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29 marzo 2003

gerani e rose azzurre

Autore: maria antonietta carta
Fonte: 29.03.2003

Gerani e rose azzurre

Nei centri alimenteremo la più cinica prostituzione.
Massacreremo le rivolte logiche.
Nei paesi impepati e infradiciati!
Al servizio dei più mostruosi sfruttamenti industriali o militari.
(Rimbaud)

Spronati dalle Furie, aizzati dal ringhio infernale
di maladetti demoni sguaiati, i nuovi barbari
si slanciarono al galoppo per consumare il mondo.

Il sole luceva caldo nel cielo pulito di un chiaro giorno d’estate.
O, forse, era un rosseggiante tramonto autunnale.
O una alba d’aprile.
O anche una notte invernale.
Oun santo Natale di fiori accesi con il sangue nero chiamato anche oro da chi ci guadagna di più.

O era tutto questo quel giorno. Quel giorno che poi impazzì. E poi ammutì.

Come sono assurde le guerre
quando escono dai libri tutti belli illustrati
o dall’ ultimo film di eroi in botteghino
e si mettono a invadere i cuori.

A uccidere i corpi e le menti
Soprattutto dei più innocenti
che non sanno neppure lamentarsi
gridare, insultare, protestare.

Troppo indifesi. Troppo stanchi.
Troppa sete troppa fame.
Troppa spaventata rassegnazione.

Si mise a pensare Rosa, camminando confusa tra belve che non sapeva, con in braccio suo figlio.
Suo figlio ignaro.
E innocente.
Un’ innocenza che stava per essere dilaniata da assassini che non sapevano più ascoltare la pietà, che esalando dispregio, cancellando speranze, gettavano ombre livide sulla terra incendiata dall’odio. Sgherri imbecilli che avanzavano arroganti, o incoscienti, o impauriti. Volti di morti, labbra di ghiaccio. Poveri aguzzini servi dell’obbrobrio, che per guadagnarsi il pane o per passione o per realizzarsi un poco uccidono. Anche pregando Iddio.

Fedi empie, alibi blasfemi. Stendardi e croci sbandierate dalle inesauste tenebre del mondo.
Le cieche controluce avide di sangue.

Nella notte, si scatenó l'inferno e Rosa, che vegliando cantava, udì la sua canzone mischiarsi al ghigno della morte che sbranava la vita.. Suo figlio tremò, diventò rigido e pianse, sentendo sibilare la follia.
- Non piangere, mio tesoro. Oggi è festa.- Gli disse Rosa. E rideva stringendoselo al cuore.
- Non mi piacciono le feste.- Rispose il piccolino, che si mise a gridare con le mani rivolte verso il cielo:

Dio, Dio!
Non voglio morire!
Non farmi morire
o mio Dio! "

Guerra

La velenosa dalle mani adunche
Entra dalle porte aperte
si insinua sotto quelle sbarrate
intorbidisce la terra il cielo e i cuori.

Il tamerisco perde la sua chioma!
L’acero perde il suo fogliame.
La quercia e il terebinto
inceneriscono al suo passaggio.

Al passaggio del demone tremendo.
L’ orrido demone infuocato.
Il demone inesorabile che si disseta
con le torbide acque dell’ angoscia.

Nessuna differenza
tra Giove e me!
conclamerà sempre
con occhi maligni Licaone.
l’Oscuro Peccato.

Guerra

Madri denudate dal dolore per i figli martoriati e figli da scrollare per cercare di strapparli all’accidia che spegne le anime perché i volti degli offesi possono diventare più duri di quelli dei malvaggi. E donne che hanno per rivali le trincee, le bombe intelligenti ed i cannoni. E la Santa Borsa che deve funzionare. E la desolazione delle coscienze da gratificare con qualche elemosina e tante cose da accumulare. E terre profanate per diventare le patumiere dei ricchi. E per i derelitti del mondo embarghi assassini che non comprendono certo le armi.
Guerra

Occhi vuoti. Orecchie sorde. La voce sigillata. Mani che non possono più accarezzare. Il respiro che fa male.

Guerra

Sangue putrefatto veleno oltraggioso.
Umiliazione.

Guerra

Sofferenza disgustosa molesta tediosa esagerata.
Persino banale.

Grazie!

O Signore Misericordioso
Pietoso Generoso
per avere risparmiato
proprio me.

é l’assurdo conforto che allevia l’ambascia degli arresi e dei buoni, quando la verità e la dignità vengono uccise dalla frode e dal tradimento e dalla insaziabile avidità insensibile.

- Chi può dirmi com’è quel bene che chiamano vita? - Si chiese Rosa in quella notte cattiva.

All'alba, tanto disperata da non soffrire più. piantò i gerani alle finestre e si inventò una canzone bugiarda e disperata:

Da oggi, vedrò dolci prati fioriti
sulla mia terra avvelenata dal male.

Da oggi, sorriderò all'aria infuocata
chiamandola dolce carezza.

Da oggi, coltiverò rose azzurre
e sarò davvero contenta.

A chi senza voce attraversa la guerra
Maria antonietta carta

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