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Il nuovo rapporto annuale dello State of the World

La sicurezza del mondo dipende dall’ambiente

10 gennaio 2005
Lucio Biancatelli

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Il terrorismo e le guerre stanno spostando l’attenzione del mondo dalle vere cause di instabilità. È la sicurezza degli ecosistemi la chiave per garantire un futuro all’umanità, ma ciò potrà avvenire solo se politica ed economia metteranno finalmente «in conto» la natura. È dedicato ai temi della sicurezza planetaria e dell’instabilità ecologica, sociale ed economica l’edizione 2005 dello State of the World (dal titolo «Redefining Global Security»), l’annuale rapporto pubblicato dal Worldwatch Institute americano sulla salute del Pianeta, redatto da un equipe di studiosi dello sviluppo sostenibile. Il rapporto è in uscita negli USA il 12 gennaio, ma alcuni elementi sono già disponibili sul web.

Il terrorismo viene letto, dagli esperti del prestigioso istituto americano che dal 1984 sforna dettagliati rapporti, come sintomo di un’insicurezza globale, spesso effetto perverso della drammatica interazione tra povertà, degrado ambientale e diffusione delle malattie. Quelli che i curatori del rapporto chiamano i «problemi senza passaporto» generano e alimentano le condizioni in cui l’instabilità, la guerra e gli estremismi politici prosperano. Tutto ciò sta conducendo il mondo in una spirale pericolosa in cui il tessuto connettivo delle nazioni è compromesso, la capacità di «governo politico» delle crisi è ormai nulla e si sviluppa la radicalizzazione. «Affrontare queste sfide - scrivono gli esperti del Worldwatch - richiede una strategia che dia risalto ai programmi di prevenzione, piuttosto che risposte di tipo militare».

Uno dei maggiori elementi di instabilità politica e sociale è rappresentato dal petrolio, o meglio dal massiccio uso di questo combustibile fossile come fonte primaria di produzione di energia. Altri temi affrontati e approfonditi nell’edizione 2005 dello State of the World sono quelli della crisi idrica e alimentare, delle epidemie e della disoccupazione giovanile.
Petrolio. La forte dipendenza dal petrolio comporta costi e rischi enormi. Alimenta le rivalità geopolitiche, le guerre civili e le violazioni dei diritti umani. La sicurezza economica delle nazioni che offrono e acquistano petrolio è compromessa dalle oscillazioni del prezzo e dalle stesse opportunità di rifornimento. E il ruolo del petrolio nell’insidiare la stabilità climatica - l’utilizzo di combustibili fossili è la prima causa di emissioni di anidride carbonica che causa l’effetto serra - rappresenta una grave minaccia per la sicurezza dell’umanità, si legge nel rapporto.

Acqua. Nonostante accordi di cooperazione tra Paesi contigui, all’interno dei singoli Stati la scarsità d’acqua sta alimentando i conflitti. 434 milioni di persone oggi affrontano nel mondo la scarsità d’acqua. L’accesso insufficiente all’acqua è una causa importante di morte soprattutto nelle aree rurali, perché costringe i coltivatori ad abbandonare i loro campi.

Cibo. Oggi sulla Terra quasi due miliardi di persone soffrono la fame. La sicurezza alimentare è insidiata spesso dai fattori quali la disponibilità d’acqua, la proprietà fondiaria e l’accesso alle risorse, la povertà e il degrado ambientale. Ciò che costituisce un ostacolo ad una maggiore sicurezza alimentare sono i cambiamenti climatici, la perdita della biodiversità e l’aumento delle malattie.

Epidemie. Parecchie malattie stanno tornando a costituire una minaccia o hanno accresciuto la loro diffusione geografica e molti nuovi virus sono stati identificati durante le ultime tre decadi. Oggi dai 34 ai 46 milioni di persone sono infettate dall’Hiv, soprattutto nei paesi meno sviluppati. Oggi in Africa l’Aids sta falcidiando tutta la generazione di mezzo, i giovani dai 15 ai 40 anni, e dunque la fascia produttiva della società. Ogni giorno 6.000 africani muoiono di Aids.
Disoccupazione giovanile. Più di 100 paesi in via di sviluppo nel mondo stanno avvertendo oggi la «youth bulge», l’aumento incontrollato della fascia giovanile: una situazione nella quale le popolazioni di 15 - 29 anni rappresentano più del 40% di tutti gli adulti. Ma le opportunità economiche sono particolarmente limitate in Medio Oriente ed in Africa sub-Sahariana, in cui il 21-26% dei giovani sono disoccupati. Nel mondo più di 200 milioni di giovani sono senza lavoro o non guadagnano abbastanza per sostenere una famiglia e, sottolinea il rapporto, «possono essere una forza destabilizzante se il loro scontento li spinge al crimine o nelle insurrezioni o nei gruppi che si alleano con quelli estremisti».

Lo State of the World fu pubblicato per la prima volta nel 1984. Ebbe subito un notevole successo di vendita e di traduzioni. Oggi questo rapporto, scritto in maniera chiara ed avvincente e basato sui migliori dati scientifici a disposizione, è tradotto ogni anno in oltre 30 lingue (dal cinese all’arabo, dal rumeno al persiano, dal russo all’indi) e costituisce la fonte più autorevole per chi voglia approfondire i temi dello sviluppo sostenibile nella loro complessità - dalla perdita di biodiversità ai cambiamenti climatici, dall’inquinamento chimico alle epidemie fino al problema demografico (nel 2004 la popolazione mondiale è cresciuta di 76 milioni di persone). Principale artefice è il fondatore del Worldwatch Institute, Lester Brown, definito dal Washington Post uno dei più influenti pensatori del nostro tempo. Brown ha fondato nel 2001 l’Earth Policy Institute, che si occupa in particolare di dimostrare la praticabilità di un’economia ecologica nelle odierne società dominate ancora dal mito della crescita economica.

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