I percorsi delle storie di vita
Nel corso dei primi decenni del Novecento, l’approccio biografico, vive la sua massima applicazione. La prassi veniva espletata tramite la raccolta di autobiografie relative al disagio urbano in tutte le sue forme, con lo scopo di mettere in comunicazione culture e subculture diverse. La ricerca è supportata da interviste, testimonianze, schede autobiografiche.
L’utilizzo delle storie di vita si trasforma in strumento d’indagine e di conoscenza autonomo, in una metodologia qualitativa con un’autonomia epistemologica di sfida scientifica dell’uso di storie di vita nell’assegnare alla soggettività un valore di conoscenza.
La narrazione autoriflessiva racconta vicende che si svolgono nella prassi umana, in rimandi di sguardi subitanei. La vita è praxis di rapporti sociali trasformati in struttura psicologica e narrativa. Il metodo biografico fa scaturire un’ingente potenzialità relazionale che rivoluziona l’impostazione tradizionale dell’analisi epistemologica, come l’interazione tra soggetto e ricercatore che si collocano attivamente nel contesto della ricerca e sono implicati nel processo riflessivo e di cambiamento.
L’approccio autobiografico, nell’ambito delle scienze dell’educazione, diviene strumento di ricerca qualitativa perché si basa sulla soggettività, intesa come unicità e specificità. Con il pensiero della complessità, supportato dall’epistemologia sistemica, subentra la “qualità” come categoria significativa nella ricerca del metodo autobiografico, che diviene esperienza euristica ed insieme ermeneutica, in un approccio che si configura quale strumento, non solo di ricerca, ma anche di formazione, tramite tutti i sensi umani. L’autoformazione derivante dalle esperienze di vita sono fondamenti del processo formativo.
L’autoriflessione biografica è una modalità di apprendimento dall’autobiografia, perché permette di riscoprire se stessi tramite l’analisi di aspetti dell’esperienza troppo spesso relegati all’oblio.
La pratica autoformativa del metodo narrativo costituisce un mezzo di autoriflessione e autoconoscenza quale ricostruzione e riedificazione della personale identità nella ricerca dei diversi sé del passato, grazie ad un consapevole ritorno interiore e autoriflessivo, tramite la narrazione di sé, con la possibilità di attribuire significato anche al presente, di esplicitare connessioni e rimandi del testo di una vita, per riformulare un progetto di sé.
Il passato del vissuto personale trascorso non è sempre lineare e continuo, ma frammentario e discontinuo, per cui subentra la necessità di cogliere i nessi di interdipendenza o connessione, armonizzando la molteplicità dei diversi tempi di vita.
Il sé, la vita, narrati e percepiti in sguardi narranti dalla soggettività del narratore si declinano verso la ricerca di senso e significato nelle esperienze personali esplicate durante il rapporto tra osservatore-ricercatore e soggetto-narratore, impegnati a ricercare un senso e costruire un significato dell’identità proiettata nelle tracce e negli sguardi dei percorsi dell’autobiografia che permettono di ristrutturare immagini di sé destinate a mutare e formare, in modalità poliedriche, le polimorfe facce i plurimi sguardi dell’identità personale.
Il tentativo di ridefinizione e riconoscimento del sé come istanza dinamica nelle sue poliedriche sfaccettature, si genera nel racconto autobiografico, dando origine ad un’identità polimorfa, molteplice, errante, nomade, priva di stabilità e in grado di presentare svariate dimensioni. La molteplicità dell’identità non è da attribuire ad una istanza frammentaria di tipo patologico, ma ad un Io diviso nelle molteplici parti del suo sé, ovviando al rischio di disgregazione.
Pur coesistendo diversi sé all’interno della psiche umana, rientra nei compiti dell’età adulta far fronte all’esperienza dell’incertezza nella difficoltà di identificarsi con le diverse parti, facendole coesistere. Il processo dell’autobiografismo tramite l’esplicazione narrativa può ingenerare processi cognitivi autoriflessivi che rendono espliciti i percorsi individuali di significazione cognitivo-emotiva della propria esperienza.
La modalità di pensiero autocognitiva attiva una riflessione retrospettiva e organizzazionale a cui si combina un’attività cognitiva immaginaria e finzionale tramite cui il soggetto sviluppa una dimensione progettuale nel futuro, divenendo capace di costruire ed inventare uno spazio di vita, un luogo, uno sguardo esistenziali proiettati in una dimensione futuribile.
Il nesso indissolubile tra memoria e identità, tra autoriflessione e autobiografia mette in evidenza la memoria come realtà dinamica costruttiva, narrativa, tra oblio e ricordo, censure e rivelazioni, strutturata come un mosaico. L’autoriflessione biografica in età adulta favorisce un’articolazione flessibile della soggettività tramite la produzione narrativa e la visione esistenziale complessiva.
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