Kimbau

Le storie di chi mi chiede ospitalità

Ho aperto la mia porta

La prima è stata Rose-Bisewo che una notte di 8 anni fa ha bussato alla mia porta perché non aveva un posto dove dormire. E da allora la mia famiglia africana è cresciuta.
21 novembre 2005
Chiara Castellani

Quando la sera torno a casa per dormire, spesso spossata dopo una giornata di lavoro in ospedale, tutta la mia famiglia africana dorme già da tempo. Rose-Bisewo con il piccolo Firmin al seno, Kumba e Jeanne, le ragazze che studiano al liceo, il giovanissimo Matuka, genio e sregolatezza in un metro di statura. E Michel, il mio "petit Michel", che spesso scovo nel mio letto scaldandomelo più di quanto era già troppo caldo in questa lunga stagione delle piogge, e aggiungendo un po' di terra bagnata del giardino alle lenzuola ex-pulite. Petit Michel che alle volte devo spingere di lato perché si mette di traverso e occupa tutto il posto, o si mette con i piedi al posto della testa o a cavalcioni della zanzariera, così ci becchiamo insieme la malaria... Petit Michel che per primo mi ha chiamato nonna, dopo che Bisewo per prima mi aveva chiamata mamma, "stregandomi", nel 1997.

Quando mi chiedono "chi è Matuka, da dove viene?" io rispondo che "non lo so".

E' successo così anche con Bisewo, lei è stata solo la prima che mi ha fatto aprire la porta di casa di notte a uno sconosciuto nel bisogno: e ora che la porta è aperta, ormai non la chiudo più, mi limito ad accostarla per lasciare fuori il vento e le capre, non vedo più la necessità di chiudermi a chiave e non solo perché Michel ha perduto le chiavi da più di due anni...

"Dove dormo di solito stasera non mi vogliono. Posso dormire qui da te?" "sei scappata di casa?" "non ho casa, non ho mamma, non ho papà, non ho più nessuno, dormo con la moglie di Kimbuta ma lei non mi vuole bene e non mi da niente da mangiare"

La guardo: infatti è magrolina, denutrita, con i piedi gonfi e due piaghe sotto il moccio al naso. Sporca, lacera in quello che scoprirò essere il suo solo vestito. Sono sola in casa, Marie è di guardia, c'è la guerra, io ho paura per me ma ora anche per lei: come chiuderle la porta in faccia in questa notte di pioggia e di solitudine? Certo allora non sapevo che non chiudendo la porta a lei l'avrei aperta anche a sua sorella Ikiese con il piccolo Ilenda paralizzato da una spina bifida congenita, Ilenda anche lui senza padre come sua madre, come Bisewo, come Michel anche se suo padre sanno tutti chi è, Ilenda e Ikiese che poi un giorno sono andati via per sempre dall'altro lato del fiume, nel Kwilu, perché Ikiese ha sposato un poligamo e che ne è stato di Ilenda che non cammina ma che con la fisiochinesiterapia e le ortesi avrebbe potuto imparare io non lo so più, anche Bisewo non lo sa più e abbiamo paura di chiederlo.

Ho aperto la porta a Matuka, con i suoi occhi da uomo e la sua taglia di bambino coperta dalla camicia di un adulto anche perché non possiede i pantaloni né le scarpe né i quaderni per andare a scuola, e però a scuola ci va lo stesso e anche se un giorno lo cacciano da scuola perché non ha pagato, il giorno dopo io scovo i soldi per la retta ma il giorno dopo ancora lo cacciano di nuovo perché ha rubato i mangos dal giardino delle suore, Matuka alla fine dell'anno dalla prima alla quinta rimane sempre il primo della classe.

Ho aperto la porta a Sylvie la scolaretta diligente ma complice delle "scappatelle" notturne di Bisewo, finché però un giorno ne ha avuto abbastanza che io la interrogassi e Bisewo l'obbligasse a mentire, ed è andata via per sempre, abbandonando scuola e tutto, persino i suoi quaderni ordinatissimi e la divisa che le aveva ceduto Bisewo quando, gravida di Michel, l'hanno cacciata dalla scuola.

Certo non sapevo di aver aperto la porta anche a Patrick: quando Bisewo mi aveva chiesto "come nascono i bambini" aveva avuto le prime mestruazioni da un anno (come avrebbe potuto averle prima, denutrita com'era?) e sinceramente non pensavo che l'interesse per lei fosse già un vissuto concreto di bambina-donna di fronte al ragazzino Patrick che le faceva grandi promesse d'amore ma si voleva solo divertire. Lei sostiene di avermi parlato della sua amenorrea, ma da ginecologa con vent'anni di esperienza la mia risposta fu scientifica: "se non ha avuto rapporti con un uomo, alla tua età non ci sono problemi per le piccole irregolarità del ciclo". Scientifica ma non realista: e la ginecologa ha diagnosticato la gravidanza quando era già abbastanza avanzata da rendere perplessa la sua maestra: perché la gonnellina della divisa è diventata improvvisamente stretta, sono solo "i vermi" come sostiene Bisewo?

E così Bisewo ha dovuto lasciare nuovamente la scuola di cui era già stata privata durante l'infanzia, che inizialmente aveva rifiutato perché "sono troppo grande", ma che dopo un anno di precettorato che le aveva permesso di accedere direttamente in terza aveva frequentato con crescente entusiasmo, promossa a pieni voti dalla terza alla quarta, la gioia di imparare a leggere e scrivere.

E Bisewo rimarrà semianalfabeta, ma Michel no: sul breviario che lascio sul comodino accanto al mio letto (diventato, da quando è nato Firmin, il NOSTRO LETTO) Michel lascia da tempo le tracce di quelle penne biro che chiede a nonna di comprargli. Nonna gli compra anche i quaderni, ma a lui piace scrivere sui libri. Così ho dovuto salvare i Canti del leopardi e le Confessioni di Sant'Agostino, i due libri che facevano compagnia ai mie Vespri letti la notte con la lanterna a petrolio. Ora riesco appena a leggere i Vespri, intercalati dai suoi esercizi di scrittura. E scivolo nel letto già caldo e no, non mi da fastidio, quella piccola creatura calda nel mio letto.

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