MUDAC presenta Mediterranea
MUDAC - Metti un Disco a Cena, il format creativo, ideato da Giovanni La Gorga, che unisce musica, arte e creatività, torna a far vibrare il Ristorante del Bar del Fico il 12 aprile con Mediterranea, mostra personale di Francesca Pellicanò che anticipa, non solo la primavera, ma addirittura l’estate. MUDAC, organizzato da Giovanni La Gorga, in collaborazione con Angelica di Majo; Arianna Paparelli e Fabio Nardoni, manager del locale, crea un cortocircuito culturale ridisegnando, attraverso l’arte, lo spazio del locale. La serata si distingue per il dj set in vinile a cura di Giovanni La Gorga, aka Giovannino, autore e regista con Alessio Borgonuovo del lungometraggio “From My House In Da House - a history of Rome” e Angelica Di Majo, che spazierà tra rare groove e deep house. MUDAC per la sua vocazione stra-ordinaria, nel senso etimologico del termine, ovvero fuori dal comune, offre sempre nuovi spunti. In particolare, il 12 aprile porta all’interno del Ristorante del Bar del Fico una ventata di Mediterraneo con l’omonima mostra, declinata al femminile, di Francesca Pellicanò che ruota proprio intorno all’immagine del Fico d’India. Francesca Pellicanò è un’artista indipendente, emancipata, che dipinge e disegna sin dall’infanzia. Dopo il liceo artistico, la laurea in architettura e il trasferimento a Roma, presa dalla professione e dai frenetici ritmi cittadini, ha messo in pausa la pittura, per riprenderla, dopo quasi 10 anni, con un’inedita e rinvigorita passione creativa. Abituata a muoversi e a viaggiare, la Pellicanò si è sentita particolarmente costretta durante il lockdown; così, dovendo necessariamente fare a meno delle sue periodiche fughe in Calabria, vere e proprie boccate di ossigeno e natura, ha trasformato la pittura in un mezzo per rievocare le proprie origini e mantenere stretto il contatto con le sue radici. Così, ripresi i pennelli in mano, quasi d’istinto, l’artista ha iniziato a focalizzare la sua ricerca sul fico d'india e il cactus, piante iconiche della sua terra di origine, declinandole in diverse forme e colori. Grazie alla lontananza, la Pellicanò ha elaborato un immaginario variopinto e personale, estraneo ad ogni pretesa di descrizione fotografica della realtà. I fichi d’india e cactus di Mediterranea vivono di colori immaginari, psichedelici, che esulano dalla realtà. Come si evince dai titoli, fortemente evocativi delle opere, tra cui: Metà Nascosta, ‘Ntisa, nella visione dell’artista questi soggetti, vanno ben oltre il loro essere piante, per rappresentare metaforicamente il Femminile e il Maschile, due universi in perenne confronto tra loro. Il rapporto dipinto da Francesca Pellicanò è un “incontro-scontro” che, pur portando questi due estremi alla massima prossimità, non si traduce mai in una fusione, come a voler sottolineare l’importanza di mantenere sempre la propria identità, senza mai soccombere all’altro. Messaggio che, implicitamente, viene veicolato dalla scelta stessa dei soggetti, connotati, in quanto piante cactacee, dalla presenza delle spine, elemento su cui l’artista si è soffermata a riflettere soltanto recentemente. Per la Pellicanò, infatti, le spine non costituiscono solo una caratteristica della specie che, per sopravvivere nei luoghi inospitali in cui abita, ha sviluppato, nei secoli, le spine (al posto delle foglie) come prevenzione alla disidratazione e protezione dai predatori; ma richiamano anche una qualità interna degli esseri umani che, sviluppando un amor proprio, acquisiscono la capacità di difendersi senza essere aggressivi. Dal momento che, le spine, funzionano solo come protezione, mai come attacco. La mostra Mediterranea, pur essendo molto fresca e leggera, a tratti anche ironica, è carica di significati, nella misura in cui cactus e fico d’india simboleggiano anche l’amore vero, forte, passionale; e, nello stesso tempo, la capacità di adattamento e resistenza, anche nelle situazioni più avverse. A livello tecnico, la pittura di Francesca Pellicanò, precedentemente realizzata con pennelli e matite colorate, oggi è densa, materica, molto ricca. I colori stesi con la spatola, rimangono pastosi sul legno – medium principalmente utilizzato – conferendo alle opere anche una sottile dimensione volumetrica, forse legata alle tre dimensioni dell’architettura. La sua è una ricerca in itinere, in cui specialmente la tavolozza, carica di una valenza emotiva, sta subendo un progressivo schiarimento, come se accompagnasse l’artista in un percorso verso la luce.
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