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All'ombra di Hiroshima e Nagasaki: le condizioni culturali di una resa senza condizioni

8 agosto 2004
David Price (trad. P. Merciai)

Oggi e' il cinquantanovesimo anniversario del bombardamento americano su
Hiroshima e la maggior parte degli americani e' ancora pienamente
soddisfatta e convinta che la decisione del Presidente Truman di usare la
bomba atomica sia stata difficile ma necessaria, e ideata allo scopo di
portare la pace e salvare delle vite.
Purtroppo appare improbabile che molti americani rivedano le loro
convinzioni in proposito. Per alcuni addirittura Hiroshima e' diventata l'
esempio paradigmatico del concetto di "bombardamento per la pace", e
chiunque abbia una posizione diversa in proposito viene per lo piu'
considerato individuo con tendenze politiche liberali o radicali.
Qualche giorno fa pero', mentre leggevo gli articoli di George Edward Taylor
all'Universita' di Washington, personaggio giunto alla carriera di sinologo
e fautore della guerra fredda, alcuni scritti mi hanno ricordato che mettere
in discussione quanto sia stato saggio o meno l'uso di armi atomiche contro
i civili giapponesi per porre fine alla guerra del Pacifico, non e' una
faccenda riservata esclusivamente alla Sinistra di oggi. Infatti anche all'
epoca di quei bombardamenti, all'interno dei servizi segreti militari, c'
erano alcuni membri conservatori che consideravano l'uso di queste armi come
una follia assolutamente non necessaria.
George Taylor era il classico esempio di "uomo del complotto" di livello
internazionale del XX secolo.
Condusse operazioni di intelligence nella Cina occupata dai giapponesi,
durante la II Guerra Mondiale fu Vice Direttore dell'Ufficio di Informazione
sulla Guerra dell'Estremo Oriente (OWI), in seguito lavoro' con Rand, State,
altre ramificazioni delle agenzie segrete americane di informazione del XX
secolo e delle universita'. Durante la II Guerra Mondiale Taylor porto'
negli Stati Uniti il sinologo anti-comunista Karl Wittfogel, dopo la guerra
contribui' a creare un "porto sicuro" per l'allora "utile" collaborazionista
dei Nazisti Nicholas Poppe. E nell'era McCarthy tradi' il suo vecchio amico
Owen Lattimore di fronte al Comitato per la Sicurezza Interna del Senatore
McCarran. Infine il suo appoggio alla Guerra del Vietnam nel Campus dell'
Universita' di Washington lo fece bollare come reazionario pro-Nixon.
Taylor insomma era una sorta di "Terzo Uomo" che cambiava aspetto passando
attraverso la ribalta e le retrovie dei vari teatri dei conflitti del XX
secolo, e la sua corrispondenza rivela che intratteneva rapporti con
personaggi del calibro di Henry Kissinger, Edward Lansdale e Harold
Lasswell.
Nel 1996 incontrai Taylor nel suo spettacolare attico con vista sui monti
Olympic e Cascade, in cima a Pill Hill a Seattle: dovevo fargli un'
intervista sui suoi contatti con Wittfogel, l'era McCarthy e gli anni in cui
faceva da supervisore di un piccolo esercito di antropologi, riuscendo
durante la II Guerra Mondiale, nell'Ufficio d'Informazione sulla Guerra
(Office of War Information, OWI), a trasformare l'antropologia in un'arma
contro i giapponesi.
All'Ufficio di Informazione sulla Guerra, la squadra di studiosi di scienze
sociali di Taylor studiava la cultura giapponese e creava i volantini di
propaganda culturale mirata che venivano lanciati dagli aeroplani sui
soldati e i civili giapponesi.
Dal momento che Taylor era convinto che la conoscenza della cultura
giapponese fosse vitale perche' la sua squadra dell'OWI avesse successo,
decise di ingaggiare piu' di una dozzina di antropologi e altri studiosi di
scienze sociali per farli lavorare alle sue campagne di analisi e propaganda
sul Giappone. Tra le sue fonti, la squadra di Taylor ebbe accesso a 5000
diari sequestrati a soldati giapponesi catturati e poi uccisi, e proprio
questi scritti terribilmente veri e sinceri furono usati come fonti
principali per dare voce ai successi degli sforzi propagandistici dell'OWI.
Il lavoro di Ruth Benedict all'OWI porto' dopo la fine della guerra alla
pubblicazione del libro "The Chrysanthemum and the Sword" (Il crisantemo e
la spada), che analizzava la cultura e la personalita' giapponese. Il lavoro
della Benedict era centrato sul ruolo e l'importanza della figura dell'
Imperatore nella cultura giapponese, e riflette molti dei punti di vista
della squadra di Taylor all'OWI sulle istituzioni.

Quando intervistai Taylor, fui sorpreso dalla sua insistenza sul fatto che
all'inizio della guerra lui considerava i suoi programmi di guerra
psicologica come un mezzo per far finire la guerra, perche' questi avrebbero
"aiutato" i giapponesi a superare tutti gli ostacoli culturali che
impedivano la loro resa; mentre in seguito, quando con il procedere della
guerra il vantaggio americano divenne ormai evidente, egli comincio' a
ritenere che il suo lavoro dovesse essere un altro: convincere coloro che in
America detenevano il potere, sia civile che militare, che non dovevano
compiere atti di sterminio e genocidio allo scopo di far finire la guerra.
Stereotipi razzisti di soldati e civili giapponesi che combattevano fino
alla morte in maniera maniacale dominavano nel Dipartimento di Guerra e alla
Casa Bianca, e Taylor e il suo staff dovettero lottare sempre piu' proprio
contro questi nuovi nemici domestici, che erano diventati il primo
deterrente contro la pace. Fu con molta difficolta' che Taylor e il suo
staff di antropologi lavorarono per convincere il personale civile e
militare che i giapponesi, anche dal punto di vista della loro cultura,
erano in grado di concepire la resa.
Gli scritti di Taylor contengono numerosi discorsi dattiloscritti che
testimoniano i suoi sforzi per convincere gli strateghi dell'esercito Usa
che i giapponesi potevano arrendersi.
In uno di questi discorsi, non datato ma probabilmente del 1944, egli
affermava che:
"Se noi ammettiamo, come e' nostro dovere, l'idea che i soldati giapponesi,
a dispetto del loro indottrinamento, sono esseri umani come qualsiasi altra
truppa, saremo meno sorpresi di fronte alle testimonianze in continuo
aumento delle loro reazioni del tutto umane alla sconfitta. Stiamo prendendo
sempre piu' prigionieri. Due anni fa sarebbe stato molto inusuale che 60
uomini accettassero di essere ripescati dall'acqua dopo che il loro mezzo
era stato affondato. In Nuova Guinea e Burma guerriglieri stanno uscendo
dalla giungla per arrendersi senza combattere.
Sappiamo da lungo tempo che molti ufficiali giapponesi sono stati evacuati
da posizioni divenute ormai indifendibili e che la loro reazione in localita
' come Attu, dove la fuga era impossibile, non e' stata di combattere fino
all'ultimo uomo".
Ma proprio questo genere di analisi ragionata, che si poneva contro le
pressioni del Dipartimento di Guerra a favore di una campagna genocida per
eliminare una "razza" considerata incapace di arrendersi, fu ignorata dal
Dipartimento di Guerra e dalla Casa Bianca.
L'OWI infatti ottenne ben poco successo nel tentativo di convincere il
Presidente Roosevelt che era molto importante non includere la caduta dell'
Imperatore del Giappone tra le richieste americane di una resa senza
condizioni. Ma come Taylor stesso disse in un'intervista a Sharon Boswell
del 1996: "Fortunatamente Roosevelt mori' e venne Truman".
Taylor era convinto che Truman avesse compreso, dietro insistenza dell'OWI,
che la resa poteva essere negoziata e che sembrava capire l'importanza di
esentare l'Imperatore dalle richieste di "resa senza condizioni". Taylor
disse che Truman autorizzo' l'OWI a dare comunicazione di cio' ai
Giapponesi. In effetti, dal momento che gli sforzi di guerra del Giappone
naufragarono, ci fu un interesse crescente per la resa.
Qualche giorno fa in mezzo agli scritti di Taylor e alla sua corrispondenza,
ho trovato qualche fotocopia sbiadita di relazioni di intelligence rese
accessibili e portavano il nome in codice "MAGIC-Diplomatic Summaries"
(riassunti diplomatici). Queste erano traduzioni di intercettazioni
diplomatiche giapponesi che erano state segretamente decifrate e lette dai
servizi segreti militari americani durante la guerra. Una di queste
intercettazioni MAGIC, dell'11 Maggio 1945, conferma le idee di Taylor, di
alcuni rappresentanti dell'OWI e di altri appartenenti all'intelligence
militare, secondo cui l'esercito giapponese era pronto alla resa:
"Relazione sui sentimenti di pace esistenti nelle forze armate giapponesi:
il 5 maggio la Forza Navale Tedesca Aggiunta a Tokyo ha consegnato all'
Ammiraglio Doenitz il seguente messaggio: "Un membro influente dello staff
del Ministero della Marina mi ha lasciato intendere che, dal momento che si
comprende chiaramente che la situazione e' senza speranza, ampi settori
delle forze armate giapponesi non considererebbero con sfavore una richiesta
americana di capitolazione anche se le condizioni fossero dure, a patto che
esse siano perlomeno in parte onorevoli".
Nota [dei Servizi militari americani]: Le Relazioni diplomatiche
precedentemente annotate indicano segnali di stanchezza nei confronti della
guerra emersi all'interno di circoli ufficiali della Marina Giapponese, ma
non menzionano un simile atteggiamento nelle divisioni dell'esercito."
La frase sulle condizioni di resa "in parte onorevoli" era il motivo preciso
per cui gli antropologi del gruppo di Taylor si erano concentrati sull'
importanza dell'Imperatore nella societa' giapponese. Ma tali considerazioni
furono facilmente ignorate dal Dipartimento di Guerra, i cui calcoli sul
rapporto costi-benefici misero sulla bilancia le future centinaia di
migliaia di morti a Hiroshima e Nagasaki contro la necessita' di specificare
le condizioni accettabili che avrebbero seguito la resa incondizionata.
Ancora piu' tragica e' una intercettazione MAGIC del 20 Luglio, in cui l'
Ambasciatore giapponese Sato esprimeva il suo desiderio di una resa
giapponese se gli Stati Uniti lo avessero rassicurato che la "Casa
Imperiale" avrebbe continuato ad esistere. Questi documenti MAGIC sono una
triste testimonianza che nei giorni precedenti gli attacchi a Hiroshima e
Nagasaki, I Servizi americani avevano solide prove che l'Ambasciatore Sato
fosse vicino ad arrendersi agli americani. Ma ne' le informazioni ricavate
da queste intercettazioni ne' il parere generale degli esperti di scienze
sociali dell'OWI dissuase gli americani dal piano di lanciare armi nucleari
su civili giapponesi.
Forse sono le oscure credenziali di un falco come George Taylor, un
pericoloso conservatore anti-comunista all'interno dei Servizi, che rendono
la sua voce una delle piu' affascinanti del coro di coloro che mettono in
discussione la necessita' di usare la Bomba A da parte di Truman. Sebbene
fossero al di fuori del circolo di coloro che presero le decisioni sulla
Bomba A, Taylor e altri all'OWI sapevano che il Giappone era pronto per una
resa (apparentemente senza condizioni). Come molti altri, Taylor in seguito
giunse alla convinzione che la decisione di Truman di usare le armi nucleari
ebbe piu' a che fare con la volonta' di "spaventare a morte l'Unione
Sovietica" che non con l'idea di salvare tutte quelle vite americane che
secondo alcuni, in base a stime decisamente gonfiate, sarebbero state
altrimenti perdute in una invasione e occupazione del Giappone.
Ma al di la' del "chiaro messaggio" mandato ai Sovietici, la decisione di
Truman di usare la sua arma degna del "giorno del Giudizio" (due volte)
senza pero' presentare ai giapponesi gli effettivi termini della resa senza
condizioni, mostro' elementi significativi di quella che sarebbe stata la
traiettoria americana dopo la guerra: una traiettoria di violenza, in cui la
forza militare americana divenne lo strumento preferenziale celto a scapito
delle promesse di diplomazia.

Note: David Price insegna antropologia al College St. Martin a Olympia,
Washington. Il suo ultimo libro, Threatening Anthropology: McCarthyism and
the FBI's Surveillance of Activist Anthropologists (L'antropologia sotto
minaccia: il Maccartismo e la Sorveglianza dell'FBI di Antropologi
attivisti) e' stato appena pubblicato dall Duke University Press. Potete
contattare David Price a questo indirizzo email: dprice@stmartin.edu

traduzione di Paola Merciai a cura di Peacelink

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