Latina

Fa ancora discutere la mancata approvazione dell’aborto legale da parte del Senato

Argentina: l’aborto resta illegale, ma le giovani vincono nelle strade e nelle piazze del paese

Lo scorso 8 agosto la depenalizzazione è stata respinta con soli sette voti di scarto
22 agosto 2018
David Lifodi

 

Campaña Nacional por el Derecho al Aborto Legal Seguro y Gratuito

A due settimane dalla mancata approvazione dell’aborto legale, respinto dal Senato con soli sette voti di scarto (38 contrari e 31 favorevoli), in Argentina si continua a discutere sulla depenalizzazione solo sfiorata e resta la sensazione che il paese abbia perso una grande occasione in un contesto sociale e politico in cui i sostenitori della legalizzazione dell’interruzione volontaria della gravidanza hanno vinto comunque nelle strade e nelle piazze.

La proposta di rendere l’aborto legale, presentata alcuni mesi fa, prevedeva che l’interruzione della gravidanza avrebbe dovuto essere resa possibile nelle prime quattordici settimane di gestazione e lo stesso presidente Mauricio Macri, pur dichiarandosi apertamente contrario, aveva dato il suo personale via libera alla discussione del progetto di legge. Nel frattempo, attiviste e attivisti della “Campagna per il diritto all’aborto legale, sicuro e gratuito”, avevano promosso una enorme campagna di sensibilizzazione in un paese dove ogni anno si registrano almeno 50 morti a causa di aborti clandestini e se ne verificano intorno ai 500mila.

Tra le migliaia di persone di persone scese in piazza durante la discussione al Senato, in gran parte vi erano ragazze giovanissime. Sono state loro a smuovere un’opinione pubblica in gran parte orientata esclusivamente a sostenere le ragioni di coloro che erano contrari all’aborto legale, dai settori più conservatori della Chiesa all’elite dominante, passando per tutti coloro che si sono sempre identificati in un machismo retrogrado ed escludente sostenuto dalle lobbies politiche trasversali agli schieramenti partitici. Las pibas ganaron, certo, impossibile dar torto a questa affermazione. A convincersi di votare a favore della depenalizzazione dell’aborto anche la ex presidenta Cristina Fernández de Kirchner, finora contraria, quando ha capito che la “Campagna per il diritto all’aborto legale, sicuro e gratuito” si andava sempre più caratterizzando per i tratti popolari e femministi. Eppure, per quanto possa suonare paradossale, le giovani e giovanissime che hanno dato battaglia per far approvare un progetto di legge presentato più di dieci volte al Congresso, ma che solo in questa circostanza era arrivato ad essere dibattuto, si sono viste sbattere la porta in faccia da una generazione che inevitabilmente non farà i conti con l’aborto.

 “Le giovani abortiscono, ma non votano; i senatori e le senatrici votano, ma non abortiscono”, ha titolato significativamente il quotidiano Página/12, sottolineando che la mobilitazione delle attiviste e di alcune deputate implicava una rottura di genere e generazionale. Le giovani che hanno sostenuto le ragioni della “Campagna per il diritto all’aborto legale, sicuro e gratuito” votano in occasione delle elezioni, ma evidentemente non possono votare all’interno del Senato, dove per essere elette devono avere almeno 30 anni, e 25 per divenire deputate. A questo proposito, Página/12 fa notare che una delle leader della campagna, Ofelia Fernández, oggi diciottenne, dovrebbe aspettare almeno sette anni per essere eletta come deputata, la cui età media è intorno ai 49 anni. Considerando che solo 3 dei 257 deputati hanno un’età inferiore ai 30 anni, si capisce il motivo per cui l’elezione di giovani donne come deputate resti un miraggio, per non parlare poi di raggiungere il Senato, dove l’età media è ancora più alta e si aggira intorno ai 54 anni.

Attualmente, in Argentina, l’aborto è ritenuto legale soltanto in caso di violenza sessuale, per malformazioni del feto e per tutelare gli eventuali rischi di salute della madre. Se il progetto di legge fosse stato approvato, l’interruzione volontaria della gravidanza sarebbe stata riconosciuta dal sistema sanitario pubblico come diritto umano e avrebbe potuto offrire alle donne intenzionate a praticarlo quelle condizioni di sicurezza attualmente inesistenti e alla causa delle numerose morti dovute ad aborti clandestini. Approvata anche dal Cile circa un anno fa, la campagna per la depenalizzazione dell’aborto in Argentina è passata alla storia come la revolución de las hijas, nonostante la netta contrarietà del presidente Macri, del suo staff e di figure di peso della politica argentina, a partire dalla gobernadora bonaerense Vidal, che si è detta “sollevata” per il voto contrario espresso da una peraltro risicata maggioranza al Senato.

Adesso il progetto di legge non potrà essere presentato di nuovo fino al 2019, ma trattandosi di un anno elettorale è difficile che la politica argentina si schieri ancora una volta su un tema ritenuto spinoso e con il rischio di perdere voti. Del resto, i partiti hanno percepito che la maggioranza della popolazione è favorevole all’aborto (non a caso il progetto di legge era stato firmato da 70 deputati appartenenti a quasi tutti gli schieramenti politici) e proprio per questo motivo eviteranno di prendere una posizione netta in merito a ridosso di una scadenza elettorale. Saranno il movimento femminista e las pibas que llegaron de a miles a las calles a dover smuovere, una volta di più, l’opinione pubblica. Gran parte del paese è dalla loro parte.

Note: Articolo realizzato da David Lifodi per www.peacelink.it
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