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Occupy Wall Street

Dall'Argentina a Wall Street

Un'analisi di ciò che lega i movimenti sociali dell'America Latina al movimento "Occupy Wall Street" attraverso la cronaca di una giornata al Liberty Plaza Park occupato.
18 ottobre 2011
Benjamin Dangl
Tradotto da per PeaceLink
Fonte: www.truth-out.org - 17 ottobre 2011

Foto scattata durante le proteste in Argentina del 2001 Edifici imponenti sovrastano Wall Street, facendo sembrare i marciapiedi simili a valli in una catena montuosa urbana. L’incenso, il ritmo dei tamburi e i canti di Occupy wall Street echeggiano per il distretto finanziario di New York City da Liberty Plaza, dove migliaia di attivisti sono confluiti per protestare contro l’ingiustizia economica e lottare per un mondo migliore.

Mentre la disoccupazione e la povertà negli USA raggiungono livelli record, la protesta prende sempre più piede, con centinaia di occupazioni parallele che spuntano in tutto il paese.

È stata una disparità simile nel potere politico ed economico che ha portato la gente a scendere in strada nella Primavera Araba e in Wisconsin, in Grecia e in Spagna o a Londra. Occupy Wall Street è parte di questa rivolta globale. Questo nuovo movimento negli USA ha anche molto in comune con le rivolte in un’altra parte del mondo: l’America Latina.

Le cronache da Liberty Plaza collegano le tattiche e le filosofie che circondano il movimento di Occupy Wall Street con movimenti simili in America Latina, dalle assemblee popolari e l’occupazione di fabbriche durante la crisi economica del 2001-2002 alle lotte di base per la terra in Brasile. 

America Latina: Crisi Economica e Risposte di Base

Quasi nell’arco di una sola notte, alla fine del 2001, l’Argentina passò dall’avere una delle economie più forti del Sud America ad una delle più deboli. Durante questo tracollo economico, il sistema finanziario crollò come un castello di carte e le banche chiusero i battenti. Di fronte a questo conflitto economico immediato e alla disoccupazione, molti argentini si unirono per creare una nuova società dalle macerie della vecchia. La povertà, il problema degli alloggi e la disoccupazione furono contrastati da sistemi di baratto, occupazioni di fabbriche, cucine a gestione comunitaria e moneta alternativa. Assemblee di quartiere fornirono solidarietà, sostegno e spazi vitali per la discussione nelle comunità, in tutto il paese. Le proteste crescenti cacciarono via cinque presidenti in due settimane e i movimenti che sono emersi da quel periodo hanno trasformato il tessuto sociale e politico dell’Argentina.

Queste azioni riflettono quelle che stanno avvenendo con Occupy Wall Street e altrove negli USA oggi. Gli eventi dell’Argentina e degli USA sono caratterizzati dall’insoddisfazione per il sistema politico ed economico di fronte alla crisi e coinvolgono persone che lavorano insieme alla ricerca di soluzioni di base. La disperazione ha spinto molta gente in Argentina e negli USA a prendere la situazione tra le mani.

"Non avevamo scelta,” mi ha spiegato Manuel Rojas parlando dell’occupazione della fabbrica di ceramiche in cui lavorava alla periferia della città di Mendoza, Argentina, durante il tracollo del paese. Se non avessimo preso il controllo della fabbrica saremmo tutti in mezzo a una strada. Il bisogno di lavorare ci ha spinti ad agire.” Questa è solo una delle centinaia di aziende che furono occupate dagli operai che rischiavano la disoccupazione durante la crisi argentina. Dopo aver occupato le fabbriche e le aziende, molti lavoratori le hanno gestite come cooperative. Lo hanno fatto seguendo lo slogan: “Occupa, Resisti, Produci”, una frase presa in prestito dal Movimento dei Sem Terra del Brasile, che ha insediato centinaia di migliaia di famiglie su milioni di acri di terra attraverso l’azione diretta.

Nel 2008 a Chicago, quando centinaia di lavoratori sono stati licenziati dalla fabbrica Republic Windows and Doors, hanno abbracciato tattiche di azione diretta simili a quelle intraprese dai loro omologhi argentini; hanno occupato la fabbrica per chiedere il pagamento delle ferie dovute e la buonuscita – e ha funzionato. Mark Meinster, il rappresentante internazionale della United Electrical Workers, il sindacato dei lavoratori della Republic, mi ha detto che le strategie applicate dai lavoratori erano state attinte proprio dall’Argentina. Nel prendere decisioni sulle tattiche del lavoro: “Abbiamo attinto dalle occupazioni delle fabbriche argentine nella misura in cui esse dimostrano che, durante una crisi economica, ai movimenti dei lavoratori viene concessa una gamma più ampia di opzioni tattiche,” ha detto Meinster.

Molti gruppi e movimenti che hanno sede negli USA hanno attinto dagli attivisti del Sud. Oltre all’occupazione del 2008 della Republic Windows and Doors di Chicago, i movimenti per l’accesso all’acqua a Detroit ed Atlanta rispecchiavano le strategie e le lotte di Cochabamba, Bolivia, dove nel 2000, le proteste popolari respinsero il piano di privatizzazione dell’acqua della multinazionale Bechtel e riportarono l’acqua nelle mani pubbliche. Il movimento “Take Back the Land” in Florida, che ha organizzato i senzatetto ad occupare un terreno abbandonato e unisce le famiglie senza tetto con case pignorate, rispecchia le tattiche e la filosofia del movimento dei Senza Terra in Brasile. L’esperienza del bilancio partecipativo in Brasile, che fornisce ai cittadini un accesso diretto a come i bilanci delle città sono distribuiti, è ora in corso di attuazione da parte di varie comunità negli Stati Uniti. 

Questi sono solo alcuni dei movimenti e delle iniziative di base che forniscono modelli utili (sia per le vittorie che per i fallimenti) per decentralizzare il potere politico ed economico e mettere le decisioni nelle mani della gente. Nell’affrontare la corruzione delle banche, l’avidità corporativa e l’inettitudine dei politici, quelli che occupano Wall Street e altri spazi in giro per gli USA hanno molto in comune con i movimenti simili dell’America Latina. Oltre ad avere dei nemici in comune nelle banche globali, negli istituti di credito internazionali e nelle corporazioni multinazionali, questi movimenti lavorano per far sì che la rivoluzione sia parte della loro vita quotidiana. E questo è uno degli aspetti che più colpiscono di ciò che sta accadendo adesso con il movimento di Occupy Wall Street.

Occupare Wall Street

L’organizzazione e le attività che riempiono Liberty Plaza a New York sono parte di una comunità che lavora nella quale ognuno si prende cura dell’altro e le decisioni vengono prese collettivamente. Durante una visita recente, [ho visto] un’area adibita a cucina al centro del parco, piena di persone che facevano da mangiare per la cena con utensili da cucina ricevuti in dono.

Altri spazi erano destinati all’assistenza medica, alla massage therapy, alla meditazione e alla produzione di cartelli. Un’area era adibita alla raccolta e al riciclo della spazzatura; regolarmente, la gente camminava per il parco per spazzare via i rifiuti e raccogliere l’immondizia.

Un’enorme biblioteca popolare con centinaia di libri costeggiava il parco. Come per la cucina, la produzione di cartelli e le forniture mediche, il movimento ha ricevuto in dono materiali e sostegno economico per mantenere in fiorente attività queste operazioni. Occupy Wall Street ha anche il suo giornale, l’Occupy Wall Street Journal, le cui copie erano distribuite nell’edizione inglese e in quella spagnola in quasi ogni angolo del parco. Un centro informativo dove diverse persone sedevano al computer o usavano fotocamere forniva una copertura costante dell’occupazione.

All’interno di questa comunità vi erano aree con teloni blu e coperte dove la gente riposava o dormiva, faceva riunioni o semplicemente teneva in mostra cartelloni fatti con le proprie mani. E poi, canti, cori, percussioni, chitarre, fisarmoniche, suonavano in tantissimi luoghi.

Continue riunioni e assemblee, tra le centinaia e le migliaia di partecipanti, affrontavano questioni diverse, dall’organizzazione dello spazio del parco alla gestione degli approvvigionamenti ricevuti, alle discussioni sulla pianificazione e sulle richieste della marcia.

La polizia ha proibito l’uso dei megafoni, così ora le persone nel parco semplicemente trasmettono ciò che gli altri dicono durante queste assemblee ripetendolo attraverso i vari strati della folla, creando un’eco in modo che tutti possano udire ciò che viene detto. 

Al punto di ristoro, dov’erano accatastate ordinatamente pile di abiti, coperte, cuscini e cappotti, ho parlato con Antonio Comfort, del New Jersey, che era in servizio al ristoro in quel momento. Antonio, che aveva il cappello al contrario e parlava con me mentre aiutava altra gente, mi ha detto che le donazioni di indumenti e di materiale per la notte erano letteralmente piovute dal cielo. La gente aveva anche offerto agli attivisti impegnati nell’occupazione di usare le loro docce. Mentre, al punto di ristoro, qualcuno ha chiesto l’occorrente per la notte per una persona più anziana e Antonio è sparito tra le pile ed è ritornato con le braccia piene di coperte e un cuscino.

"Sono qui per poter aver una vita migliore e perché possano averla anche i miei figli quando saranno grandi,” ha detto spiegando le ragioni della sua partecipazione all’occupazione. Antonio ha spiegato che tutto stava procedendo senza problemi al punto di ristoro. “Tutti lavorano insieme e siamo ben organizzati. Resteremo qui tutto il tempo che sarà necessario.”

Adeline Benker, una studentessa di 17 anni al Marlboro College in Vermont che aveva un cartello con la scritta, “Avete debiti? Siete il 99%,” mi ha detto che per lei – come per molti altri giovani studenti che partecipano all’occupazione a New York e altrove – la questione sta tutta nel debito. “Avrò un debito di 100.000 dollari dopo la laurea e non credo di dover pagare per il resto della mia vita solo per aver voluto studiare per quattro anni.” Adeline ha detto che questa è la sua prima protesta e la sua prima volta a New York City. Quando le ho parlato, mi ha detto che faceva occupazione da qualche giorno e che sarebbe tornata la settimana seguente.

Lungo il marciapiede c’era l’attivista Tirsa Costinianos con un cartello che diceva: “Siamo il 99%”. Costinianos ha detto: “Voglio che le grandi banche e le corporazioni ci restituiscano i nostri soldi delle tasse dal piano di salvataggio”. Costinianos è presente all’occupazione di Wall Street ogni fine settimana da quando è iniziata, il 17 settembre. “Mi piace tutto questo e e sono felice di ciò che stiamo facendo. Tutto il 99% della gente dovrebbe unirsi a noi – allora potremmo fermare la rapina e la corruzione che vanno avanti qui a Wall Street.”

Ibraheem Awadallah, un altro manifestante con un cartello che diceva: “Wall Street occupa il nostro governo: Occupiamo Wall Street,” mi ha detto, “Il problema è questo sistema in cui le corporazioni hanno massima influenza nella politica del nostro paese.”

Questo genere di incontri e di attività si sono verificati di continuo nell’andirivieni incessante del parco e evidenziano il fatto che questa occupazione, ora quasi alla sua terza settimana, è non solo una protesta che si diffonde rapidamente, ma anche una comunità e un esempio di democrazia partecipativa.

Come ha detto Howard Zinn, lo storico recentemente scomparso, è importante “organizzarci in modo tale che i mezzi corrispondano ai fini, così da poter creare quel tipo di relazioni umane che dovrebbero esistere nella società futura.” Ed è proprio questo che si sta sviluppando all’interno di questo movimento, dalle assemblee senza leader, basate sul consenso, alla gestione comunitaria del cibo, dei media, e dei servizi medici, organizzata nell’occupazione.

Allo stesso modo, i movimenti dell’America Latina, dai sindacati degli agricoltori nelle campagne del Paraguay ai consigli di quartiere di El Alto, Bolivia, rispecchiano il tipo di società che essi vorrebbero vedere nelle loro azioni quotidiane e nella costruzione del movimento.

Come ha detto Adeline Benker, la studentessa diciassettenne presente all’occupazione di Wall Street, echeggiando le lotte dall’Argentina alle Ande e oltre: “Abbiamo bisogno di creare un cambiamento esterno a questo sistema perché il sistema ci sta portando al fallimento.”  

Note: Benjamin Dangl ha lavorato come giornalista in America Latina ed è autore del libro "Dancing with Dynamite: Social Movements and States in Latin America" (AK Press). Per maggiori informazioni, visita: www.dancingwithdynamite.com.
Email: Bendangl@gmail.com .

Tradotto da Antonella Recchia per PeaceLink.
http://www.truth-out.org/argentina-wall-street-latin-american-social-movements-and-occupation-everything/1318600472

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