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Gli USA continuano a mettere in pericolo Haiti.

Se queste elezioni andranno avanti,sarà come fare un balzo indietro ai tempi in cui gli Stati Uniti erano in grado di destabilizzare, rovesciare e rimpiazzare un governo eletto che non gli piaceva.
18 dicembre 2005
Marc Weisbrot (Mark Weisbrot, di professione economista, è condirettore del Center for Economic & Policy Research a Washington (www.cepr.net).)

La storia si ripete ad Haiti: la democrazia è stato spazzata via per la seconda volta in 15 anni.
Stranamente, c’è di diverso che stavolta sia stato fatto tutto in piena luce del giorno, con il sostegno della “comunità internazionale” e delle Nazioni Unite.

Il primo golpe contro il governo di Haiti, eletto democraticamente nel settembre del 1991, è stato condannato persino dall’amministrazione di George H.W. Bush.
Questo nonostante la CIA abbia finanziato i leader del golpe e- secondo uno dei fondatori delle squadre della morte che hanno assassinato migliaia di persone durante la dittatura militare dal 1991 al 1994- appoggiato addirittura la repressione.

Tutto questo è stato tenuto segreto, e la posizione ufficiale degli Stati Uniti e della maggioranza delle altre nazioni è stata quella di non considerare la dittatura legittima.

Ma nel febbraio del 2004, quando il presidente eletto democraticamente, Jean-Bertrand Aristide, è stato rimosso dalla sua carica per la seconda volta dai “reduci” della precedente dittatura – tra cui persone colpevoli di omicidi di massa e ex leader della squadra della morte -- questo è stato considerato solo come un legittimo “cambio di regime”.

Le nazioni appartenenti alla Comunità Caraibica hanno mostrato molto coraggio opponendosi tenacemente, come hanno fatto anche alcuni membri del Congresso degli Stati Uniti. Ma queste voci non erano abbastanza forti per poter influenzare il corso degli eventi.

Il problema consisteva nel: americana Agency for International Development e l’International Republican Institute (ramo internazionale del partito repubblicano) ha speso decine di milioni di dollari per organizzare una resistenza – anche se piccola numericamente – e per rendere Haiti ingovernabile per Aristide.
L’intero scenario fu sorprendentemente simile alla serie di eventi che hanno portato al golpe contro il presidente venezuelano Hugo Chavez nel aprile del 2002. Ne erano coinvolte le stesse organizzazione americane e la resistenza, come in Venezuela, controllava e utilizzava i mass media come mezzo di destabilizzazione. Inoltre, in ambedue i casi, i leader del golpe, legati a Washington, hanno annunciato al mondo che il presidente eletto si era “dimesso volontariamente” – per poi scoprirsi notizia non vera.

Washington aveva un arma in più contro il governo haitiano: approfittarsi dell’enorme povertà di Haiti e della sua dipendenza dagli aiuti straniere, bloccando gli aiuti internazionali al governo dall’estate del 2000 sino al golpe del 2004. Come economista, Jeffrey Sachs ha fatto notare che, tagliando i fondi, anche la Banca Mondiale dava il suo contributo alla destabilizzazione .

Ora, il governo del golpe, guidato da un non eletto primo ministro, Gérard Latortue, sta tentando di organizzare delle elezioni. Ma è una elezione che non sarà ritenuta legittima in nessuna nazione, anche in Iraq. Tutto è stato preparato in modo che il partito politico più grande della nazione, Fanmy Lavalas – che in qualsiasi momento prima del golpe avrebbe stravinto le elezioni nazionali -- non possa vincere. Molti dei leader dei partiti sono in prigione, in genere con accuse inventate o inesistenti, incluso il primo ministro costituzionale, Yvon Neptune, e padre Gérard Jean-Just, un prete cattolico e candidato alle presidenziali se non fosse in prigione. Jean-Just è stato dichiarato prigioniere di coscienza da Amnesty International. Altri leader rimangono nascosti o in esilio dato che gli omicidi di oppositori politici rientrano nella norma.

Alcuni testimoni hanno raccontato che, in un massacro accaduto ad agosto, la polizia haitiana è arrivata ad un partita di calcio e ha richiamato l’attenzione delle persone tra la folla, le quali sono state poi uccise a colpi di machete dai civili complici. Le truppe delle Nazioni Unite sono state implicate anche in atti di violenza; l’ONU ha promesso un’indagine al riguardo.

Il colpo di stato, con una commissione elettorale che non si preoccupa di essere imparziale, è anche pronto a privare del diritto di voto un largo numero di oppositori.
Ci sono stati circa un ventesimo in più di collegi per queste elezioni di quanti ce ne furono per le elezioni precedenti, e sono stati esclusi soprattutto gli elettori di Fanmi Lavalas. Secondo il portavoce del partito, il partito non ha candidato nessuno alle presidenziali, e molti dei suoi elettori boicotteranno le elezioni a meno che non vengano accettate le loro richieste: rilasciare i prigionieri politici e porre fine alle persecuzioni.

Le elezioni sono state posticipate tre volte, ora sono previste per il 27 dicembre.
Fissare la data due giorni dopo Natale aiuterà anche a ridurre il numero dei votanti.

Il mondo accetterà questa farsa delle elezioni? L’amministrazione Bush e i suoi alleati sembrano contare nel fatto che Haiti sia troppo povera e troppo nera e che quindi nessuno si preoccupi se la democrazia, la costituzione o i diritti umani vengono rispettati. Hanno persino accennato alla violenza da entrambi le parti, in modo da nascondere che a subire le violenze sono i sostenitori del governo destituito, per evitare che loro ritornino al potere tramite giuste elezioni.

Ma se queste elezioni andranno avanti senza il rilascio dei prigionieri politici e la reintroduzione della sicurezza e dei diritti fondamentali, non sarà solo una tragedia per Haiti. Sarà come fare un balzo indietro ai tempi in cui gli Stati Uniti erano in grado di destabilizzare, rovesciare e rimpiazzare un governo eletto che non gli piaceva. Sarà un grande passo indietro per la democrazia di questo emisfero.

Questo articolo è stato pubblicato in associazione con minutemanmedia.org che lo ha presentato.

Note: Traduzione di Federica Mei per Peacelink

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