Pescara ai vertici nazionali delle classifiche sulle estorsioni
E’ balzata come un fulmine a ciel sereno la notizia in prima pagina del Messaggero dei giorni scorsi della relazione D.I.A. nazionale sull’infiltrazione delle mafie in Abruzzo, specificando come nella ricostruzione a L’Aquila come nel litorale adriatico Camorra e Ndrangheta siano ormai presenti in pianta stabile.
Nel 2013 sono stati riconosciuti 56 reati di estorsione, ed i dati del ministero vedevano la provincia di Pescara all’11esimo posto in Italia in rapporto agli abitanti, 17,37 ogni 100mila (Napoli, un gradino sopra, 17,81 su 100mila). La città di Pescara si colloca quindi sopra a Reggio Calabria, Cosenza, Ragusa, Enna, Sassari Agrigento, mentre dati del Ministero relativi al 2014, sorprendentemente, indicano proprio Pescara, insieme a Foggia e Siracusa, al vertice della classifica nazionale relativa alle estorsioni. Ad onor del vero va ricordato che è ancora un primo parziale elenco, ma comunque significativo.
Gli episodi, seppur non divenuti cronaca quotidiana nelle discussioni degli abruzzesi e dei media locali(salvo altri episodi più da collegare al teppismo e vandalismo), rappresentano campanelli d’allarme tangibile, laddove anche la relazione dell’antimafia rileva un accordo tra criminalità locale e grandi strutture nazionali. Allarme che nel tempo, al di là delle inchieste giudiziarie, si è manifestato con inquietanti episodi non sempre giustificabili con tentativi di truffe assicurative o microcriminalità. Sono fatti localizzati nei quartieri cittadini di Rancitelli e Fontanelle o in quartieri ritenuti più tranquilli che dovrebbero far riflettere, nei quali le indagini rilevano che non vi sono neanche moventi legati a possibili frodi assicurativi ma il ritrovamento di inneschi e taniche di benzina lasciano pochi dubbi sull’origine dolosa. Inoltre, la forza è nei numeri, davvero possiamo pensare che vi sia un tale numero di liti private o incuranza tale da giustificare statistiche nazionali e i tanti episodi verificati?
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