Paesaggi Kosovari, 1998-2018
Libro di Gianmarco Pisa. Recensione di Laura Tussi. Edizioni Multimage
Il patrimonio culturale come risorsa di progresso e opportunità per la pace
A partire dalla vicenda jugoslava, lo studio di Gianmarco Pisa indaga, anche nel più complesso scenario europeo e mediterraneo, il valore dei patrimoni culturali, il senso e il significato degli itinerari storici e le prospettive di rigenerazione delle memorie e della costruzione della "pace con giustizia".
Il progetto Pro.me.t.e.o mette a fuoco lo scenario dei patrimoni culturali, i luoghi della memoria e le memorie collettive e condivise, al fine della trasformazione nonviolenta e costruttiva del conflitto nel Kosovo. Nella cover del libro, risalta il Monumento alla Fratellanza e all’Unità del 1961, celebrazione del principio, proprio della Jugoslavia Socialista, della fratellanza e unità tra i popoli, situato a Prishtina in Kosovo.
Lo studio indaga la Memoria e i Balcani negli spazi del concreto e dell’immaginario collettivo, nella contraddizione balcanica delle prospettive storiche e delle dimensioni memoriali, dove il Kosovo viene analizzato nel panorama regionale e internazionale per l’impostazione delle politiche generali per il patrimonio culturale che costituiscono occasioni al fine di superare lo stereotipo e costruire innovative ed opportunità.
In modalità molto articolate e dettagliate, lo studio traccia e descrive un itinerario a Prishtina per la rigenerazione delle memorie e la stratificazione delle epoche e un percorso itinerante a Mitrovica dove si affrontano il dissidio e la reciprocità nei rapporti tra Serbi e Albanesi e, infine, un viaggio a Prizren, dalla sorprendente bellezza laica e religiosa. Da questi percorsi progettuali si evince l’opportunità costituita dal patrimonio culturale e da un innovativo "approccio integrato" per lo sviluppo sostenibile in Kosovo che vive in equilibri precari tra contraddizioni economiche e potenzialità di sviluppo nel retroterra sociale delle speranze della riconciliazione nonviolenta, che si proietta dalla Storia alla Memoria, in un ponte tra il passato e l'attualità.
Come postfazione al compendio, un ricordo di Alberto L'Abate (1931- 2017) una delle più importanti figure della ricerca per la pace nel nostro Paese, il cui pensiero molto si è soffermato sui temi della prevenzione della violenza e del progetto costruttivo, nello svolgimento della sua riflessione più matura. Nel nostro tempo, le guerre sono diventate, nella terminologia più diffusa, "guerre umanitarie", "guerre per la democrazia", "guerre per i diritti", in un modo subdolo e ipocrita per mascherare i motivi e gli interessi reali che stanno dietro ai sanguinosi conflitti che le maggiori potenze continuano a imporre in tutto il mondo.
Questo si è verificato non solo all’epoca della guerra in Iraq nel 1991, ma anche durante la guerra del Kosovo (1998-99) che poteva essere evitata, con soluzioni diplomatiche. Ma non si è potuto evitare il conflitto perché Stati Uniti e NATO avevano deciso di muovere guerra per i loro interessi. Lo stesso discorso possiamo constatare rispetto alla proliferazione degli armamenti, non solo per la diffusione delle armi tradizionali e convenzionali, ma soprattutto per gli ordigni nucleari che ci possono condurre verso il baratro irreversibile di un'apocalisse nucleare e verso quindi la cancellazione della nostra civiltà.
Anche se contro questa direzione, la società civile si è imposta, ratificando il Trattato ONU del 7 Luglio 2017 per il disarmo nucleare universale e per l'abolizione degli ordigni nucleari, che è valso a tutti noi attivisti il Premio Nobel per la Pace con ICAN.
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