Ma noi quando cominceremo a cambiare?
Mentre si fa a gara a chi firma per primo l’appello per la “libertà di stampa” o a chi sarà il più bel farabutto a mandare la foto al sito del giornale (uno strano modo di sentirci protagonisti di qualcosa, come la “egoteca Facebook”), appare su repubblica.it un articolo intitolato “Jovanotti suona per la pace a Cuba. Maxi concerto Paz sin fronteras”. E solo dal titolo comincio a farmi delle domande... Per la Pace a Cuba? Sull’isola non c’è pace? Sarà che suona a Cuba per la Pace? E allora forse era meglio fare il concerto a Miami, così i suoi boss ci avrebbero ricavato qualcosa.
Ma andiamo avanti... “Il concerto è iniziato puntuale”, dice l’articolo... che strano che si faccia enfasi sulla puntualità, come se dovesse essere normale il contrario. Non ho mai letto un articolo di critica musicale che sottolinei la puntualità dell’organizzazione. Vabbeh, ma siamo nei caraibi...
“Juanes ha difeso lo show come espressione apolitica in favore della pace”... Può una espressione in favore della pace essere apolitica? O ancora una volta siamo difronte ad un utilizzo improprio della parola “politica”?
“Un totale di 128 persone fra tecnici e musicisti sono giunti per il concerto, che può contare su moderni sistemi audio, in parte arrivati dagli Stati Uniti, dopo che Juanes ha chiesto personalmente l'autorizzazione per il trasporto al segretario di Stato Usa, Hillary Clinton”.
Moderni sistemi audio in parte arrivati dagli Stati Uniti? Ma dai, è un concerto... a Cuba se ne fanno tanti di concerti, ed in piazza della Rivoluzione non ne parliamo... chiedetelo a Silvio Rodríguez, anche lui presente. Di che moderni sistemi audio mi state parlando? Hillary Clinton da personalmente questi permessi? Non ha altre cose di meglio da fare?
Ma finalmente arriviamo al pezzo forte dell’articolo, il finale a “non-sorpresa” che naturalmente non poteva mancare: "C'è una speranza che la musica possa in qualche modo allentare anche solo per un'ora queste tensioni, e contribuire a un cambio di mentalità, a un cammino che è necessario" ha sottolineato Lorenzo, insistendo sulle necessità del cambiamento che, in ogni caso, sono inarrestabili. E fa l'esempio dell'accesso alla Rete: "Mi sembra una cosa assurda che, nel 2009, un ragazzo viva in un posto dove non ci sia accesso a internet".
Cosa? Non ci posso credere? Mi farebbe piacere sentire l’intervista lasciata da Jovanotti, perchè non ci credo che con tante cose da dire, con tanti problemi in questo mondo, la “cosa assurda” è che nel 2009, un ragazzo viva in un posto senza internet... Dev’essere solo un pezzo dell’intervista... lo spero, soprattutto per Jovanotti.
So benissimo qual’è il messaggio che Repubblica vuole dare, ma il lettore ignaro si domanderà: “Ma quanti posti nel mondo non hanno internet”? Dovremmo partire per certi posti in Italia, Europa per non parlare poi di Africa, Asia o America Latina. Ma a Cuba non è permesso non avere Internet. La “sinistra” italiana non glielo può permettere. Quella stessa sinistra che tutti i santi giorni non fa altro che parlare di Berlusconi... e ce lo ritroviano ancora lì.
E poi “le necessità del cambiamento... inarrestabili”...
Meno male che il tempo non era proprio eccezionale a La Habana, perchè per poterlo vedere comodamente seduti sul divano in prima serata TV, noi europei abbiamo costretto a più di mezzo milione di cubani ad assistere al concerto in piazza alle due del pomeriggio...
Ma noi quando cominceremo a cambiare?
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