con la probabile adesione come stato membro in caso di riconferma alla presidenza di Correa), la rinegoziazione del debito estero e l'impulso dato al Banco Sur sono stati i punti chiave della politica di Rafael Correa. E ancora: la difesa del territorio in occasione dei continui sconfinamenti dell'esercito colombiano nelle sue operazioni anti-guerriglia (compreso quello che ha portato all'uccisione del numero due delle Farc Raul Reyes), la lotta alla corruzione, l'impegno nella tutela del diritto all'acqua come bene inalienabile inserito nella nuova Costituzione e una certa attenzione alle pratiche dell'ambientalismo. Nonostante tutto questo il percorso di Correa durante questi anni non è stato una passeggiata, soprattutto in relazione al suo tormentato rapporto con i movimenti indigeni, in particolare la Conaie. Lo sfruttamento e l'estrazione mineraria intensiva, volto in particolare alla scoperta di nuovi giacimenti petroliferi su cui numerose multinazionali hanno messo gli occhi, unito all'accettazione dell'asse Manta-Manaus (inserito all'interno dell'Iirsa), ha portato forti critiche da parte indigena nei confronti di Correa. Anche sul riconoscimento dello stato ecuadoriano come "plurinazionale" e sull'ormai famoso principio del "buen vivir" indigeno di cui tanto si parla, la Conaie ha dovuto esercitare tutta la sua pressione sull'esecutivo affinché recepisse e tutelasse gli interessi di cui si è da sempre fatta portavoce. Se la repressione contro i movimenti sociali e indigeni contro lo sfruttamento minerario sono state talvolta assai violente (con il beneplacito del movimento dello stesso presidente Correa Alianza País) tanto da lasciare perplessi i suoi stessi simpatizzanti, che pure lo hanno sempre sostenuto in virtù della sua adesione convinta al socialismo bolivariano del XXI secolo, la Costituzione dell'Ecuador voluta e approvata sotto l'impulso del giovane economista ed ex membro del governo Palacio, resta una tra le più avanzate dell'intero continente latinoamericano. Il rapporto oscillante con i movimenti popolari e le eccessive concessioni minerarie, boschive e idroelettriche alle grandi imprese non mettono però in dubbio che Correa (invitato anche al Forum Sociale di Belém a fine gennaio per un incontro con le organizzazioni popolari insieme a Morales e Chávez) sia il miglior presidente per l'Ecuador in questo momento storico. E' notizia di questi giorni la sospensione decretata dall'esecutivo Correa nei confronti di cinque imprese estrattive multinazionali ad opera del Ministero delle Miniere e del Petrolio per il loro operato fuorilegge. Altrettanto degna di interesse la proposta del governo ecuadoriano di riacquistare i buoni derivanti dal debito contratto dal paese con il Fondo Monetario durante gli anni in cui le porte dell'Ecuador erano aperte al liberismo sfrenato: per ogni dollaro investito nell'acquisto dei buoni il governo pagherà 30 centesimi.
Ben altro il profilo dei due avversari di Correa, entrambi alfieri della destra. Gutierrez ha aperto al libero commercio e alle privatizzazioni prima di essere cacciato nel 2005. Abile ad ottenere addirittura il consenso indigeno, tanto da concedere alla Conaie la presenza nel suo governo di ben due ministri in seguito al successo elettorale nel 2002, l'ex colonnello tradì ben presto le attese, riuscì a mettere in crisi il movimento indigeno dividendolo, ma fu rovesciato dalla rivolta dei forajidos, ceti sociali della media borghesia che si guadagnarono l'appellativo di "fuorilegge" per aver dato vita ad una serie di proteste sul modello argentino al grido "que se vayan todos". Altrettanto poco raccomandabile appare Álvaro Noboa, che ha in Guayaquil, la capitale economica del paese e roccaforte dell'elettorato conservatore, la maggior parte dei suoi sostenitori, tanto da meritare una certa similitudine con la media luna boliviana per la presenza di un'aspirazione separatista mai sopita, per quanto in misura assai minore rispetto all'oriente boliviano. La pagina principale del sito personale di Noboa potrebbe farlo passare come leader dei movimenti popolari agli occhi di chi non conosce da vicino la situazione ecuadoriana. Noboa si presenta come un politico che ha come missione principale il raggiungimento della giustizia sociale, lo sradicamento della povertà e la possibilità per tutti gli abitanti del paese di vivere nel benessere. In realtà Noboa è l'uomo più ricco del paese, imprenditore del settore bananiero, ha alle sue dipendenze un vero e proprio impero economico, il Grupo de Empresas Noboa e la Corporación Noboa, presenti in buona parte del mondo. Leader del Partido Renovador Institucional de Acción Nacional (Prian), si è candidato alle ultime tre elezioni presidenziali negli anni 1998, 2002 e 2006.
Le elezioni del 26 aprile segneranno una svolta importante: in caso di vittoria di Rafael Correa i movimenti popolari potranno avere l'occasione per continuare la loro attività di pressione e indirizzo del loro presidente sulla strada dell'equità e della giustizia sociale (sebbene il mondo indigeno continui per il momento a mantenere delle riserve sul suo operato e per questo ha scelto una posizione più defilata rispetto alle elezioni), mentre un eventuale successo di Gutierrez o Noboa riporterebbe il paese indietro di molti anni.

Note: Articolo realizzato da David lifodi per www.peacelink.it
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