Rendere onore ad un giovane servitore dello Stato

Stefano Biondi: poliziotto ed eroe senza TV

Non e' la prima volta che agenti di polizia, carabinieri e di altri corpi dello Stato muoiono colpiti nell'adempimento del proprio dovere o addirittura, come accaduto a San Giuliano di Puglia, si gettano consapevolmente nel pericolo per salvare altre vite umane.
21 aprile 2004
Rita Guma

Credo meriti una riflessione la vicenda di Stefano Biondi, l'agente della Polstrada morto vicino Reggio Emilia sull'Autostrada travolto dall'auto in fuga di due delinquenti.

Non e' la prima volta che agenti di polizia, carabinieri e di altri corpi dello Stato muoiono colpiti nell'adempimento del proprio dovere o addirittura, come accaduto a San Giuliano di Puglia, si gettano consapevolmente nel pericolo per salvare altre vite umane.

Tuttavia l'assassinio di questo giovane poliziotto avviene durante le polemiche e le grandi manifestazioni mediatiche sui tre ostaggi italiani in Iraq e sull'assassinio di uno di essi, ed e' doveroso sottolineare quale differenza vi sia stata fra la reazione suscitata dai due episodi.

In primo luogo, dissipando i dubbi della prima ora, che attribuivano a due extracomunitari l'omicidio di Stefano Biondi, sembra che gli autori del delitto siano due pregiudicati italiani che trasportavano droga e che gia' sono stati individuati dagli inquirenti.

In secondo luogo, lungi da me voler fare confronti fra le due vittime, Quattrocchi e Biondi, molta differenza hanno invece fatto telecamere e commentatori.

A parte chi ha criticato l'italiano assassinato in Iraq etichettandolo come mercenario quasi a giustificarne la fine, c'e' stato chi per contro lo ha celebrato come eroe per il coraggio e la fierezza mostrati al momento della morte e gira persino una petizione per chiedere al Presidente della Repubblica di conferirgli la medaglia al valor militare.

Il povero Biondi invece fa parte della massa indistinta dei servitori dello Stato, in particolare nella categoria che molti qualificano ormai piu' solo come "sbirri", a causa di alcune mele marce che in diverse occasioni, e con diversa intensita', hanno abusato delle proprie prerogative per sfogare istinti o passioni che con la democrazia e la difesa dell'ordine pubblico hanno poco a che vedere.

Dalle ultime ricostruzioni, il poliziotto ucciso in Emilia aveva gia' terminato il turno, ma avendo sentito le chiamate via radio, si era rimesso in servizio con un collega, per dare man forte alle altre pattuglie. Quando ha intercettato l'auto dei banditi - una Porsche - la vettura della Stradale in cui era Biondi si e' fermata per farsi tamponare al fine di bloccare l'autovettura incriminata.

Quando Biondi e' uscito dall'auto con la pistola in pugno, l'auto dei banditi e' ripartita ad alta velocita', travolgendo in pieno l'agente, che ha fatto un volo di alcune decine di metri. Dall'arma del poliziotto sarebbe anche partito un colpo, sulla traiettoria del quale si sta indagando.

Se i fatti stanno come sembra, comunque, si potra' attribuire all'agente Biondi la motivazione per la medaglia al valore: "con alto sprezzo del pericolo".

Anche se questo non ridara' la serenita' alla famiglia colpita dal dolore, credo che potrebbe essere un modo di rendere onore ad un giovane che ha interpretato il suo impegno per la difesa dello Stato dalla criminalita' come un valore molto piu' alto di quanto non facciano o dicano tanti altri che vi sono preposti a livelli anche superiori. E dovrebbe rendere onore a tutti quei suoi colleghi che operano con altrettanta abnegazione.

Ma soprattutto, al di la' dei riconoscimenti piu' o meno formali - riflettere sulle circostanze della morte di Stefano Biondi dovrebbe indurci a ridimensionare molti correnti giudizi su "rambo" e pistole, in questi nostri tempi da far west.

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