"Tutto verrà reso noto al popolo", ma non fu così
Già il comunicato n. 1 (18 marzo), che rivendicava l’attentato di via Fani e il rapimento di Moro, annunciava «il processo al quale verrà sottoposto da un Tribunale del Popolo», e assicurava che tutto sarebbe stato «trattato pubblicamente». Il secondo comunicato (25 marzo) descriveva i capi d'imputazione nell’intera carriera politica dello statista e sottolineava che l’interrogatorio sarebbe servito a «chiarire le politiche imperialiste e antiproletarie di cui la DC è portatrice; ad individuare con precisione le strutture internazionali e le filiazioni nazionali della controrivoluzione imperialista; a svelare il personale politico-economico-militare sulle cui gambe cammina il progetto delle multinazionali; ad accertare le dirette responsabilità di Aldo Moro».
Di lì a qualche giorno (29 marzo) il comunicato n. 3 asseriva che l’interrogatorio «prosegue con la completa collaborazione del prigioniero. Le risposte che fornisce chiariscono sempre più le linee controrivoluzionarie che le centrali imperialiste stanno attuando». E più avanti parlava di «illuminanti» risposte che, «una volta verificate, verranno rese note al movimento rivoluzionario che saprà farne buon uso nel prosieguo del processo al regime che con l’iniziativa delle forze combattenti si è aperto in tutto il paese». Dunque le Br valutavano allora che nelle cose che Moro stava dicendo e scrivendo vi fossero informazioni spendibili politicamente, ovvero stavano agitando l’interrogatorio del prigioniero come una minaccia; ma con il comunicato n. 4 (4 aprile) si nota un cambiamento di rotta: il problema centrale diviene lo scambio di prigionieri (...)
Con il comunicato n. 5 (10 aprile), il «memoriale» entrava nella discussione più generale sulla trattativa, ma con un senso ormai diverso, speso sul terreno della tattica. Vi si dice che l’interrogatorio del prigioniero sta incentrandosi sulle «trame sanguinarie e terroristiche che si sono dipanate nel nostro Paese»; e prosegue: «L’informazione e la memoria di Aldo Moro non fanno certo difetto ora che deve rispondere davanti a un tribunale del popolo. Mentre confermiamo che tutto verrà reso noto al popolo e al movimento rivoluzionario che saprà utilizzarlo opportunamente, anticipiamo tra le dichiarazioni che il prigioniero Moro sta facendo, quella imparziale e incompleta, che riguarda il teppista di Stato Emilio Taviani».
(...)
«L’interrogatorio del prigioniero Aldo Moro è terminato»; così iniziava il comunicato n. 6 (15 aprile), che annunciava la sentenza di morte.
(...)
I brigatisti: «Non ci sono segreti che riguardano la DC» e, più avanti, «non ci sono quindi “clamorose rivelazioni” da fare»; ma il comunicato conteneva pure espressioni d’altro genere:
«Certo, l’interrogatorio di Aldo Moro ha rivelato le turpi complicità del regime, ha additato con fatti e nomi i veri e nascosti responsabili delle pagine più sanguinose della storia degli ultimi anni, ha messo a nudo gli intrighi di potere, le omertà che hanno coperto gli assassini di Stato, ha indicato l’intreccio degli interessi personali, delle corruzioni, delle clientele che lega in modo indissolubile i vari personaggi della putrida cosca democristiana e questi (nessuno si stupirà) agli altri dei partiti loro complici».
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