Latina

Argentina, Il Partito Democratico Progessista, Natale e la Tirannia.

1 gennaio 2007
Lelio Merli
Tradotto da per PeaceLink

Egregi Signori di Latina-Peacelink

Vi invio questo lavoro pubblicato dall’Agenzia Investigazioni Rodolfo Wash (11.10.06), per un possibile inserimento nel vostro sito.
Condivido l’attuale necessità di autocritica da parte dei partiti tradizionali argentini, in relazione alla loro attuazione durante la tirannia del 1975. La storia nazionale non può continuare piena di lacune, cioè, continuare ad essere soltanto la storia dei vincitori e dei loro seguaci.

È già da tempo che ho iniziato a comunicare i miei punti di vista sugli sventurati eventi che come argentino mi toccò vivere dal 1951 in poi, come militante politico e più specificamente come “latorrista”. Dico questo, per la mia posizione contraria all’agire del mio partito (Democrata Progresista) durante il periodo chiamato il Processo.

Sono stato allievo di Julio Izarusta (ex presidente dell’Accademia Argentina di Storia) e malgrado non aver condiviso la sua interpretazione sull’Epoca di Rosas, ho fatto mie la sua lealtà e sincerità nell’analisi delle proprie o altrui testimonianze, all’interno del più puro patriottismo.

Per questa ragione ho preparato il documento che vi allego.
Questo lavoro ebbe inizio il 17.04.04 insieme a Nemirovsci e la sua “Memoria Restringida”, pubblicato dal giornale Notizie di Bariloche (Patagonia Argentina), e al quale ho aggiunto altri elementi.

È soltanto l’umile racconto dei fatti che ho vissuto da vicino.
Vostro amico.
Lelio Merli

IL PARTITO DEMOCRATICO PROGRESSISTA, NATALE E LA TIRANNIA
Di Lelio Merli
Giornalista indipendente

In questi giorni (1), sui media della provincia di Santa Fe si sta evidenziando il dibattito sulla necessità di autocritica, da parte dei partiti politici tradizionali, sul proprio operato durante il periodo chiamato “Processo degli anni 70”.

Tra i personaggi messi in discussione si trova Alberto Natale e il Partito Democratico Progressista. Natale è la figura più rappresentativa per aver occupato in quel periodo la carica di sindaco della città di Rosario.
Si parla di lui come di un collaborazionista del governo genocida di allora.

Io sono “latorrista” e per molto tempo ho condiviso questa idea, ragione per cui mi sono ritirato dalla militanza per un lungo periodo, ma senza rinunciare all’appartenenza al partito.

Ciò nonostante, dopo un po’ di tempo passato ad approfondire l’argomento, sono arrivato a delle conclusioni diverse.

E’ stato utile per questo analisi la mia esperienza personale come rivoluzionario, nel 1955, all’interno del gruppo “Ni Vencedores Ni Vencidos”, di Leopardi, che ottenne la vittoria della Revolución Libertadora, (dopo “mejicaneada” dalla “Fusiladora”).
Quei compagni mi educarono nel rispetto degli avversari vinti, e nella loro difesa di fronte ad una possibile e assurda morte.

Il mio comportamento di allora – che i fucilatori valutarono come codardia – è alla base del mio analisi.

In primo luogo, voglio chiarire ai giovani che non comprendono la mancanza d’appoggio dei dirigenti dei partiti “democratici” alla azione armata contro la Tirannia, che non sono queste le basi politiche del loro agire.

Quelli che (con gli anni) crediamo nell’evoluzione più che nella rivoluzione, sappiano che dentro il confronto delle idee, le sinistre vinceranno sempre sulle destre, vincendo tutte le battaglie che si sarebbero perse con l’uso delle armi.

Alcune prove:
1) L’attuale panorama politico argentino dove le basi del Processo si affievoliscono lentamente di fronte al discorso costante della sinistra.

2) Il trionfo delle idee repubblicane in Spagna nonostante i quarant’ anni di tirannia franchista, vincitrice della Guerra Civile.

Il fatto è che c’è un’Evoluzione Rivoluzionaria, molto più veloce delle traumatiche Rivoluzioni Armate.

Quando sono tornato alla militanza sentivo parlare in sottovoce, nel mio partito, di alcuni dei motivi presi in considerazione nell’accettare l’incarico nel Comune di Rosario. Allora incominciai ad indagare.
Molto tempo dopo, facendo ancora un freddo analisi, guardando me stesso e, salvando le distanze delle proporzioni e dei tempi, sono arrivato a capire Natale.

Tutto questo è molto lungo da raccontare e non è possibile farlo soltanto attraverso un articolo. In ogni modo cercherò di spiegarlo. Non di giustificarlo, giustificare e tutt’altro.

Dirò soltanto che, “malgrado Lei non lo possa credere”, in questa tappa del Processo, (durante la presidenza di Viola), grazie all’attuazione di Natale, sono tornati a casa – senza l’intervento del Papa né di Mitterrand – molti giovani detenuti, che credevamo desaparecidos. Alcuni dei quali erano miei vicini di casa, figli di amici, che si sono salvati da una morte anonima.

Nella mia ultima candidatura come senatore provinciale, ho girato ogni piazza e quartiere trovati sulla mia strada. Molte volte si sono avvicinate a me delle donne anziane per ringraziare l’operato di Natale. Mi raccontarono delle loro richieste per i propri figli, spariti senza ragione, con il quali si sono potute finalmente rincontrare dopo la caduta di Galtieri, e non avevano dubbi che era stato grazie all’intervento del sindaco.

Ricordo sempre una signora che vendeva empanadas turche nella piazza Libertà, a Rosario.

Quando qualche cittadino si stupisce dal fatto che qualche donna anziana di questa città continua a votare per Natale, nonostante non essere sostenuto dai mezzi di comunicazione, si ricordi che anche in questo caso “per qualcosa sarà”.

È che lo sfortunato appoggio di Natale al Processo, iniziò quando accettò la carica di Sindaco di Rosario durante la presidenza del generale Viola, cioè durante la transizione programmata verso la normalizzazione istituzionale, quando Videla e Massera non c’erano più.

Natale accettò l’incarico perché che nessun politico affermato si era presentato, e per non rimandare il ritorno alla normalità. Qualcosa di simile sarà successo con Alfonsin quando pensò di collaborare nella transizione verso la democrazia, come dichiarato da Firmenich e pubblicato da “Investigaciones Rodolfo Walsh” il 6.10.06.

Era chiaro: il successo della presidenza di Viola avrebbe significato la fine del genocidio. Ma non fu così: i “duri” lo cacciarono via. Peccato che non cacciarono via anche Natale.

Lui non poté rinunciare, perché in questi casi, come in tutte le gang di delinquenti e mafiosi, è molto facile entrare ma impossibile ritirarsi.

Quella fu una decisione personale di Natale – politicamente suicida – forse altruista.

Ma, fu anche altruista la decisione dei compagni che lo seguirono?

Lo furono anche quei collaboratori che oggi lo criticano?

Che ironia! Quelli che lo assecondarono oggi lo accusano.

Con quanta facilità qualcuno cambia bandiera!

LA VERA STORIA
Il caos amministrativo militare nei municipi e comuni di Santa Fe era così grande che, una volta che Natale accettò, cento democratici e quattrocento radicali s’insediarono in altrettante amministrazioni.

Natale lo fece una volta avuta la promessa del governo centrale che durante il suo mandato non ci sarebbero state a Rosario, ufficialmente o non ufficialmente, nessun sequestro, nessuna tortura, nessun desaparecido.

Sembra che hanno mantenuto la parola.

Quello fu il prezzo che pagarono per il loro appoggio indiretto. Ma Natale sta pagando il suo prezzo, a scapito della propria carriera politica, per l’opinione che di lui hanno tanti cittadini che non conoscono il nocciolo della questione.

Per me, l’accettare di allora fu un errore – di Natale e di tutti i democratici progressisti che lo seguirono – un errore che oggi paga tutto il partito.

Ma fu un errore politico che non sminuisce il percorso personale del legislatore. Se così non fosse, non sarebbe rieletto in continuazione.

Questo riconoscimento elettorale è anche un esempio della perdita di memoria consapevole della gente.

È la stessa perdita di memoria del partito giustizialista sull’origine delle sventure subite a partire dalla morte del proprio leader: la presidenza della inetta terza moglie, il richiamo fatto dalla stessa alle forze armate per soffocare un terrorismo incipiente, prefabbricato dal suo “stregone” consigliere, artefice delle A.A.A.

Molte recriminazioni potrei ancora fare in relazione a questo partito, ma farò soltanto una, perché forse contiene la chiave di tutti i nostri sforzi: il rifiuto della proposta del Diputato Luis Sobrino Aranda (al quale hanno quasi linciato) – peronista di estrazione nazionalista – proposta che consisteva nella realizzazione del processo politico alla Signora Isabel Peròn e, come conseguenza, la nomina alla presidenza del Dott. Italo Luder.

Se questa iniziativa fosse stata approvata, la evoluzione naturale della politica avrebbe impedito di dover passare attraverso le amare esperienze avvenute da allora in poi.

Quello fu un errore politico, come quello di Natale.

Tutti vollero spegnere l’incendio: Natale con l’acqua e i rivoluzionari con la benzina.

I militari, invece, preferirono la polvere da sparo. Per questa ragione organizzarono l’invasione delle Malvine. Di tutti quanti, loro furono quelli che persero di più: prima le isole – perse da tutto il paese – e poi, il servizio militare obbligatorio.

Quel tentativo rivoluzionario ci fece perdere la presenza della gioventù idealista e valorosa in tutti i partiti progressisti. Non soltanto per i desaparecidos e gli esiliati.
Il fatto è che non esiste una nuova generazione che la possa sostituire. Come se si fosse diffuso il disinganno. Forse per questa dimenticanza consapevole della cittadinanza – la gente vuole sempre dimenticare i tempi cattivi – e anche per una domanda rimasta ancora in sospeso: come fu possibile che morirono 30.000 giovani e che i loro capi: Firmenich, Perdia, Galimberti, etc. si sono salvati? Quest’ultimo, sequestratore di Born, (riscuotendo sessanta milioni per il riscatto) e diventando dopo suo socio.

Natale, in fondo, è quello che ha perso di meno. Forse per il merito di ascoltare il cuore.

Ma, politicamente, questo fu il suo errore. Perché la sua presenza fu intesa dalla cittadinanza come un appoggio al Processo. Errore, perché nessuno avrebbe creduto, passati gli anni, che aveva collaborato immaginando di “spingere” in questo modo, il ritorno alla democrazia. (Unico modo non cruento d’imporre le proprie idee).

Rimane comunque chiaro che lui non è stato un repressore.

IL NUOVO GENOCIDIO
Natale, legislatore di lucido percorso, ha ora davanti ai suoi occhi un altro panorama genocida: la contaminazione che produrranno le multinazionali nella nostra regione. I morti, con gli anni, non si calcoleranno contando cadaveri. Come nella guerra, si conteranno i camion di cadaveri.

Tra qualche anno, in mezzo alla disperazione, l’annullamento dei contratti ci farà ipotecare il futuro. Attraverso le cause, quelle aziende guadagneranno di più che lavorando.

Per questa ragione, abbiamo bisogno ORA, di leggi sagge che fermino lo sbarco di queste aziende. Questo deve essere il lavoro futuro di Natale, presupponendo che torni al Congresso, come esperto uomo di legge. Il nostro congresso di partito lo ha incaricato per questo scopo, approvando all’unanimità un mio progetto.

Gualeguaychù, Esquel, Trelew, ecc, lo attendono.

Questa volta, nella lotta contro i genocidi, non c’è possibilità di errore.

Quelli che sbagliano sono da l’altra parte.

Note: (1) l’articolo è del 5 novembre 2006

Tradotto da Alejandra Bariviera per www.peacelink.it
Il testo e' liberamente utilizzabile a scopi non commerciali citando la
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