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I dati dell'Ufficio parlamentare di bilancio confermano le perplessità dei pacifisti

L'aumento delle spese militari è un suicidio finanziario

Aumentare le spese per la difesa fino al 2% del Pil, come richiesto dalla NATO, farebbe salire il debito pubblico italiano oltre il 137% nel 2028. Nessun effetto moltiplicatore economico: ogni euro speso per la guerra rende meno di quello che toglie. Una perdita secca per la collettività.
22 aprile 2025
Redazione PeaceLink

L’Ufficio parlamentare di bilancio – un organo indipendente che analizza l’impatto delle politiche pubbliche – ha fatto chiarezza: aumentare le spese per la difesa fino al 2% del Pil, come richiesto dalla NATO, farebbe salire il debito pubblico italiano fino al 137,3% nel 2028. E negli anni successivi andrebbe anche peggio.

Questo aumento del debito è dovuto alla maggiore spesa militare cumulata (circa 101 miliardi di euro nel quadriennio 2025-2028), ai maggiori interessi sul debito (circa 12 miliardi nel periodo 2025-2031)

Altro che “investimento nel futuro”: è un suicidio finanziario mascherato da patriottismo. difesa europea

L'aumento al 2% del PIL della spesa militare comporterebbe un incremento del debito pubblico italiano, che potrebbe ritardare il processo di riduzione del debito.

Inoltre, se l’Unione Europea attiverà la clausola di salvaguardia per favorire la spesa militare, l’Italia rischia di restare intrappolata nella procedura per deficit eccessivo. In parole semplici? Meno margine per investire in sanità, istruzione, ambiente, cultura. E più vincoli per i bilanci pubblici locali e per i diritti sociali.

Anche il presunto “moltiplicatore” degli investimenti militari – ovvero il ritorno economico generato da ogni euro speso – è una favola: il ministro Crosetto parla di un effetto triplo, ma i dati dicono che non si arriva nemmeno a 1. Tradotto: ogni euro speso per la guerra rende meno di quello che toglie. Una perdita secca per la collettività. Ma vediamo nel dettaglio i dati.


Che cosa dice il documento sulla spesa per la difesa?

  1. Quanto spendiamo oggi per la difesa

    • Nel 2023, l’Italia ha speso circa l’1,2% del PIL per la difesa, secondo una classificazione usata a livello internazionale (COFOG).

    • Per il 2024, secondo i criteri della NATO, la spesa arriva all’1,5% del PIL.

  2. Cosa succede se questa spesa aumenta nei prossimi anni

    • Se si aumenta gradualmente la spesa militare, il debito pubblico crescerà.

    • In uno scenario di spesa "contenuta", il debito potrebbe arrivare al 137,3% del PIL nel 2028.

    • Se invece si sfrutta al massimo la flessibilità concessa dai vincoli europei (cioè si spende di più per la difesa), il debito salirebbe al 137,7% del PIL nel 2028.

  3. Cosa succede dopo il 2028

    • Se si continua a spendere molto per la difesa, dopo il 2031 il rapporto debito/PIL tornerebbe a salire, quindi l'Italia si indebiterebbe di più rispetto alla ricchezza prodotta.

  4. Spendere di più per la difesa fa bene all’economia?

    • Dipende da come vengono spesi quei soldi. Se servono davvero a far lavorare aziende italiane e ad attivare l’economia interna, ci può essere un certo effetto.

    • Tuttavia secondo le stime questo effetto sarà debole e inferiore rispetto all'investimento: il cosiddetto "moltiplicatore" è sotto l’unità, cioè per ogni euro speso non si genera nemmeno un euro di crescita economica.


In sintesi

  • L’Italia sta aumentando la spesa per la difesa.

  • Questo rischia di far crescere ancora di più il debito pubblico.

  • I benefici economici saranno inferiori rispetto ai costi di investimento.

  • Nel lungo periodo la situazione del debito potrebbe peggiorare.


Ma perché allora questo furore riarmista? Perché le lobby dell’industria bellica – ben inserite nei palazzi del potere – contano su un’opinione pubblica stordita e su media sempre più militarizzati. Perché è più facile brandire il nemico esterno che affrontare i veri nemici della nostra epoca: diseguaglianze, cambiamento climatico, povertà educativa, crisi ambientale.

Il pacifismo oggi è più necessario che mai. Non solo per un imperativo morale – quello di non uccidere – ma per una ragione politica e sociale: le armi tolgono futuro. Ogni euro speso per un caccia è un euro tolto alla transizione ecologica. Ogni carro armato in più è una scuola in meno.

Siamo ancora in tempo per cambiare strada. 

Note: Proiezioni sull’incremento della spesa per la difesa

Attualmente, la spesa per la difesa dell’Italia si attesta all’1,2 per cento del PIL nel 2023 secondo la classificazione COFOG, e all’1,5 per cento nel 2024 secondo quella NATO. Le simulazioni dell’UPB stimano un aumento del debito di 0,7 punti percentuali fino al 137,3 del PIL nel 2028 con un utilizzo parziale (0,25 punti percentuali di PIL nel 2025 e 0,5 nel triennio 2026-28) della flessibilità; con un aumento graduale della spesa fino alla massima flessibilità consentita, pari a 1,5 per cento nel 2028, il debito salirebbe a 137,7 per cento e porterebbe a un peggioramento della dinamica negli anni successivi, con il rapporto debito/PIL che tornerebbe a crescere dopo il 2031. L’impatto economico positivo di questi aumenti di spesa dipende dalla composizione della spesa stessa e dal grado di attivazione della domanda interna, ma il moltiplicatore di tali interventi è stimato inferiore all’unità.
Fonte: https://www.upbilancio.it/audizione-dellupb-sul-documento-di-finanza-pubblica-2025/

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