Presidenziali Guatemala: Jimmy Morales favorito su Sandra Torres
“La mia aspirazione è che tra cento anni, nelle scuole di tutto il paese, si insegni che Jimmy Morales è stato il miglior presidente della storia guatemalteca”, dice il candidato del Frente de Convergencia Nacional (Fcn) parlando di se stesso in terza persona. Il boom di Morales al primo turno, quando nessuno se lo aspettava, ha diverse spiegazioni. Di certo, a destra, ha avuto la strada spianata, grazie agli scandali che hanno coinvolto non solo Otto Pérez Molina e la sua vice Roxana Baldetti, entrambi costretti a lasciare l’incarico, ma anche il favorito alla sua successione, quel Manuel Baldizón di Lider (Libertad Democrática Renovada) il cui vice, a sua volta, si è trovato coinvolto in un altro scandalo, Lavado y Política. Edgar Barquín, che avrebbe dovuto essere il vice di Baldizón, è stato indagato per riciclaggio di denaro sporco per la sua attività di presidente del Banco de Guatemala: pare che la campagna elettorale di Lider sia stata finanziata in gran parte anche dal narcotraffico. Inoltre, Morales sa di poter sfruttare al massimo il basso livello di scolarità di buona parte della popolazione guatemalteca, e così i suoi proclami ad effetto, spesso politicamente scorretti ed intrisi di qualunquismo, dalla negazione del genocidio maya alle sue posizioni contro l’aborto e a favore della pena di morte, trovano un certo consenso. L’ex comico ha quindi buon gioco nel proporsi come il presidente che si occuperà degli interessi del popolo e garantire che non ha alcuna esperienza, ma certo non può fare peggio di coloro che lo hanno preceduto. La classe media potrebbe dargli il voto perché non ha la memoria storica del genocidio e non si scandalizza per il suo dichiarato negazionismo: del resto, l’operazione tierra arrasada dei primi anni Ottanta è servita non solo per sterminare gli indigeni maya, ma anche per togliere di mezzo una generazione di giovani politicamente coscienti che cercava di lottare contro regimi militari come quelli di Lucas García e Montt. E poi negare il genocidio paga in termini elettorali, come ha già sperimentato “Mano Dura” Molina quando è stato eletto alla guida del paese. Morales batte anche sul tema della sicurezza incolpando apertamente i migranti: non ha altre proposte, eppure piace all’elettorato di destra e non solo, anche perché se Lider è stata sanzionata per aver sforato ampiamente il massimo della spesa previsto per la campagna presidenziale, l’ex comico può vantare delle cifre modestissime che pure lo hanno portato a giocarsi la possibilità di diventare presidente con Sandra Torres, candidata per la Unidad Nacional de la Esperanza (Une), con vaghe tinte di centrosinistra, non entusiasmante, ma di certo assai preferibile alla guida del paese. Il Frente de Convergencia Nacional, come del resto il Partido Patriota di Molina, è costituito in gran parte da militari ed ex militari di estrema destra. Morales riesce ad acchiappare l’elettorato “nonostante l’evidente contraddizione tra il suo essere antisistema e appartenere, al tempo stesso, ad un partito molto conservatore e di destra”, notano gli analisti politici guatemaltechi: si vanta di aver frequentato l’Universidad de San Carlos, l’università che in Guatemala è ritenuta del popolo (e dove negli anni ’80 i patrulleros di regime rapivano gli studenti per poi torturarli) e di essere figlio della classe lavoratrice. Del resto, Morales è un attore ed ha avuto grande facilità nel presentarsi come un outsider, anche se in realtà è una vecchia volpe dell’estabilishment politico. Nel 2011 aveva corso per ottenere un seggio al Congresso in qualità di deputato di Lider per poi partecipare alle elezioni a sindaco di una cittadina guatemalteca. Finora l’ondata di mobilitazioni sociali che si susseguono in Guatemala dallo scorso aprile, quando è scoppiato lo scandalo denominato La Línea, che ha travolto Baldetti e Molina, non sono però servite a creare un fronte compatto a sinistra in grado di creare un’alternativa al sistema di alternanza al potere tra le destre, con l’unica eccezione della Une in occasione della presidenza di Álvaro Colom. Nonostante gli scandali e le proteste contro corruzione e impunità, l’oligarchia ha già trovato un nuovo cavallo su cui puntare, Jimmy Morales, per mantenere il paese in uno stato feudale e ridurlo a terra di saccheggio per le multinazionali.
Infine, alle accuse verso il Frente de Convergencia Nacional come partito composto solo da militari, Morales risponde che in Guatemala i militari sono attori chiave in tutte le formazioni politiche: a tutto ciò aggiunge qualche spruzzata di cattolicesimo evangelico in un paese dove la presenza degli evangelici è stata incentivata nel corso degli anni per contrastare la Teologia della Liberazione e il gioco è (quasi) fatto. Resta solo la speranza di Sandra Torres per tamponare l’emergenza (la vittoria di Morales auspicata dall’oligarchia locale), ma soprattutto che la società civile autorganizzatasi negli ultimi mesi riprenda la parola e ricostruisca un paese che non merita di andare a fondo sotto i colpi di militari, elites corrotte e proprietari terrieri.
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