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Dal Memoriale di Ondina Peteani

Note di Ondina Peteani per una conferenza sul significato della Resistenza redatte in prossimità della Festa della Liberazione del 1990

Testo inedito presentato in occasione del 61° anniversario della Liberazione
20 aprile 1990
Ondina Peteani (prima staffetta partigiana d'Italia, deportata AUSCHWITZ n. 81672)
Fonte: Coordinamento Nazionale Celebrazioni del 25 Aprile

L'espressione del contributo della Donna alla Lotta di Liberazione rappresenta ancora oggi l'affermazione delle paritetiche potenzialità dell'Universo Femminile.

La storia di quelle giornate eroiche determinò l'inderogabile cognizione della nuova collocazione che la Donna, con sacrifici inimmaginabili aveva finalmente guadagnato.

Il martirio socio-culturale imposto dal regime fascista durante tutti i vent'anni di dittatura accentuò in noi giovani l'irrefrenabile bisogno di Libertà.

La negazione di una Cultura Libera e Democratica e l'imposizione di una ferrea censura indusse schiere di giovani ad acuire la curiosità e l'interesse in direzione di una sostanziale sete di Sapere.

L'aver imbavagliato la Libertà di Conoscenza si tradusse infatti in uno degli stimoli contrapposti più intensi per la creazione spontanea dei primi gruppi di dibattito, di contrasto e poi d'azione, contro un Governo reo fra l'altro dell'applicazione delle aberranti Leggi Razziali del 1938, tese nell'apocalittico progetto comune al Reich Hitleriano della Germania Nazista.

Così ci schierammo. Decidemmo da che parte stare.

Oltre ad un ideale forte e coeso anche il versante emotivo ebbe un ruolo inconsapevolmente determinante.

Eravamo straordinariamente felici.

Un rigoglioso altruismo ci univa e ci rafforzava nella consapevolezza ben più matura della nostra giovane età, portandoci con convinta determinazione alla soglia di scelte di sacrificio troppo spesso fra la Vita e la Morte.

Fronte operaio, povero di mezzi ma ricco di un entusiasmo vincente, puro ed orgoglioso.
Nessuna di noi, come nessuno dei nostri giovani temerari compagni di Lotta poteva immaginare quale livello di scontro fossimo prossimi ad affrontare.

Assolutamente inimmaginabile fu l'orrore in cui milioni di bambini, donne, anziani e uomini sarebbero stati trascinati dalla degenerazione della Ragione partorita dalla lucida follia della Soluzione Finale che trova oggi in AUSCHWITZ il terrificante simbolo di un passato che ha profondamente segnato e mutato il corso della Storia.

Resistenza.

Resistenza: sinonimo dell'ostinata Forza della Libertà all'apice della motivazione primaria dell'oppresso contro il suo oppressore.

Resistere fu il verbo che ci permise di affrontare un nemico forte della più organizzata e potente macchina bellica mai concepita.

E mentre Wermacht ed SS, in sanguinaria collaborazione con il fascismo locale sbranavano villaggi interi, trucidando, torturando, impiccando civili innocenti, le nostre piccole formazioni eran divenute Brigate, Battaglioni. Quasi dei reggimenti con giovani e giovanissimi animati da un unico ideale: LIBERTÀ.

Queste formazioni perlopiù di giovani, affamati, con equipaggiamenti raffazzonati, il più delle volte guadagnati a caro prezzo sul campo, spesso con stracci al posto delle calzature e zero esperienza di tattica di guerriglia, imposero altresì la nuova realtà anche nello scacchiere dell'Italia nord-orientale.

I primi significativi risultati quali il sabotaggio dei velivoli all'aeroporto e l'eroica Battaglia di Gorizia a cui ebbi l'onore di partecipare, rafforzarono nelle nostre genti la speranza e talvolta la convinzione di poter sconfiggere il nemico e riguadagnare l'agognata Libertà.

Sul terreno il consenso verso di noi crebbe ed anche se pesantemente ostacolato da delazioni (risultato di un capillare apparato spionistico installato e diffuso dal nemico propriamente per sconfiggerci) le nostre Brigate crebbero, aumentando di unità, spiegamento di mezzi e potenza di fuoco.

La Lotta Partigiana crebbe d'intensità e le iniziali nostre numerose, rocambolesche fughe lasciarono spazio a precisi e tattici assalti ai quali il nemico dovette soltanto arrendersi.

Personalmente non vissi la gioia della Liberazione.

Mi trovavo in quei giorni, assieme ad una babele di relitti umani, a più di mille chilometri di distanza, in ciò che rimaneva dell'Europa messa a ferro e fuoco.

Ero sopravvissuta ad AUSCHWITZ e Ravensbruck. Ma irrimediabilmente provata nel fisico e brutalizzata nella mente.

Né più né meno di tutti i reduci da quell'orrore d'Inferno.

Spesso mi chiedo come personalmente ne sia uscita viva.

La ragione puntualmente mi porta l'unica risposta possibile: Resistenza!

Resistenza contro l'aggressore nazifascista. Resistenza in Cantiere e in Fabbrica. Resistenza di casa in casa. Resistenza mentre le pallottole fischiavano sopra la testa. Resistenza sotto interrogatorio. Resistenza in Carcere. Resistenza davanti ai miei aguzzini al comando SS di Piazza Oberdan a Trieste dove venni segregata. Resistenza mentre mi si tatuava il numero 81672 sul braccio. Resistenza contro la perdita di dignità e l'annientamento di umanità. Resistenza contro una fame demoniaca. Resistenza al latrare di cani aizzatici contro. Resistenza al sottile desiderio di lanciarsi contro il filo spinato ad alta tensione per farla finita. Resistenza contro le bastonate e le frustate inferte dai nostri carnefici. Resistenza contro uomini fregiati dalla svastica che di umano non avevano ormai nulla.
Resistenza per Resistere ad AUSCHWITZ stesso.

Contro ogni forma di razzismo, contro qualsiasi discriminazione e prevaricazione razziale, sociale, culturale e religiosa
Ostinatamente, Ora e Sempre: Resistenza!
Ondina Peteani

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