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Napoli, 5 November 2007

Guerra ambientale e uranio impoverito

Intervento all'incontro su "Inquinamento bellico e uranio impoverito"
Francesco Iannuzzelli5 novembre 2007

Buongiorno a tutte e tutti
innanzitutto un grazie sentito agli organizzatori di questo evento, che cade non solo dopo la festa delle Forza Armate del 4 novembre, ma anche il giorno prima della Giornata Internazionale contro la distruzione dell'ambiente a cause di guerre e conflitti armati.
Giornata voluta dalle Nazioni Unite e che come Campagna Internazionale per la messa al bando delle armi all'uranio abbiamo scelto come giorno in cui concentrare i nostri eventi principali.

Introduzione

La campagna e' nata nel 2003 ed e' nota con l'acronimo ICBUW, che in effetti un po' difficile da pronunciare... E' nata su iniziativa di un gruppo di associazioni europee e statunitensi ed e' oggi composta da 91 associazioni da tutto il mondo, non solo pacifiste ma anche ecologiste e rappresentanti di militari veterani o tuttora in servizio.
Il 91-esimo membro si e' aggiunto giusto qualche giorno fa ed e' il CND, storica associazione pacifista britannica, segno che anche le associazioni di un certo peso stanno ora avvertendo la necessita' di collaborare a questa campagna.

Come PeaceLink abbiamo aderito sin dagli inizi, in base all'esperienza accumuluta in particolare durante la guerra contro il Kosovo, che ci vide particolarmente impegnati nel documentare quanto avveniva nei Balcani. Negli anni successivi pubblicammo varie e dettagliate informazioni sull'uranio impoverito e sul suo uso in Bosnia, Kosovo e Iraq.
Il nostro database geografico dei bombardamenti con uranio impoverito nei Balcani divenne una preziosa risorsa, tradotta anche in serbo-croato e albanese. Erano i tempi in cui circolava pochissima informazione sull'uranio impoverito e sui rischi correlati, e fummo contattati anche da numerosi militari che ci chiedevano aiuto, non ricevendo nessun supporto o informazione dal Ministero della Difesa.
Queste richieste continuano, seppur con intensita' minore, ancora oggi, ma per fortuna possiamo girarle all'Osservatorio Militare, che si e' nel frattempo affermato come l'associazione piu' affidabile nel fornire loro assistenza informativa e legale.

Campagna - Obiettivi, metodi e risultati

La Campagna Internazionale si e' posta da subito due obiettivi

1. Fermiamoli
Ci rendemmo subito conto che i militari statunitensi e della Nato avevano utilizzato un nuovo tipo di arma dalle caratteristiche inquietanti, e che bisognava fare qualsiasi cosa, nell'ambito degli strumenti nonviolenti a nostra disposizione, per impedire che ne ripetessero l'uso

2. Aiutiamo le vittime
I casi dei militari e dei volontari di associazioni umanitarie che si ammalavano di tumore dopo pochi mesi di servizio erano solo la punta dell'iceberg: l'impatto devastante sulla popolazione civile dei Balcani e dell'Iraq cominciava ad emergere dai primi contatti con medici degli ospedali delle zone colpite, e occorreva urgentemente fornire loro informazioni e strumenti adeguati.

Nel corso di questi anni abbiamo quindi lavorato su piu' fronti, cercando sempre di ispirarci agli obiettivi sopra elencati

Informazione

Vittima predestinata di ogni guerra, l'informazione sugli effetti dell'uranio impoverito era in parte carente, in parte presente ma colpevolmente non diffusa ai militari impiegati e tantomeno alle popolazioni colpite.
Nel corso di questi anni abbiamo pubblicato vari dossier, smascherato imprecisioni e falsita' diffuse dalla propaganda militare, e anche recuperato e pubblicato alcune coordinate dei bombardamenti per permettere almeno alla popolazione locale di sapere quali zone evitare.
Per aumentare la consapevolezza a riguardo nei paesi produttori, o comunque coinvolti nelle azioni militari in quanto facenti parto della Nato, abbiamo prodotto documenti e interviste sulla situazione nei paesi colpiti.
Uno strumento che si e' rivelato particolarmente efficace e' stato quello audiovisivo. Grazie al coraggio di alcuni fotogiornalisti, come il giapponese Naomi Toyoda che ha visitato piu' volte l'Iraq in questi anni, abbiamo realizzato una mostra fotografica con le foto dei bambini malati dell'ospedale di Bassora. Bambini ormai purtoppo quasi tutti morti, e ai quali dedichiamo il nostro pensiero anche in questo momento, e le cui famiglie hanno autorizzato l'uso delle immagini per poter raccontare la loro sofferenza al resto del mondo, e far si' che non si ripeta mai piu'.
Questa mostra fotografica e' stata portata in giro per l'Italia l'anno scorso, proprio in questo periodo, e un opuscolo che racconta questa esperienza e' disponibile gratuitamente all'ingresso, realizzato dal Centro di Documentazione "Semi Sotto la Neve", di Pisa. Vi invito a leggerlo. Infine la mostra e' stata anche portata al Parlamento Europeo in concomitanza di una conferenza organizzata grazie ad alcuni parlamentari europei.

Ricerca scientifica

Abbiamo interpellato e coinvolto nella campagna esperti di varie discipline per poter fare chiarezza sugli effetti dell'uso di armi all'uranio. Di particolare rilievo e' stata la conferenza internazionale che si e' svolta ad Hiroshima nell'agosto 2006 a cui hanno partecipato numerosi scienziati provenienti da tutto il mondo.
Vorrei pero' ricordare l'importanza, per tutto cio' che ha a che vedere con l'ambiente, del principio di precauzione.
Ovvero non toccherebbe a noi dimostrare scientificamente che l'uranio impoverito fa male, ma toccherebbe a chi lo usa dimostrare al di fuori di ogni dubbio che non ci sono effetti negativi sull'ambiente e sulla salute umana.
Questi studi, in effetti, sono stati in parte gia' svolti dal Pentagono, e evidenziano appunto gli effetti negativi (come si evince anche dalle raccomandazioni fatte ai soldati che operano sul campo). Peccato che la parte piu' significativa di questi studi, che potrebbe anche essere utile per curare le attuali vittime, sia tuttora coperta dal segreto militare: un atteggiamento che non esito a definire criminale e irresponsabile, e che ricorda il vergognoso segreto militare imposto ai medici che lavoravano con le vittime dei bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki.
Di conseguenza, ci troviamo a dover investire notevoli sforzi scientifici indipendenti per indagare sugli effetti delle armi all'uranio.

Supporto medico

I medici che operano nelle zone colpite dai bombardamenti hanno bisogno di tutto. Dalle cose piu' semplici, come degli antidolorifici per offrire una morte piu' dignitosa ai loro pazienti, a quelle piu' complesse, come strumenti e medicine per combattere leucemie e altri tumori.
Siamo tutti volontari, e siamo una coalizione di associazioni piccole, per cui senza fondi significativi. Pero' siamo lo stesso riusciti a fare qualcosa, e in questo devo sottolineare lo straordinario impegno delle associazioni e dei medici giapponesi, mossi da una spontanea e intensa solidarieta', alimentata anche dal riconoscere nelle vittime irachene delle similitudini con le vittime giapponesi dell'inquinamento radioattivo che ha ucciso per decenni nei dintorni di Hiroshima e Nagasaki.
Ai medici iracheni mancava tutto, pensate che l'embargo degli anni '90 bloccava anche numerose medicine e, ridicolo se non fosse tragico, gli stessi libri di medicina. Sono quindi stati invitati in Giappone, per acquisire conoscenze e metodologie nel trattare malati di questo tipo, e vari esperti giapponesi si sono recati in Iraq e in paesi limitrofi in modo da aiutarli piu' da vicino, in particolare con le indagini epidemiologiche.
A un progetto epidemiologico nella zona di Bassora abbiamo dedicato alcuni fondi e materiali, e i primi risultati di questo studio verranno presto pubblicati su una rivista media internazionale.

Bonifica

Parlare di bonifica delle zone colpite e' un discorso assai arduo, e non pochi esperti ammettono che, francamente, non ci sia piu' niente da fare una volta che le polveri dell'uranio e degli altri eventuali inquinanti si siano diffuse nell'ambiente.
Apro a riguardo una parentesi, raccontandovi un aneddoto: se cercate nel database pubblico statunitense dei brevetti sui sistemi di bonifica, troverete che sono gia' presenti alcuni brevetti di bonifica ambientale da uranio impoverito.
Il detentore di questi brevetti e', guarda caso, la Lockheed Martin, noto produttore armiero statunitense. Ovvero, anche se un giorno otterremo che il problema venga riconosciuto e vengano avviati dei progetti di bonifica, gli stessi produttori di armi sono gia' pronti a farci i soldi sopra.
Marginalmente, a chi sostiene che l'uranio impoverito non faccia male, farei notare che, se cosi' fosse, che bisogno ci sarebbe di brevettarne la bonifica? O forse che i produttori di armi all'uranio siano a conoscenza del suo reale impatto ambientale?

Produzione di uranio impoverito

Anche se non riguarda l'Italia, altri stati europei sono coinvolti nella produzione e nel commercio di armi all'uranio.
Non solo, numerosi istituti bancari europei appoggiano operazioni finanziarie che hanno a che vedere con la produzione e l'esportazione di uranio impoverito.
Ha avuto particolare successo una campagna che si e' svolta nelle Fiandre, in Belgio, e ha ottenuto che alcune banche, anche di alto livello, rinunciassero ad essere coinvolti in affari "impoveriti".

Diritto internazionale

Quando parliamo di bloccare l'uso di armi all'uranio, e' chiaro che ci riferiamo principalmente agli strumenti legislativi.
Ci sono gia' numerose convenzioni e trattati internazionali, ma l'uranio impoverito, per le sue caratteristiche, sembra non cadere in nessuno di essi, o caderci solo marginalmente, al punto che chi lo usa sostiene con tranquillita' che non sta facendo niente di illegale.
Abbiamo quindi deciso di redarre un trattato di messa al bando delle armi all'uranio e di intraprendere la lunga e difficoltosa strada che porta a un trattato internazionale.
Vogliamo innanzitutto far crescere consapevolezza sul problema, anche da parte dei governi e degli organismi internazionali, e costituire sufficiente massa critica di stati in grado da fornire appoggio, politico e finanziario, a progetti di sostegno alle vittime, cosa che resta comunque la nostra priorita'.

Nella redazione dal trattato di messa al bando abbiamo usufruito del fondamentale aiuto di alcuni giuristi di Ialana, l'associazione internazionale di giuristi contro le armi nucleari. La terminologia che abbiamo usato e' "armi all'uranio" ed e' intenzionalmente piu' generica rispetto a "uranio impoverito", per poter includere anche eventuali, chiamiamole cosi', variazioni sul tema.
Siamo stati pero' attenti ad evitare che questo trattato possa essere interpretato come riguardante anche le armi nucleari, che vorremmo sicuramente bandire ma che non possiamo includere in questa campagna, che vogliamo essere focalizzata sul tema dell'uranio impoverito.

Il trattato internazionale non e' l'unica via perche' esistono anche altre metodologie, come ci insegnano alcune campagne gia' concluse con successo, come quella contro le mine, o come quella tuttora in corso contro le cluster bomb.
Ad esempio stiamo cercando di chiedere l'estensione della convenzione CCW su alcune armi convenzionali, per far in modo che il suo protocollo numero 3 sulle armi incendiarie possa includere anche le armi al fosforo e all'uranio impoverito.
Cerchiamo quindi di ribaltare quelli che sono i noti vantaggi militari del DU in vari fronti su cui agire per bloccarne il suo utilizzo.

Risultati

Tutti questi sforzi hanno portato a due risultati estremamente positivi.
Lo scorso marzo l'uranio impoverito e' stato messo al bando, a livello nazionale, dal Belgio.
Sebbene abbia effetto solo sul territorio belga, si tratta di un evento particolarmente importante perche' si tratta comunque di un paese membro della Nato, e una volta fatto questo primo passo altri stati potrebbero seguire.
Inoltre si tratta di un fatto di buon auspicio, perche' anche nel caso della campagna contro le mine, che poi raggiunse i suoi obiettivi, il Belgio fu il primo paese ad adottarne la messa al bando.

La seconda notizia positiva e' proprio di alcuni giorni fa.
E' stata approvata dalla prima commissione delle Nazioni Unite una nostra risoluzione riguardante l'uranio impoverito.
Si trattava di un'azione diplomatica particolarmente delicata, in quanto se avessimo fallito ci saremmo bruciati e non se ne sarebbe piu' parlato per un bel po'. Gia' in passato altre risoluzioni avevano incontrato notevole resistenza.
Dopo un lungo lavoro di pressione e mediazione, grazie al sostegno di alcuni paesi non allineati, la risoluzione e' stata presentata ed approvata a larga maggioranza. 122 voti a favore, 6 contrari e 35 astenuti.
Nella risoluzione si chiede al Segretario Generale di consultare gli stati membri e organismi internazionali, produrre un rapporto e riferire all'assemblea generale, cosa che avverra' nel 2008.
L'uranio impoverito e' quindi tornato nell'agenda delle Nazioni Unite, ed e' un fatto estremamente importante perche' ci permette di portare la campagna a un livello di visibilita' decisamente superiore.
Hanno votato contro stati coinvolti nella produzione, nell'uso o nel commercio di uranio impoverito. Facciamo i nomi: Stati Uniti, Gran Bretagna, Israele, Francia, Olanda, Repubblica Ceca.
Tra i si' possiamo segnalarne alcuni particolarmente significativi, come la Germania, il Giappone e l'Italia.
Credo che possiamo anche dire che parte del merito di questo si' italiano va a tutte le associazioni, giornalisti e volontari che hanno lavorato in questi anni per una crescita della sensibilizzazione dell'opinione pubblica sul problema dall'uranio impoverito.

Conclusione

Vorrei concludere chiarendo un aspetto che mi sta particolarmente a cuore, in quanto rappresento un'associazione pacifista che si trova cosi' impegnata sul tema dell'uranio impoverito.
Ovvero, per quale motivo dovremmo dedicare, come pacifisti, i nostri sforzi a questa campagna e non ad altre, altrettanto importanti ma forse anche piu' semplici ed immediate, e quindi con piu' probabilita' di successo?

Innanzitutto non si tratta di una scelta esclusiva: siamo contro tutte le armi e tutte le guerre, e continuiamo a lavorare quotidianamente contro tutte le armi e contro tutte le guerre.

Dobbiamo pero' prendere atto di una trasformazione in corso nella strategia militare di questi ultimi decenni, che vede l'ambiente sempre piu' come obiettivo militare, e non come cosiddetto "effetto collaterale".
Non si tratta di un'affermazione delirante di un pacifista, ma di una strategia precisa che si puo' tranquillamente leggere in documenti desecretati del Pentagono, e magari anche in qualche buon libro. La guerra moderna porta intenzionalmente caos e distruzione per poter instaurare un piu' efficace sistema di sfruttamento e rapina delle risorse naturali presenti sul territorio colpito (mentre la propaganda militare racconta esattamente l'opposto, ovvero quanto la guerra moderna sia "chirurgica" e "umanitaria"); al tempo stesso, il caos contribuisce alla destabilizzazione geopolitica utile a mantenere sotto controllo la situazione.

In questo contesto, il danno ambientale e' un fine dell'azione militare, non un incidente.
E i mezzi sono piu' subdoli e meno eclatanti: non si lanciano bombe chimiche, ma si bombardano petrolchimici. Non si usa piu' il napalm, ma il fosforo bianco. E chissa', non si usano armi nucleari, ma mini-nukes.
Ovvio che ci sono delle distinzioni da fare, ma vorrei invitarvi a leggere l'uso dell'uranio impoverito in questa ottica, e a comprendere come questa campagna per la sua messa al bando sia significativa perche' esplora, per la prima volta, metodologie di lavoro nuove che dobbiamo trovare e attuare in risposta a questa situazione.

Ci troviamo di fronte a delitti quasi perfetti, con tracce ormai disperse nell'ambiente, scarsissime informazioni, letteratura scientifica inadeguata, mancanza di collaborazione e trasparenza da parte dell'apparato militare (quest'ultima a dire il vero non e' una novita').
Oggi l'indiziato e' l'uranio impoverito, potrebbe non essere il solo, e in futuro potrebbero essercene degli altri che gli subentreranno, perche' appunto c'e' il tremendo sospetto che siamo di fronte a una strategia e non a un episodio.

Per questo diventa ancor piu' necessario collegarci in rete, aprire canali di collaborazione con la comunita' accademica e scientifica, ripercorrere la strada del diritto internazione che speravamo conclusa dopo le lezioni del secolo scorso, e infine lavorare insieme a chi, all'interno delle forze armate stesse, percepisce la gravita' del problema, anche perche' lo sperimenta sulla propria pelle.

Da questa follia della guerra ambientale ne usciamo solo se lavoriamo tutti insieme, perche' in fondo l'ambiente e' di tutti, e la guerra e' di nessuno.

Vi ringrazio per l'attenzione

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