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Appello

Lotta per la giustizia climatica e lotta antimilitarista

Proponiamo innanzitutto di gemellare il 23 marzo No Tav eccetera Sì-amo la Terra con il 4 aprile contro le basi militari, nel 70ennale NATO
20 gennaio 2019
Alfonso Navarra

Appello

(si riporta l’appello “per una assemblea nazionale il 26 gennaio 2019- verso la mobilitazione nazionale del 23 marzo a Roma”. Nella sua versione finale ha recepito la problematica del disarmo) 

Propongo innanzitutto di gemellare il 23 marzo No Tav eccetera  Sì-amo la Terra con il 4 aprile contro le basi militari, nel 70ennale NATO, accogliendo un appello lanciato da un incontro internazionale svoltosi a Dublino (16-18 novembre 2018), in cui sono intervenuti 300 rappresentanti provenienti da oltre trentacinque 

paesi da tutto il mondo.

Per il comunicato finale della conferenza si può andare su il seguente link

 

Le basi militari, a partire da quelle straniere imposte da una Alleanza militare che andrebbe sciolta (a prescindere da tutto il resto, basilarmente viola lo Statuto dell'ONU, finalizzato al disarmo, in quanto la NATO si propone esplicitamente di "potenziare la capacità militare degli Stati membri"), hanno, dovrebbe essere noto, un impatto ambientale e climatico devastante.

 

Per non rubare tempo nelle argomentazioni, rinvio ad un articolo di Marinella Correggia intitolato: "Militari di tutto il mondo in guerra col clima", che si 

può leggere tra l'altro su il seguente link

 

Né va dimenticata, nell'ambito del militarismo, la minaccia specifica e mortale costituita dalla cosiddetta deterrenza nucleare.

La stessa arma nucleare va individuata come un'"arma di distruzione climatica": il concetto è sviluppato in un mio articolo che si può leggere sul seguente link 

L'appello per il 23 marzo, ritengo, potrebbe essere politicamente integrato recependo l'allarme, che condivido con Alex Zanotelli, sui tamburi di guerra che, nella   sottovalutazione generale, stanno suonando sempre più minacciosi. E' probabile che faranno da colonna sonora a questo 2019 che è appena iniziato. 

Con la questione nucleare che riemerge dall'oscuramento in cui era stata da tempo lasciata. E questo anche per due nuovi elementi. Il primo viene dalla disintegrazione del sistema internazionale di controllo degli armamenti, espresso dal recente ritiro degli USA dal Trattato INF (1987) che permette a Trump di schierare in Europa missili a raggio intermedio con base a terra. Ora il nostro governo Salvimaio ha approvato in sede NATO tale piano e ha dato la disponibilità a installarli in Italia come quelli che erano stati installati a Comiso negli anni ’80.

E’ ormai una vera corsa fra USA e Russia al riarmo nucleare, che già dispongono, tutte e due insieme, di circa 15.000 testate, di cui 2.000 in stato di allerta permanente, pronte all'uso immediato. Gli USA , già con Obama ed ora con Trump, hanno messo a disposizione oltre mille miliardi di dollari per modernizzare il loro arsenale atomico. La Russia sta tentando di tenere testa agli USA (Putin ha appena annunciato di aver testato il nuovo missile intercontinentale ipersonico!). Anche la Cina sta investendo nel nucleare e punta ad un livello intermedio, superiore a quello di Francia e Gran Bretagna. In Asia l'accordo di denuclearizzazione con la Corea del Nord è stato annunciato ma non concretizzato. La proliferazione "civile" fa da battistrada a quella militare e si impenna nelle zone calde come il Medio Oriente, dove Trump ha denunciato il Patto con l'Iran e si teme una guerra regionale generalizzata, mascherata da scontro tra "sunniti" (alleati di Israele) e "sciiti" a guida iraniana. L'altro pericolo è rappresentato dalla tendenza ad abbassare la soglia per l’uso di armi nucleari, creando cariche nucleari 

tattiche a basso impatto che possono portare a un disastro nucleare globale. Purtroppo, a questa categoria, appartengono le nuove bombe nucleari, B61-12 che il prossimo anno gli USA piazzeranno in Italia, in sostituzione di una settantina di vecchie ogive atomiche. Va messo in conto che anche una guerra nucleare locale potrebbe avere un impatto climatico più generale. 50 bombe della potenza di Hiroshima scambiate tra India e Pakistan provocherebbero un inverno nucleare regionale che porterebbe ad 1 miliardo di morti in 20 anni (vedi mio articolo citato con il riferimento agli studi in proposito). 

 

Altro ambito di ragionamenti che potremmo recepire nell'appello riguarda la "giusta transizione all'"ecosviluppo" della decarbonizzazione, che dovremmo far coincidere con la "piena occupazione verde", quindi con la conversione ad una economia e ad una società ecologica e disarmata (= economia e società strutturalmente pacifiche).

Per passare dagli slogan ai piani concreti, ai fatti, abbiamo bisogno del sincero contributo dei movimenti di base alternativi. E del riferimento a situazioni concrete, con tanto di bei numeri stimabili e calcolabili in operazioni ben precise implicanti addizioni e sottrazioni sul bilancio dello Stato. Uno sforzo in questo senso, ad esempio, è stato fatto dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile durante gli “Stati generali dell’economia verde”, svoltisi a Rimini lo scorso novembre nell’ambito della Fiera “ECOMONDO”.  Il presidente Edo Ronchi ha proposto investimenti e misure per raddoppiare entro 5 anni l’attuale occupazione nei settori ambientali portandola a 6,5 milioni di unità.  

8 miliardi pubblici all'anno per cinque anni, che avvierebbero flussi privati di due volte tanto, otterrebbero praticamente la piena occupazione "ufficiale" del nostro Paese, considerato che i disoccupati registrati come tali sono circa 3 milioni!

I Disarmisti esigenti, con i loro partner WILPF, Accademia Kronos, Energia Felice, PeaceLink, pensano sicuramente che questa proposta della FVS sia molto importante; ma ritengono anche che occorra un più "radicale" gruppo di lavoro per estenderla e perfezionarla nel senso dell’occupazione verde-rosa (= caratterizzata dall'eliminazione delle disuguaglianze di genere), vagliando in modo più puntiglioso e restrittivo la questione del "greenwashing".

La nostra proposta, ribadita durante l’assemblea di SI’-AMO LA TERRA (Roma 11 novembre 2018), è quella di convertire ad opere ambientalmente e socialmente utili i 100 miliardi circa ricavabili dai risparmi sulla legge Gentiloni che individua 24 opere prioritarie nocive, dai tagli sulle spese militari incostituzionali (riarmo atomico a Ghedi ed Aviano, F35, MUOS, ampliamento di varie basi militari, Camp Darby, Ghedi...), dallo stop a nuovi oleodotti/gasdotti e pozzi petroliferi, dall'abolizione degli incentivi alle fonti fossili...

Siamo convinti che “non c’è giustizia climatica senza giustizia”; e quindi non c’è giustizia climatica senza pace. Soprattutto se la guerra oggi può significare la scomparsa anche in un attimo dell’intero genere umano: non possiamo che concordare con questa considerazione chiara, risolutiva e definitiva: “Non esistono posti di lavoro su un Pianeta morto!

 

APPELLO PER UNA NUOVA ASSEMBLEA NAZIONALE IL 26 GENNAIO 2019 , VERSO LA MOBILITAZIONE NAZIONALE  DEL 23 MARZO A ROMA.

 Roma,Università la Sapienza ore 13,30, aula 1 Facoltà di Lettere Università (Piazza Aldo Moro 5)

  

A tutti i comitati, i movimenti, le associazioni e i singoli che da anni si battono contro le grandi opere inutili e imposte e per una nuova stagione di giustizia ambientale e la salvaguardia del Pianeta.

Ci siamo ritrovati a Venezia lo scorso settembre, poi ancora a Venaus, in Val Susa e in molti altri luoghi, da nord a sud, dando vita ad assemblee che hanno raccolto migliaia di partecipazioni. Siamo le donne e gli uomini scesi in Piazza lo scorso 8 dicembre a Torino, a Padova, Melendugno, Niscemi, Firenze, Sulmona, Venosa, Trebisacce e in altri luoghi.

Tutte e tutti abbiamo accolto una sfida, quella di portare a Roma il prossimo 23 marzo la nostra voce ed un nuovo messaggio. Un messaggio che ribadisca la necessità di farla finita con il modello di sviluppo legato alle grandi opere inutili e dannose: una tragedia per l’ambiente, un furto di denaro pubblico per interessi di pochi, una manna per i corrotti, con progetti e cantieri che, in barba alla volontà popolare, vengono imposti manu militari, reprimendo il dissenso.

Porteremo le nostre valutazioni sul “governo del cambiamento“ che mentre tergiversa sull’analisi costi benefici del TAV in Val di Susa, ha fatto chiara retromarcia su tutte le altre opere e gli altri territori: Il TAV 3° Valico, il TAP, le Grandi Navi ed il MOSE a Venezia, l’ILVA a Taranto,le autorizzazioni a cercare idrocarburi nello Ionio, in Adriatico, in Sicilia ed il rischio di rilascio di numerose concessioni on shore, Il MUOS in Sicilia e così via.

Dovremo esprimere un punto di vista chiaro su ciò di cui il nostro Paese ha davvero bisogno, facendola finita con le grandi opere inutili, per avviare un percorso unanime e virtuoso di programmi concreti a favore delle vere necessità del popolo e dei territori, mettendo al primo posto la cura e la messa in sicurezza del territorio, le bonifiche, piccole opere necessarie a vivere meglio ed in grado di dare lavoro diffuso e garantito, buona sanità, servizi adeguati, scuola pubblica ed università libere e sganciate dai modelli aziendalisti, sanità e pensioni decorose, una corretta politica sull’abitare e di inclusione della popolazione migrante con pari diritti e dignità.

L’ultimo rapporto IPCC indica che le emissioni vanno ridotte subito, altrimenti nel 2040 avremo già superato la soglia di sicurezza del riscaldamento globale di 1,5°C.

Affronteremo la crisi climatica che è collegata al modello di sviluppo attuale che ha già fatto troppi danni. Assistiamo ai continui fallimenti delle COP governative (l’ultima a Katowice, in Polonia, pochi mesi fa) e siamo consapevoli che solo un grande movimento può cambiare il corso di questa catastrofe climatica che si aggrava di anno in anno.

Molto si può e si deve fare!

Solo rinunciando da subito al carbone, agli inceneritori, alla combustione di biomasse, alla geotermia elettrica, agli agrocombustibili; solo riducendo drasticamente l’uso delle fonti fossili, del gas anch’esso climalterante; solo praticando con rigore e decisione l’alternativa di un modello energetico autogestito dal basso, in opposizione a quello centralizzato e di mercato, abbandonando progetti di infrastrutture inutili e dannose, finanziando interventi dai quali potremo trarre benefici immediati (messa in sicurezza idrogeologica e sismica dei territori , riconversione energetica, educazione e ricerca ambientali), si potrà finalmente cominciare a dare priorità alla lotta degli effetti climalteranti, cessando così di contrapporre salute e lavoro come invece è stato fatto a Taranto.

E’ urgente imporre un cambio di rotta rispetto all’attuale paradigma energetico e produttivo, per il diritto al clima ed alla giustizia climatica, per favorire cooperazione e sviluppo scientifico al servizio del valore d’uso.

E’ urgente garantire il diritto all’acqua pubblica, una nuova Strategia Energetica Nazionale riscritta senza interessi delle lobbies, la messa a soluzione delle scorie nucleari, la riduzione delle spese militari, il disarmo nucleare.

Sosteniamo che questa transizione ecologica indispensabile la debbano pagare i detentori di capitale, i grandi gruppi finanziari, le élite che negli ultimi anni hanno approfittato della crisi per arricchirsi riservando alle persone e ai territori solo la ricetta dell’austerità e la distrazione di massa della guerra tra poveri, mettendo l’uno contro l’altro, alimentando la disinformazione.

Assieme al NO , la nostra piazza sarà capace di trasmettere l’urgente necessità di cambiamento della società a fronte del modello capitalistico che distrugge convivenza ed ecosistema.

Siamo consapevoli che ad oggi nessun governo, tanto meno quello in carica, ha mostrato di avere le condizioni per poter realizzare quello che vogliamo e che necessita per far sopravvivere il pianeta.

A fronte delle emergenze reali che chiamiamo in causa, chi ha il potere è impegnato a soffiare sul fuoco del razzismo, del sessismo e dell’autoritarismo, alimentando, con costante opera di manipolazione mediatica, nuove forme di desolidarizzazione ed oscurantismo.

Discuteremo di come costruire un movimento, uno spazio pubblico aperto che in tante e tanti stiamo cercando per trasformare la società, il modo in cui si guarda alla vita dei territori, per decidere insieme il nostro futuro, per iniziare un cammino di giustizia ambientale, che non può più aspettare.

La manifestazione di Roma, il prossimo 23 marzo, sarà un passo importantissimo in questa direzione. Prepariamolo assieme!

I comitati contro le grandi opere inutili e i movimenti per la giustizia ambientale.

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