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Premiato Kagame, esplode la polemica

Via la pena capitale: Prodi premia il leader ruandese. Ed è scontro tra Nigrizia («uomo discusso») e radicali («voi coprite il genocidio»)
31 agosto 2007
Emanuele Giordana (Lettera 22)
Fonte: Il Manifesto (http://www.ilmanifesto.it)

Mentre al quartier generale dei radicali e di Nessuno tocchi Caino tutto è pronto per la presentazione del Rapporto sulla pena capitale e per l'assegnazione del premio a Paul Kagame come «abolizionista dell'anno», la polemica sulla scelta dei radicali esplode.
La decisione di Ntc viene duramente criticata da Nigrizia, la rivista missionaria sempre in prima linea soprattutto su questioni africane. Il combattivo settimanale, che si è sempre segnalato per le sue battaglie contro il traffico d'armi e i negoziati sottobanco dei poteri occulti, punta l'indice su una scelta che - come si legge nella lettera inviata proprio a Romano Prodi - coglie di «sorpresa» se non altro perché si tratta di «uno degli uomini politici più discussi d'Africa». E la polemica rimbalza sin nelle stanze del Partito dove, ospitate sulle pagine di radicali.it, arrivano le perplessità dei blogger radicali, sempre molto vivaci nella discussione delle scelte di via di Torre Argentina.
Ma alla polemica Nessuno tocchi Caino riserva parole affilate come un coltello che non accettano contraddittorio: «I comboniani sono negazionisti e complici del genocidio e dunque le loro critiche non sono nemmeno da prendere in considerazione» taglia corto Elisabetta Zamparutti, la curatrice del Rapporto 2007 presentato ieri in concomitanza con la premiazione di Paul Kagame. Parole dure che Zamparutti ci dice alla fine della conferenza stampa, che si conclude poco dopo le 18.
Ma la liquidazione brutale dei radicali non piace agli storici dell'Africa. A Jean Leonard Touadi, ad esempio, autore di un recente viaggio nella lettura della crisi africana da parte degli stessi intellettuali del continente (L'Africa in pista). La rimanda al mittente ma argomentando e senza risparmiare critiche ai comboniani. Dunque, si possono accusare i missionari di negazionismo? «Questo genere di argomenti - dice Touadi - sono gli stessi che vengono utilizzati da tutti coloro che sono vicini al potere in Ruanda appena qualcuno muove una critica all'operato di Kagame, anche solo se si tratta della gestione della democrazia nel paese o mostrando qualche dubbio sulla sua marcia della vittoria verso Kigali dall'Uganda». Sotto accusa c'è anche Nigrizia: «Basta leggere i vecchi numeri della rivista - dice Touadi - nella quale le posizioni sono inequivocabili. Il fatto è che Nigrizia ha messo sempre in dubbio la cosiddetta nozione della legittimità combattente, l'assioma di una sorta di new wave africana che ha conquistato il potere con le armi. Non solo Kagame dunque ma Afeworki, Museveni e così via. Insomma Nigrizia ha sempre radiografato e monitorato il nuovo potere africano con lucidità». Ma Touadi non è tenero col mondo missionario. «I comboniani e in genere il mondo missionario tendono ad essere un po' arroccati su una posizione pur comprensibile, secondo cui non ci può essere riconciliazione nazionale senza condivisione del potere. Ma da qui a demonizzare Kagame ce ne corre. Anche perché l'esperimento ruandese ha luci e ombre ma è interessante. Non si può dunque far figurare Kagame come il paria africano da tenere a distanza, pur se è corretto sottolineare la sua mancanza di coraggio nell'aprirsi alle istanze hutu moderate che potrebbe favorire riconciliazione e condivisione del potere». Si accusa Kagame di avere abolito la pena capitale per poter chiedere l'estradizione dei genocidaire rifugiati in Europa. «Questo è un elemento di realtà che si può analizzare. Ma non possiamo fare un processo alle intenzioni», conclude l'africanista.
Ntc difende la scelta di Kagame in virtù del suo impegno come paese abolizionista e come alleato affidabile nella battaglia per la moratoria. Anche Prodi, che gli ha consegnato il premio (globo in bronzo dell'artista Massimo Liberti), ne esalta le doti di uomo della riconciliazione capace di un «gesto coraggioso». E si sofferma a parlare dell'Africa: un continente, dice, dove si intravede qualche segno di speranza e di sviluppo. Quel che manca, aggiunge il premier, è una politica europea. «C'è una politica dei singoli stati, c'è una politica forte della Cina. Manca una politica europea». E termina con l'augurio che la cooperazione internazionale possa aiutare gli sforzi di quei paesi, come il Ruanda, che cercano di uscire dal sottosviluppo. A guastare la festa, sulla sua scrivania, la lettera di Nigrizia. E subito dopo le parole dei radicali.

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