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L’Europa deve investire per essere forte così come forte deve essere il partenariato fra NATO e Unione Europea

E’ NATO l’industria della Difesa europea?

Per finire, che significato dare alla narrazione che la gestione e lo sviluppo delle tecnologie nel mondo della difesa hanno un effetto moltiplicatore sul Pil che non ha eguali negli altri settori? In realtà, bisogna ripetere, la maggior parte del denaro speso sul militare va al capitale, differentemente da ciò che accade negli altri tipi di lavoro.
30 settembre 2013

scimmie pensanti

Nel 2012 il Consiglio europeo decise che nel dicembre 2013 una sessione della riunione sarebbe stata dedicata al tema della difesa. L’Alto rappresentante, Catherine Asthon, attraverso il Servizio europeo di azione esterna, l’Agenzia europea di difesa e la Commissione sulla competitività dell’industria europea della difesa, dovevano mettere a punto proposte per accrescere l’efficacia della politica europea di sicurezza e difesa comune (PSDC) e rafforzare le capacità di difesa e l’industria della difesa.
Di conseguenza la Commissione ha emesso una Comunicazione e un Documento di lavoro le cui osservazioni muovono dalla premessa che l’Europa deve assumersi maggiori responsabilità per la propria sicurezza in patria e all'estero, e per questo ha bisogno di essere sostenuta da un'industria della difesa competitiva. Anche se la difesa è il cuore della sovranità nazionale e le decisioni sulle capacità militari restano negli Stati membri, rimane il ruolo significativo per l'UE.

I lavori preparatori alla riunione di dicembre sono avvenuti tramite confronti al proprio interno e coinvolgendo amministrazioni, industrie , governi e in parallelo anche il Parlamento europeo. Una occasione è stata la "Conferenza Internazionale sulla Sicurezza" di febbraio a Monaco. Durante questa Conferenza il vice Presidente statunitense Joe Biden, fra risate e applausi, ha rievocato la storica alleanza fra Europa e Stati Uniti, introducendo quella che deve essere la nuova divisione del lavoro in grado di rispondere ai mutamenti nella politica e nel mercato mondiale.

Cari europei, ha detto sostanzialmente Biden, abbiamo la NATO (sotto il nostro comando), ma ora tocca a voi dotarla di soldi e armi. Credetemi, continua, quando dico che mi rendo conto di quanto sia difficile, in una economia in recessione, mantenere gli impegni di spesa per la difesa. Ma so che mantenere le nostre capacità è ciò che ci permette di far avanzare la nostra comune agenda globale. Questo è solo uno dei motivi per cui una Europa forte e capace è profondamente nell'interesse dell'America, e mi permetto di aggiungere, presuntuosamente, l'interesse del mondo. L'Europa è la pietra angolare del nostro impegno con il mondo e l'Europa è il catalizzatore, il nostro catalizzatore, per la cooperazione globale. Né gli Stati Uniti né qualsiasi altro paese può affrontare da solo le sfide che abbiamo di fronte. L'Europa dunque rimane partner indispensabile dell'America soprattutto in un mondo che cambia, dove le potenze emergenti ed eventi remoti possono avere un impatto profondo in ciascuno dei nostri paesi. Nazioni come Brasile, India, Cina, Sud Africa e Indonesia, continueranno a svolgere un ruolo sempre più importante nella sicurezza globale e negli affari economici del mondo. Ecco perché l'impegno dell'America in questi paesi - in particolare in Asia - ha un ruolo sempre più importante nella condotta dei nostri affari esteri. Questo impegno non va a scapito dell'Europa perché è nostro comune interesse che l’America sia impegnata come potenza nel Pacifico. http://www.whitehouse.gov/the-press-office/2013/02/02/remarks-vice-president-joe-biden-munich-security-conference-hotel-bayeri

Nel rapporto NATO pubblicato a gennaio 2013, si legge che nel 2012 tra i 28 alleati della Nato solo gli Stati Uniti, Regno Unito e Grecia, il paese dove i servizi sanitari sono quasi inaccessibili ai poveri e ai cittadini con redditi bassi e quasi un terzo della popolazione non ha un’assicurazione medica statale, hanno speso più del due per cento del loro PIL per scopi militari. La quota degli USA ammonta al 72 percento, mentre quella degli altri alleati insieme è scesa al 32-28 per cento. http://www.nato.int/cps/en/SID-647AB9E4-67179AA9/natolive/opinions_94220.htm

Il 6 settembre alla riunione informale dei Ministri della Difesa dell’Unione Europea di Vilnius, il segretario generale della Nato Anders Fogh Rasmussen è intervenuto dicendo che è preoccupato per il futuro dell'Europa perché se non si investe di più finanziariamente e politicamente nella difesa e della sicurezza, in futuro non si parlerà della nostra influenza nel mondo, ma dell'influenza di altri da noi. Nel 2012 la spesa per la difesa asiatica ha superato l’Europa per la prima volta. Entro il 2015 si prevede che la spesa per la difesa solo in Cina sarà pari a quello degli 8 più grandi alleati europei della NATO messi insieme. Mentre la nostra spesa per la difesa è in calo, le sfide della sicurezza globale sono in aumento: instabilità dello stato-nazione, la proliferazione dei missili, il terrorismo, i cyber-attacchi. Per affrontare queste sfide l'Europa ha bisogno di strumenti di soft power. Ma ha anche bisogno di farne un backup con capacità militari duri. L’Europa ha mezzo milione di soldati in armi ma non riesce ad ottenere il massimo poiché le forze dovrebbero usare la stessa formazione di base e la stessa attrezzatura. Il problema è aggravato dalle pratiche industriali. Vi sono quasi quaranta diversi tipi di veicoli da combattimento di fanteria la cui produzione serve solo a proteggere le industrie nazionali. Il risultato è una economia di scala povera con costi di gestione eccessivi e formazioni inefficienti. L’Europa deve investire per essere forte così come forte deve essere il partenariato fra NATO e Unione Europea. Nel prossimo dicembre l'Unione europea terrà un vertice importante sulla sicurezza e la difesa e i paesi europei dovrebbero concentrarsi su tre aree principali. Prima: droni per l'intelligence, sorveglianza e ricognizione. Seconda: industria, l'Europa ha bisogno di industrie efficaci e moderne. I confini nazionali non dovrebbero essere un ostacolo alla concorrenza. Abbiamo bisogno di un vero e proprio mercato europeo della difesa che porti innovazione, attrezzature migliori ed economiche, un miglior ritorno per ogni euro speso. Una industria della difesa europea forte, sostenibile e snella, è vitale per garantire la sicurezza futura. Infine: le forze. Nessun paese europeo da solo può produrre forze con dimensioni e competenze come quelle schierate nel corso degli ultimi 20 anni. Insieme, afferma Rasmussen, possiamo. La NATO e l'Unione europea condividono gli stessi valori. Condividono la stessa analisi strategica delle sfide e la stessa visione. Le strade di NATO e UE sono sulla stessa strada e viaggiano verso la stessa destinazione. La cooperazione, non duplicazione, è la via del successo. In occasione del Consiglio europeo di dicembre gli europei devono fare una scelta strategica. Mettere i soldi dove vi è bisogno, costruire capacità non burocrazie, e collaborare con gli alleati nordamericani. http://www.eu2013.lt/en/events/political-meetings/informalmeetingsofministers/informal-meeting-of-ministers-for-defence

difesa militare europea

L’Europa attesta che il contesto strategico e geopolitico è in costante evoluzione, e prende atto che gli Stati Uniti stanno riequilibrando i propri orientamenti strategici verso l'Asia. Se alcune leggi europee che riguardano direttamente la difesa e la sicurezza, in particolare le due recenti direttive sugli appalti pubblici (2009/81/CE) e sui trasferimenti di prodotti destinati alla difesa (2009/43/CE), sono state emesse per facilitare la liberalizzazione del mercato in funzione di un rilancio della competitività, non vi è ancora una visione condivisa rispetto al mercato della difesa e le sue dinamiche correlate. Tuttavia, la Commissione europea intende sviluppare politiche e strumenti di supporto alla sicurezza sia interna sia esterna, nei settori quali la protezione delle frontiere esterne, la sorveglianza marittima, la protezione civile, gestione delle crisi. Vale a dire programmi che hanno numerose analogie tecnologiche, industriali, concettuali e operative con la difesa sfruttando le sinergie militari e civili. L’industria della difesa ha fatturato 96 miliardi di euro nel 2012 e occupa circa 400.000 lavoratori in via diretta che diventano 960.000 con l’indotto. Le piccole e medie imprese infatti costituiscono un fattore importante per l’innovazione della difesa europea. Per loro la Commissione prevede di sostenere i cosiddetti “cluster” perchè offrono quella rete che promuove l’accesso al business , il trasferimento di tecnologie, e la nascita di partenariati.
L’industria aeronautica rappresenta circa il 50% della difesa e ha fatturato 46,7 miliardi nel 2010, il settore terrestre ha fatturato circa 30 miliardi e quello navale 17. In tutti i settori permane una frammentazione e conseguentemente una duplicazione con effetti di sbilanciamento sulla capacità globale di difesa, il cui costo è stato calcolato di circa 120 miliardi l’anno. Una conseguenza di questo processo di razionalizzazione economica sarà indubbiamente la diminuzione di forza lavoro nelle fabbriche. La Commissione europea intende far fronte alla nuova situazione utilizzando i Fondi strutturali per sostenere le regioni colpite, e aiutare i lavoratori colpiti dai licenziamenti. E’già accaduto negli anni novanta che l’Europa abbia promosso progetti di riconversione economica che però, soprattutto in Italia, non hanno ottenuto i risultati sperati per mancanza di una vera volontà industriale e politica.
Altro aspetto importante è la concorrenza con le grandi imprese statunitensi. I colossi americani stanno cercando di trovare opportunità in tutto il mondo dato che i bilanci della difesa americana hanno raggiunto livelli insostenibili, e dunque sono suscettibili di tagli.
La domanda è se le loro azioni, compreso il boicottaggio di diversi prodotti europei, si risolvono aumentando la competitività sui mercati o mirano alla distruzione dei mercati europei. Quale che sia la prospettiva più realistica, l’Europa a questo punto deve fungere da raccolta fondi e da sponsor per i progetti europei scelti sulla base di esigenze condivise.

Sarà difficile che gli stati diminuiranno il loro peso nelle scelte delle proprie industrie anche se, dopo il fallimento della fusione di EADS-BAE, i governi di Berlino, Parigi e Madrid, hanno poi rinunciato a diritti speciali di veto sulle decisioni della società, .Più che a fusioni fra aziende, in Europa si è assistito all’unione di forze su programmi sia terrestri che navali, aeronautici e spaziali. Il caccia Eurofighter e le fregate FREMM sono stati esempi riusciti, tuttavia programmi come l’F-35 o lo scudo missilistico della NATO dotato di missili SM/2 e SM/3, costituiscono una operazione di drenaggio finanziario e tecnologico a favore delle industrie statunitensi. Anche se per alcuni settori le esportazioni riescono a compensare la mancanza di investimenti, gli stati maggiori come Germania, Francia, Regno Unito, Italia, Spagna e Svezia (paesi dove è concentrata l’87% della produzione), dovrebbero sfruttare il duplice uso della ricerca e rafforzare l’innovazione. L’aiuto della Commissione, che intende promuovere programmi attraverso il “settore alleanze di competenze e conoscenze”, diventa fondamentale. Sono previsti appalti per rilevamento CBRN (eventi Chimici-Biologici-Radiologici-Nucleari) e sistemi di comunicazione militare basati su radio definite via software.
Un capitolo riguarda il gruppo di esperti degli stati membri che dovrebbero sviluppare l’applicazione di energie rinnovabili per le infrastrutture di uso militare e i carburanti, e dare un particolare sostegno al progetto GO GREEN delle forze armate sull’uso dell’energia fotovoltaica. Altri programmi potrebbero riguardare i velivoli UAV, elicotteri Csar, pattugliatori navali, ibridi ruotati protetti, protezione reti e telecomunicazioni.
Le decisioni sugli investimenti e le capacità per la sicurezza e la difesa dovrebbero in ogni caso essere basati sulla comprensione comune delle minacce e degli interessi.
E’ evidente che la volontà di costruire una difesa europea forte mira non solo alla razionalizzazione delle spese in funzione di una sua maggiore capacità di intervento, ma al controllo nell’area del Mediterraneo.
http://ec.europa.eu/enterprise/sectors/defence/files/communication_defence_en.pdf

Nel 2012 l’Italia ha presentato il progetto congiunto dei Ministeri della difesa e degli affari esteri ai partner europei “More Europe - Spending and arranging better to shoulder increased responsibilities for International peace and security” in cui si afferma che l’UE, senza creare duplicazioni con la NATO, può intervenire facilitando l’integrazione fra attori civili e militari
del tipo previsto nel trattato di Lisbona, in conformità con il livello di ambizione dell'Unione europea. Un esempio di approccio civile-militare è l’attività dell'Unione europea nel Corno d'Africa. Si conferma la comunanza di valori e di interessi tra Europa e Nord America, sancita dall’Alleanza Atlantica, che dovrebbe andare al di là di una mera divisione dei compiti.
Più Europa e più dall'Europa dunque, non per sostituire la NATO, ma per rafforzare la cooperazione euro-atlantica e la solidarietà all’altezza del XXI secolo.
Gli Stati membri dovrebbero superare le riserve nazionali ed essere pronti ad accordi di reciproca interdipendenza visto che nel 2012, per la prima volta, la spesa per la difesa complessiva europea sarà inferiore quello asiatica, dato che riflette la crescente importanza strategica dei paesi orientali e il peso relativamente basso dell'Europa. Una cooperazione più forte e più stretta tra i Membri dell'Unione Europea risponderebbe sia ai motivi di bilancio sia alle motivazioni strategiche. Dal momento che la tradizionale distinzione tra la dimensione interna ed esterna della sicurezza sta svanendo, si dovrebbe evitare qualsiasi approccio strettamente settoriale per non influenzare la qualità e la velocità della risposta globale alle minacce alla sicurezza o ai rischi, indipendentemente dalla loro origine specifica, all'interno o al di fuori dei propri confini. Si dovrebbe guardare alle sfide globali di oggi nel quadro di una "diplomazia anticipatoria” che dovrebbe permetterei di capire meglio e anticipare le sottostanti vulnerabilità e le minacce prima che diventino evidenti.
Il settore della difesa potrebbe essere un elemento chiave per migliorare l’economica europea in quanto orientata da una comunità tecnologicamente avanzata.
http://www.difesa.it/Primo_Piano/Documents/2013/More%20Europe%20final.pdf

La ridondanza del linguaggio italiano fornisce un elemento in più alla strategia militare ispirata al concetto della “prevenzione attiva”. Ecco che accanto al controllo preventivo si inserisce la diplomazia anticipatoria che non è altro che uno strumento militare per difendere interessi particolari. Ma ormai siamo abituati a sentire parlare di forze armate il cui compito è garantire la pace e la sicurezza mediante la dissuasione, e le operazioni di guerra sono chiamate missioni di pace.

Nell’audizione del Capo di Stato Maggiore della Difesa presso le Commissioni Affari Esteri, Emigrazione, Difesa e Politiche dell'Unione Europea del Senato, l’approccio italiano alla difesa e sicurezza europea diventa più chiaro:
“Gli Americani vengono oggi a chiedere all’Europa, o meglio agli alleati europei, un contributo maggiore e più qualificato al comune sforzo di stabilizzazione internazionale della NATO. Dunque “More Europe for a better NATO”, perché un’Europa più forte è un “valore
aggiunto” anche per l’Alleanza Atlantica”.
http://www.difesa.it/SMD_/CaSMD/audizioni/Pagine/AudizioneCSMDCommissioniSenato.aspx

Drone Tanaris

Il 26 Settembre 2013 presso la Commissione Difesa si è svolta “nell'ambito di una indagine conoscitiva sui sistemi d'arma destinati alla difesa in vista del Consiglio europeo di dicembre 2013”, l'audizione di rappresentanti di Finmeccanica.
http://webtv.camera.it/evento/4064

E’ interessante soffermarsi sul linguaggio usato da Alessandro Pansa, amministratore delegato di Finmeccanica, per presentare una azienda che produce e sviluppa sistemi d’arma il cui valore d’uso si realizza soltanto nel suo consumo, ovvero durante una guerra o un conflitto.
Parole come “armi” o “tecnologie militari” sono state impiegate pochissimo, se non addirittura negate dalla spiegazione che non esiste più una differenza fra tecnologia militare e civile.
Oggi bisogna parlare di tecnologia duale e Finmeccanica è fra le maggiori industrie italiane che sviluppano tecnologie duali. Usando questo argomento, Finmeccanica tenta di inserirsi in quel sistema di valori ampiamente accettati da una società che ha fatto di internet e dei cellulari una appendice del corpo. Tuttavia, quando Pansa parla dei settori in cui si concentra lo sviluppo duale, fa riferimento solo alla Selex, Alenia e Agusta, escludendo i settori strategici come energia e trasporti. Parrebbe che ''energia e trasporti abbiano paradigmi tecnologici che quasi nulla hanno a che vedere'' con quelli degli altri settori, a differenza invece delle telecomunicazioni ''che in questo si collegano''.
Curiosamente i settori energia e trasporti sono quelli che Finmeccanica vorrebbe cedere per rientrare dal grande debito accumulato, e viceversa concentrare i propri investimenti e quelli dello Stato, nei settori in cui svolgere la propria leadership. Pansa invita l'Unione europea a identificare ''3 o 4 programmi tecnologici comuni sui quali costruire una base tecnologica fondamento della gestione integrata e comune delle forze armate''. Se non è voglia di militare, cos’è?
Eppure è proprio della ricerca e sviluppo nel campo energetico e dei trasporti che l’Italia avrebbe bisogno, e se ''il futuro di Finmeccanica passa attraverso un rapporto chiaro della politica con l'industria verso una strada comune per favorire gli investimenti necessari per consentire una migliore crescita del Paese'', allora questi settori dovrebbero essere considerati essenziali più di quelli militari.

Per finire, che significato dare alla narrazione che la gestione e lo sviluppo delle tecnologie nel mondo della difesa hanno un effetto moltiplicatore sul Pil che non ha eguali negli altri settori?

In realtà, bisogna ripetere, la maggior parte del denaro speso sul militare va al capitale, differentemente da ciò che accade negli altri tipi di lavoro. Secondo il Center for International Policy solo l’1,5% del prezzo di un F-35 viene usato per pagare il costo del lavoro coinvolto nella produzione, fabbricazione e montaggio presso Fort Worth, mentre l’85% va alle spese generali. http://www.peacelink.it/disarmo/a/36506.html

E’ da ricordare che “Ovviamente il controllo delle esportazioni dei beni a duplice uso non può essere trattato come un qualunque altro settore commerciale. Questo controllo rende necessario combinare ed equilibrare le misure a favore della sicurezza e della non proliferazione con la necessità di sostenere la competitività dell'industria dell'UE”.
http://www.mincomes.it/dualuse/dualuse_2011/Green_paper.pdf

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