L'importanza dell'articolo 26
Sarà la volta buona che...?
Ricevo da Alyn Ware, coordinatore del PNND (l'organizzazione mondiale dei parlamentari per il disarmo e la non proliferazione nucleare) un interessante inoltro. Si tratta della notizia dell'imminente avvio di un dibattito in seno al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, “strengthening collective security and armament regulation”, che di fatto potrebbe riproporre ai propri membri l'applicazione dell'articolo 26 della Carta, cui compete la regolamentazione di uno sviluppo e disarmo sostenibili ("Sustainable disarmament and sustainable development").
Certamente le intenzioni dei promotori dell'ONU, nata nel 1945 durante la terribile esperienza di una guerra mondiale ancora da concludere, entravano in una logica allora preponderante e necessaria; dove la tragicità degli eventi bellici rendeva obbligatorio porre delle regole che fossero recepite da tutte le Nazioni, per evitare il ripetersi di nuovi conflitti che avrebbero messo in serio pericolo l'esistenza stessa dell'umanità.
L'articolo 26, appunto. Dove veniva chiesto alle Nazioni non solo un dibattito ma un impegno serio e collaborativo per la limitazione degli armamenti e la prevenzione di futuri conflitti. E quindi una riduzione delle spese militari che avesse come conseguenza un cresciuto impegno per lo sviluppo.
Ma come tutto il mondo ha notato... l'articolo 26 è stato sempre disatteso! Vorrei sperare che i lavori del Consiglio di Sicurezza, che si apriranno il prossimo 19 novembre, possano rimettere in gioco l'applicazione di queste "linee guida".
Non mi illudo che ciò si realizzi per motivi umanitari o di principio etico o giuridico internazionale. Però... com'è vero che stiamo vivendo in tempi particolari, in cui tutto sembra debba essere messo in discussione, vertici dell'economia ed equilibri politici... e lo stesso dominio degli States probabilmente si trasformerà... il mio spirito di realistico utopista non demorde! E chissà che a furia di crisi mondiali e batoste finanziarie, il nostro cocciuto Occidente non possa alla fine ritrovare nuovi equilibri e nuove alleanze, e magari chissà, forme di collaborazione per il bene comune, ad un certo punto indispensabili mezzi per la sopravvivenza di noi tutti umani, ospiti spesso indelicati e arroganti di questo nostro piccolo pianeta.
Articoli correlati
- PeaceLink aderisce alla mobilitazione
No alla prima fabbrica di armi per ReArm Europe
Appello lanciato dalla rete "Mamme da Nord a Sud". In Lazio l’impianto “ex Winchester” di Anagni produrrà esplosivi7 aprile 2025 - Un'inchiesta del Coordinamento No NATO
Il complesso industriale-militare in Emilia-Romagna
Il complesso militare-industriale analizzato in questo dossier comprende, oltre alle basi militari, anche i punti nevralgici regionali dell'industria bellica. Focalizza anche le collaborazioni accademiche con la NATO e il settore militare.31 marzo 2025 - Redazione PeaceLink - Relazione al corso "Ban war" organizzato da Pax Christi
Testimonianza di un’esperienza professionale per la riconversione dell’industria militare
Elio Pagani descrive la sua obiezione di coscienza alla produzione militare.
E' una ricostruzione storica della vertenza Aermacchi del 1988, culminata in una piattaforma che chiedeva il controllo dell'esportazione di armi e la diversificazione produttiva, sostenuta dai lavoratori.26 marzo 2025 - Redazione PeaceLink - L'evento organizzato a Roma da Michele Serra
I sostenitori del riarmo e quelli della pace si sono dati appuntamento in piazza in nome dell'Europa
"L'Europa deve riarmarsi, è finito il tempo della melassa", ha detto Carlo Calenda. Tantissimi pacifisti si sono dissociati da questa manifestazione. Su PeaceLink è stato lanciato un appello contro il piano europeo di riarmo. Chi firmerà fra quelli che hanno aderito alla manifestazione di oggi?15 marzo 2025 - Alessandro Marescotti
Sociale.network