Ecuador: approvata a larga maggioranza la nuova Costituzione
La nuova costituzione dell'Ecuador, una delle più avanzate dell'America Latina, dalla scorsa settimana ha sostituito ufficialmente quella del 1998 grazie al si espresso dal 64% degli elettori nel referendum del 28 Settembre. Il benessere di tutti i cittadini come principio fondamentale (recentemente ribadito dall'ambasciatrice dell'Ecuador all'Onu), l'impegno a non farsi abbagliare dal transgenico e il rifiuto di qualsiasi forma di agrotossici e pesticidi garantiscono alla madre natura la titolarità di tutti i diritti e quell'armonia tra esseri umani, la natura e la Pachamama che gli indigeni chiamano Sumak Kawsay. E ancora: il riconoscimento di kichwa e shuar come lingue ufficiali, la possibilità (opzionale, con diritto di scelta) di poter votare per i sedicenni, la proclamazione della sovranità alimentare e il sostegno alla piccola agricoltura familiare: gli ecuadoriani hanno deciso di premiare le politiche del presidente Correa anche in città storicamente a lui avverse come Guayaquil, dove la metà della popolazione si è espressa favorevolmente verso la nuova Costituzione. Si tratta di un risultato non scontato, considerando che questa città rischiava di trasformarsi in quello che i dipartimenti della mezza luna rappresentano per la Bolivia. "Questa Costituzione è il risultato di un processo avviato non solo dal governo, ma anche dalla lotta delle organizzazioni sociali", ha ricordato Pedro de la Cruz, dirigente della Fenocin (Federación Nacional de Organizaciones Campesinas, Indígenas y Negras) e in passato ex membro di Alianza País, la formazione politica del presidente Rafael Correa.
Una sottolineatura significativa, questa, che ricorda a Correa il ruolo fondamentale dei movimenti sociali, con i quali il rapporto resta quantomeno incrinato per via della politica sviluppista ed estrattivista di cui il presidente resta fermamente convinto, tanto da essere entrato in contrasto con Alberto Acosta (il rappresentante dell'esecutivo più vicino ai movimenti). A questo proposito, dopo il si critico alla Costituzione preannunciato da Marlon Santi, lo stesso presidente della Conaie ha confermato il levantamiento indigeno contro le miniere: "l'intensa attività mineraria nel sud del paese è così grave che le violazioni dei diritti umani sono all'ordine del giorno". La Conaie ha convocato un vertice dei movimenti indigeni a Cuenca per esprimersi ancora una volta contro le miniere.
Una posizione diversa è quella della Fenocin, che, pur ricordando a Correa il ruolo imprescindibile dei movimenti sociali, ha preso la decisione di non rompere con il presidente, riconoscendo i tanti aspetti positivi della Costituzione, ma optando al tempo stesso per l'appoggio al processo costituente più che al governo in quanto tale. Se il si alla Costituzione della Conaie è stato "critico", quello della Fenocin è "ragionato", come argomenta il suo leader Pedro de la Cruz: "a differenza della Conaie, che ha presentato un proprio candidato alle elezioni (Luis Macas), noi abbiamo scelto di aderire al progetto politico di Correa senza bisogno di mantenere necessariamente nostri rappresentanti interni al governo, poichè confidiamo nei suoi ideali politici e non solamente nella sua persona". Pur rispettando la posizione della Conaie, Fenocin ritiene invece che il rischio di un progetto estrattivista del governo Correa sia lontano dall'essere realizzato proprio per il riconoscimento della Pachamama e del ruolo chiave della natura e del Sumak Kawsay, anche se le ambizioni in campo minerario del presidente restano note e ben conosciute.
Adesso, dopo la schiacciante vittoria del si nel referendum, il paese è già proiettato verso le elezioni del Febbraio 2009, alle quali il presidente Correa probabilmente si ricandiderà cercando di aver ottenuto un altro punto a suo favore, quello del rifiuto del pagamento del debito estero considerato "illegittimo".
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