Vita e violenza (aprile 2003)

Non si puo' vivere in un mondo che uccide

Io sono un seimiliardesimo dell'umanita'. Rispondo solo di questo seimiliardesimo.
10 aprile 2003

La guerra arruola tutti, disperati e rassegnati: venite a servire la morte!
Restate nel vostro angolo, lasciatemi fare il mio lavoro di ammazzare!
Questo seimiliardesimo non vuole disperare e non vuole rassegnarsi.
Egli diserta l'uno e l'altro campo. Anche se non sapesse dove andare, il suo primo dovere e' disertare.

No alla disperazione. No alla rassegnazione.

Dite che non c'e' speranza? E io la cerco ugualmente! Dite che non c'e' altra realta' che questa? E io non accetto questa. Se voi ci morite dentro, io moriro' fuori da queste mura.

Forse i miei occhi faranno in tempo a scorgere altri orizzonti. Forse altri cammineranno piu' avanti di me, su quella via, su cui del resto vedo che tanti altri, molto migliori e piu' forti di me, si sono da tempo incamminati.

Una verita' ha colpito il mio sguardo. Non una verita' intellettuale, non una verita' di fede, non una verita' di parte, non una ideologia (come dicono per diffamarla), ma una verita' biologica, prima e vitale come la nascita, come il respiro, come il mistero dell'esistenza. Una verita' umile e misteriosa, che abbiamo in comune anche con gli animali senza altra parola che gli occhi, e con le piante silenziose e ferme, che bevono dalla terra e respirano col vento.

Da bambino ho visto uccidere prima di veder morire. Prima di vedere spegnersi il respiro dei miei vecchi, nella casa raccolta attorno al loro letto, ho visto uccidere, sulla piazza del paese per loro sconosciuto e straniero, tre uomini prigionieri, inermi, accerchiati, in potere altrui.
Ora erano vivi, camminavano spaventati, in mano ai padroni della loro vita, ora tornavano come sacchi bucati, perdenti sangue, gettati su un carretto trainato da un asino a capo chino, piu' pietoso degli umani. Non uccisi in combattimento, nella spietata maledetta necessita' di guerra, ma nei postumi della guerra, infetti di odio e di vendetta. Non colpevoli provati di qualche atrocita' o colpa personale, ma colpevoli soltanto di far parte del gruppo nemico. Uccisi per quella facilita' ad uccidere, che la guerra, fosse pure la piu' giustificabile come fu la Resistenza armata contro il nazifascismo, induce in persone normali, trasformate facilmente in strumenti in balia di un superiore meccanismo omicida.

Quella verita' e': non uccidere. Io l'ho imparata quel giorno, da quei tre uccisi. A me tocca stare attaccato a quella verita', ripeterla come eco del suono continuo del fiume accidentato della vita.

Note: [Enrico Peyretti (per contatti: peyretti@tiscali.it ). Tra le sue opere: (a
cura di), Al di la' del "non uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei
giorni, Servitium, Sotto il Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella,
Assisi 1998; Per perdere la guerra, Beppe Grande, Torino 1999]
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