Sanzioni alla Russia: efficaci o solo chiacchiere?
Nel febbraio 2022, il mondo ha assistito con orrore all'invasione dell'Ucraina da parte della Russia. Una delle risposte immediate dell'Occidente è stata quella di imporre drastiche sanzioni economiche alla Russia, con l'obiettivo di colpire la sua economia e costringere Putin a ritirare le sue truppe. Tra le misure più eclatanti proposte vi era il taglio dei collegamenti bancari con la Russia, un colpo che si pensava avrebbe avuto un impatto devastante sul sistema finanziario del paese.
Tuttavia, a più di un anno di distanza, un'analisi del Financial Times rivela una realtà ben diversa. Le sette principali banche europee che operavano in Russia - Raiffeisen Bank International, Unicredit, Ing, Commerzbank, Deutsche Bank, OTP e Intesa Sanpaolo - hanno registrato un profitto combinato di oltre 3 miliardi di euro nel 2023. Una cifra tripla rispetto a quanto guadagnato nel 2021.
Questi dati mettono in seria discussione l'efficacia delle sanzioni imposte alla Russia perché non sembrano aver raggiunto l'obiettivo di paralizzare il sistema finanziario del paese e costringere Putin a cambiare rotta.
La ragguardevole crescita dei profitti delle banche europee in Russia solleva grandi interrogativi sull'approccio adottato finora e anche sulla retorica dell'ex primo ministro Draghi a proposito di sanzioni ("ci chiediamo se il prezzo del gas possa essere scambiato con la pace") e di vittoria dell'Ucraina in guerra.
La Nato manderà una letterina alle banche europee? E Draghi scriverà un articoletto di analisi critica sugli errori del suo operato?
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