Per costruire l'altro mondo possibile occorre la nonviolenza

Perché Su Indymedia sono apparsi i messaggi pro-Liboni?

Liboni ha trovato incredibili appoggi. In nome della ribellione allo Stato alcuni hanno inneggiano a lui.
28 luglio 2004

Ormai tutti sanno chi è Liboni, l'uomo in fuga (e poi ucciso in un successivo scontro a fuoco) dopo aver ucciso un carabiniere. Le cronache nere di questi giorni si sono ampiamente soffermate su di lui. Quello che invece si sa poco è il suo passato. E proprio un episodio del passato giovanile del "Lupo" gli ha dato incredibili simpatie. Da giovane infatti Liboni aderì a movimenti di antagonismo della sinistra italiana.

Quest'episodio è riemerso nei giorni scorsi su Indymedia. Dove sono apparsi i messaggi a suo favore, definendolo un eroe della ribellione allo Stato, e alle sue strutture.

Tutto sembra essere partito da un volantino di una associazione anarchica toscana, che rispolverando il passato del ricercato, gli ha espresso solidarietà. La notizia è giunta su Indymedia, dove alcuni hanno rilanciato la solidarietà per Liboni.

Per chi non lo sapesse Indymedia (la sigla sta per INDYpendent MEDIA) è un newswire aperto a tutti. Chiunque può scrivere e partecipare ai tanti dibattiti, che ogni giorno si trovano sul sito (raggiungibile da http://italy.indymedia.org ). Negli ultimi anni la novità mediatica rappresentata da Indy (come affettuosamente viene definita dai suoi sostenitori) ha rappresentato l'impulso per un nuovo modo di fare informazione, decentrato e dal basso. Quindi non è intenzione di questo articolo screditare o criminalizzarla, ma soltanto riportare un episodio, increscioso finché si vuole, ma che non intacca il newswire. Proprio questa modalità aperta fa sì che non esista censura su quello che viene scritto.

Così dopo i messaggi di esultanza dopo la tragedia spaziale, che non più tardi di un anno fa, avvenne alla Nasa, oggi il lato oscuro emerge colpisce ancora. Liboni ha ucciso un uomo. Ha messo a ferro e fuoco la capitale. Eppure c'è chi gli esprime solidarietà. Attaccando lo Stato, sempre e comunque. In alcuni luoghi ancora ci si indentifica in una lotta senza quartiere contro lo Stato, definendo compagno chiunque attacchi lo Stato e i suoi rappresentanti. Non importa chi fosse il carabiniere ucciso, non importa che lascia un figlio orfano (cosa cambia tra questo bambino e il figlio di Dax?), non importa che Liboni l'abbia ucciso a sangue freddo. Né tantomeno a qualcuno importa che quello di Liboni è un'assassinio, un crimine. Per alcuni è soltanto il "Lupo". Un compagno da difendere e omaggiare. In ossequio ad una subcultura di morte e odio.

E' facile dire NO ALLA GUERRA, senza SE e senza MA. Ancor più facile è urlare "UN ALTRO MONDO E' POSSIBILE". Ma questo altro mondo da cosa è formato per queste persone? Dalla guerra allo Stato senza se e senza ma? Ma non si era contro la guerra?

Se io mi mettessi su Indy a inneggiare alla repressione, mi mettessi ad esultare perché a Genova Carlo è morto, se io usassi i loro stessi termini nei confronti della morte di Dax cosa mi risponderebbero? Sicuramente sarei insultato e offeso. Probabilmente qualcuno mi chiederebbe il mio indirizzo di casa per venirmi a pestare. Nella migliore delle ipotesi sarei identificato come "servo dello Stato". Dimenticandosi che tra i "servi dello Stato" abbiamo avuto grandi uomini. Carlo Alberto Dalla Chiesa, Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Antonino Caponneto tanto per ricordarne alcuni. Anche le loro morti sono state fonte di gioia per questi "antagonisti"? Dimenticandosi che lo Stato lo si serve tramite pratiche di legalità che nulla hanno a che vedere con leggi ingiuste. Don Milani e don Mazzolari non hanno servito lo Stato meno di Dalla Chiesa ribellandosi a situazioni di ingiustizia. La legalità, la sua affermazione e difesa permette che non si scivoli verso la giungla, la legge del più forte. Impedisce che, con la violenza, si affermi l'oppressione di alcuni contro altri. E' la vera garanzia di giustizia ed equità. Chi scatena guerre, chi calpesta i diritti umani, distrugge la legalità. Quella legalità che dovremmo ricostruire per poter affermare la giustizia e la Pace. Invece si preferisce, in nome di una ideologia antagonista confusa e violenta, inneggiare all'odio e alla morte.

Le Br sono nate e sono cresciute così. Uccidere un carabiniere è un vanto, mettere una bomba dimostrativa (vedi gli attentati a Banca Intesa di questi mesi) è uno strumento di lotta. Violenza contro violenza. Poi un giorno ci si alza e si decide di fare il salto di qualità. Di aumentare il tasso di violenza della guerra allo Stato. E le bombe non sono più dimostrative, le parole diventano fatti.

In Sicilia l'oppressione più grande da sempre viene dalla mafia. Che soprattutto negli anni settanta cercava di costruire un vero Stato alternativo a quello italiano. Allora anche loro erano compagni da appoggiare? Anche coloro che uccidono carabinieri e poliziotti ovunque lo sono? E' semplice da capire dove questa logica porta. E' una logica di morte, di odio, basata sulla violenza. E' una guerra senza quartiere. Nella relazione semestrale di questi giorni si è detto che le Br si sono ridimensionate. Ma a quanto pare la loro logica e la loro sottocultura non è morta.

Per questo la società civile italiana deve avere ancora una volta la forza della ribellione morale nei confronti della violenza, da qualunque parte arrivi. Deve avere la forza di dire NO all'odio e alla voglia di sangue di gente che, nascondendosi dietro l'antagonismo, incita ad ammazzare e ad atti di violenza pura. La vita, qualunque vita è importante. Qualunque dolore è il nostro dolore. Questa è la lezione della nonviolenza. La compassione verso tutti gli esseri viventi.

Vorrei concludere con una frase, veramente emblematica, di Nella Ginatempo. All'indomani degli scontri del 4 ottobre disse "Che gioia far vedere il nostro amore per Firenze, il nostro amore per la pace, per la libertà dei popoli, per la giustizia. Ambasciatori di un altro mondo possibile. Che pena vedere alcuni di noi usare metodi simili a quelli dei nostri avversari! Pensiamo di usare come leva del nostro successo politico e mediatico la rabbia metropolitana dei ragazzetti di periferia? Dovrebbe farci paura quella distruttività, dovremmo saperla volgere in nuovo amore. Se non siamo capaci di produrre subito un messaggio di creatività saremo travolti".

Finché non riusciremo a capire questo, non potremo mai veramente costruire l'altro mondo possibile. E per farlo dobbiamo abbandonare chi ancora vuole essere strumento di odio e di violenza. Strumento di guerra.

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