Colombia: la guerra sporca di Cia e Stati Uniti contro la guerriglia
Le recenti rivelazioni del Washington Post, il quotidiano statunitense che ha svelato nel dettaglio il programma segreto della Colombia uribista per uccidere la maggior parte dei leader delle Fuerzas Armadas Revoluconarias de Colombia (Farc) ed annichilire la guerriglia, mette pericolosamente a rischio i negoziati e il processo di pace a cui hanno dato vita, da oltre un anno, ribelli e governo, contrassegnato peraltro dal proseguimento delle operazioni belliche da ambo le parti.
La presenza attiva della Cia ed il piano contro le Farc, e l’Ejército de Liberación Nacional (Eln, l’altra formazione guerrigliera della Colombia), fu autorizzato dall’allora presidente Usa George W. Bush, ma pare che sia proseguito anche nell’era Obama, almeno secondo quanto hanno dichiarato al Washington Post fonti riservatissime dell’intelligence e della diplomazia statunitense. Il programma per tenere sotto controllo quotidiano Farc ed Eln fece registrare un salto di qualità a partire dal 2006, quando, attraverso il sistema di geolocalizzazione GPS, i dirigenti della guerriglia furono individuati e le loro attività monitorate costantemente. È in questo contesto che esercito Usa e militari colombiani cominciarono ad usare le cosiddette bombe intelligenti, finché nel 2008 si verificò l’episodio più grave: un aereo dell’aviazione militare bombardò un accampamento delle Farc alla frontiera con l’Ecuador uccidendo il numero due della guerriglia, Raul Reyes. Il programma di contrainsurgencia messo in pratica in Colombia è stato utilizzato dagli Stati Uniti anche in Afghanistan e Irak, a seguito degli attentati dell’11 settembre 2001, in Messico e Centroamerica, i vicini da sempre storicamente sotto tutela dell’ingombrante vicino, che considera queste aree, più di altre, come il vero patio trasero, soprattutto in seguito al processo di emancipazione dei paesi latinoamericani. L’eliminazione di Raul Reyes, però, non fu chirurgica e creò le premesse per la rottura delle relazioni diplomatiche tra Colombia ed Ecuador. Innanzitutto, oltre all’assassinio di Reyes, che peraltro aveva la funzione di mediatore nel complesso e interminabile conflitto colombiano, rimasero uccise una ventina di persone, tra cui altri guerriglieri, ma anche quattro studenti messicani: si trattò di un’azione armata illegale perché compiuta in spregio alle più elementari regole del diritto internazionale. Inoltre, l’accampamento delle Farc si trovava a Sucumbíos, località della ecuadoriana sottoposta ad un’incursione militare del tutto gratuita e, ancora una volta, illegale. Già allora il presidente ecuadoriano Correa sostenne, a ragione, che l’aviazione colombiana aveva ricevuto l’appoggio da paesi stranieri con lo zampino della Cia. Nel frattempo, sotto la presidenza di Álvaro Uribe, il mandatario colombiano che fin dall’inizio aveva appoggiato il piano di George W. Bush, la violenza era cresciuta in misura esponenziale, con un governo infiltrato dal narcotraffico e dai leader degli squadroni paramilitari amici dello stesso Uribe. Del resto, fin dalla sua elezione, il presidente colombiano intendeva farla finita con le Farc, che avevano ucciso suo padre nel 1983. Quello che era sempre denominato genericamente el plan, si scoprì essere parallelo al Plan Colombia, che già prevedeva finanziamenti sempre maggiori all’esercito colombiano per migliorare le tecniche di controguerriglia. Nel 2003, scrive il Washington Post, in Colombia erano presenti 4500 contractors, tutti a libro paga dell’ambasciata Usa a Bogotá e in numero superiore, almeno per quell’anno, a quelli presenti in Afghanistan. Lo stesso ambasciatore Usa in Colombia William Wood, a Bogotá dal 2003 al 2007, ha dichiarato che l’attività militare statunitense nel paese latinoamericano era superiore a quella in Afghanistan. In Colombia, su autorizzazione di Bush figlio, sorse il Comando de Operaciones Especiales Conjuntas (Jsoc), ufficialmente per dare la caccia ai signori che dirigevano i cartelli della droga nel paese, ma in realtà per attaccare le forze ribelli. Un’altra fonte del Washington Post ha dichiarato che il direttore della Cia George Tenet aveva inviato nella capitale colombiana un agente segreto affinché creasse la cosiddetta Célula de Fusión de Inteligencia dell’ambasciata statunitense a Bogotá, denominata familiarmente il “bunker”, necessaria per svolgere il ruolo di base logistica. Nel bunker, scrive il Washington Post, un’abitazione minuscola piena di computer sofisticatissimi e mappe satellitari della selva colombiana, le Farc venivano pedinate virtualmente attraverso un sistema di intercettazione messo a punto dall’Agenzia di Scurezza Nazionale, quella a cui Snowden ha sottratto, diffondendoli, una gran parte di documenti scottanti che svelavano i piani di ingerenza Usa in America Latina e non solo. Dopo aver localizzato i dirigenti delle Farc, ucciderli fu semplice: si calcolano almeno 24 assassinii dei principali esponenti della guerriglia, approfittando, soprattutto nella seconda metà degli anni Duemila, di un indebolimento strutturale degli insurgentes. L’attuale presidente colombiano Juan Manuel Santos in questa fase svolgeva il ruolo di ministro degli Interni, era il delfino di Uribe e non si era ancora verificata la rottura tra loro, che poi ha condotto i due principali esponenti della destra a militare in partiti diversi, pur sempre nel campo del neoliberismo e della reazione. Fu proprio Santos il primo ad essere informato sulla fabbricazione del Paveway II Mejorado, un kit da bombardamento che l’allora ministro degli Interni presentò a Uribe su suggerimento di Donald Rumsfeld, a quel segretario della Difesa Usa e personaggio tra i più influenti all’interno della Casa Bianca. L’aereo inizialmente designato per trasportare il kit da bombardamento fu un Embraer A-29 Super Tucano di fabbricazione brasiliana, ma all’ultimo momento fu scelto un Cessna A-37 Dragonfly, già utilizzato dallo stesso esercito Usa per intervenire nella guerra civile in El Salvador all’inizio degli anni ’80.
Il Washington Post, un quotidiano tutt’altro che di sinistra, non ha fatto altro che denunciare quella guerra sucia condotta contro la guerriglia colombiana di cui in molti erano già a conoscenza: un ostacolo in più sulla strada di un negoziato difficile e travagliato, ma che su alcuni aspetti aveva visto una prima intesa, per quanto ancora generale e di massima, tra Palacio Nariño e le Farc.
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