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Chi troppo vola... non si ambienta

L'8 ottobre scorso è partita a Londra la campagna contro il dilagare di questo mezzo di trasporto, causa da solo del 6% dell'effetto serra totale (e si prevede di arrivare all'8-10% nel 2025) nonché di un pesante inquinamento atmosferico e acustico.
14 ottobre 2004
Marinella Correggia
Fonte: www.ilmanifesto.it
14.10.04

aereo sulla pista di rullaggio Voli aerei e aeroporti si espandono e gli ambientalisti britannici se ne preoccupano assai. L'8 ottobre scorso è partita a Londra la campagna contro il dilagare di questo mezzo di trasporto, causa da solo del 6% dell'effetto serra totale (e si prevede di arrivare all'8-10% nel 2025) nonché di un pesante inquinamento atmosferico e acustico. L'iniziativa vede schierati Friends of the Earth, Greenpeace, People and the Planet, Rising Tide, Transport 2000 e gruppi di protesta locale come Hacan Clearskies e l'Airport No-Expansion di Swansea. Queste organizzazioni, leggiamo su www.transport2000.org, hanno annunciato una protesta in tutto il paese, se il governo continuerà a sostenere il traffico aereo e l'apertura o l'ampliamento degli aeroporti esistenti. La sensibilizzazione intende coinvolgere gruppi e cittadini in tutto il paese, proponendo campagne locali e azioni dirette nonviolente.

La riflessione sul troppo volare non è nemmeno iniziata in Italia, mentre va avanti da anni in Gran Bretagna e altri paesi nordici. Nel 2000 partiva la campagna di Friends of the Earth «Giusto prezzo per il trasporto aereo» che sottolineava l'ingiusto privilegio goduto dagli aerei grazie all'assenza di qualsivoglia tassa sul kerosene. Da allora in sede internazionale non è stato preso alcun provvedimento, malgrado gli allarmi degli esperti dell'Ipcc (Intergovernmental Panel on Climate Change) dell'Onu e i tentativi della Commissione europea di applicare forme di tassazione.
Nel dicembre scorso il governo Blair ha pubblicato l'Aviation White Paper, Libro bianco sull'aviazione (civile). Fra le sue previsioni, una quasi triplicazione dei passeggeri volanti nei prossimi trent'anni, dunque la messa in cantiere di nuove piste e nuovi scali. Gli ambientalisti sfidano il primo ministro a rispettare le sue promesse di lotta contro il riscaldamento globale del pianeta. Spiega Stephen Joseph, direttore di Transport 2000: «Un sistema sostenibile di trasporti non può prevedere un aumento degli aeroporti e dei voli. Il governo dovrebbe concentrare i propri sforzi nel fornire al paese un sistema di ottimi treni e bus e promuovere la sostituzione dei voli su brevi e medie distanze con treni veloci. Non si può continuare a foraggiare pubblicamente l'aviazione civile con gli enormi sgravi fiscali di cui gode oggi». Gli organizzatori della campagna prevedono un numero elevato di adesioni, soprattutto da parte delle ormai molte comunità afflitte dal traffico aereo.

La situazione internazionale dei voli aerei è di quelle a circolo vizioso. Infatti, in assenza di accordi europei o mondiali per una carbon tax (tassa ambientale, applicata finora solo in Norvegia sui voli interni) o per altre forme disincentivanti, è ovvio che i bassi prezzi fanno lievitare la domanda e quest'ultima reca con sè più voli e più aeroporti. Anche perché non sono pochi a fare come quella deputata verde tedesca che, dopo un veemente intervento sull'insostenibilità del volare, fu pizzicata in aeroporto a imbarcarsi sul volo per una vicina città (l'alternativa erano tre ore e mezza di treno).

Anche gli affollati incontri planetari ambientalisti e altermondialisti hanno come ricaduta da tutti trascurata i voli, tanti voli; forse l'argomento verrà fuori al prossimo European Social Forum, proprio a Londra.
Qualcuno se ne accorse anche a Johannesburg (vertice mondiale sull'ambiente, estate 2002) e provò a calcolare l'inquinamento climatico provocato dalle decine di migliaia di partecipanti. Chi vuole misurare l'impatto pro capite in termini di Co2 di un determinato tragitto aereo può andare sul sito www.chooseclimate.org. Per scoprire che con un viaggio Roma-Jakarta e ritorno, ad esempio, si esaurirebbe la quota sostenibile totale di emissioni annue (compreso il cibo, gli altri trasporti e l'energia domestica) a cui ciascun umano del pianeta avrebbe diritto se il mondo fosse «socialmente ed ecologicamente giusto». Ovviamente, i poveri non volano mai, lasciando il posto ai privilegiati.

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