Latina

Le violazioni dei diritti umani sono giustificata in nome della lotta al terrorismo

Colombia: il 92% dei casi di tortura è responsabilità dello Stato

Il rapporto è stato divulgato a Ginevra dalla Coalizione Colombiana Contro la Tortura
18 novembre 2009
David Lifodi

In Colombia l'impunità continua a farla da padrona, al pari delle tante omissioni e responsabilità di uno Stato che non si è mai occupato seriamente di diritti umani. Il caso dei cosiddetti "falsos positivos" (la messinscena per mascherare le esecuzioni extragiudiziali orchestrata da militari e paramilitari che hanno camuffato uomini comuni uccisi per rappresaglia con divise da guerriglieri) è stato quello più clamoroso che ha coinvolto anche i vertici di Palacio Nariño a Bogotà, ma sono le statistiche a smascherare lo scarso interesse per i diritti umani da parte delle istituzioni colombiane. Basti pensare che lo stato colombiano avrebbe firmato la Convenzione contro la Tortura nel 1985, ratificata poi nel 1987. Eppure qualcosa non quadra: la Colombia sarebbe tenuta a presentare ogni quattro anni un'informativa sul rispetto dei diritti umani di fronte alle Nazioni Unite, un impegno però ampiamente disatteso. Risale infatti al 2003 l'ultimo rapporto presentato dallo Stato: da allora sono trascorsi sei anni di silenzi ed omissioni complici, compreso il massacro nei confronti della comunità di pace di San José de Apartadò, dichiaratasi neutrale nel conflitto tra milizie paramilitari ed esercito regolare da un lato e la guerriglia dall'altro. Adesso, dopo questa lunga attesa, i rappresentanti della Coalizione Colombiana Contro la Tortura (CCCT) hanno reso pubblico a Ginevra un rapporto sulla tortura nel proprio paese tra il 2003 e il 2009. I risultati dell'informativa divulgata dalla Ccct sono impietosi: non solo la tortura continua a rappresentare una pratica comune, sistematica e generalizzata, ma il 92% dei casi di tortura in Colombia sono di responsabilità dello Stato, di cui il 50,6% è opera di militari e forze di polizia "legali", il 42% delle violenze è commesso dai gruppi paramilitari ed il 7,4% è attribuito alla guerriglia. Gli ambiti e le motivazioni più frequenti che possono determinare violenze e torture hanno carattere politico (principalmente per estorcere informazioni o confessioni su determinati fatti o avvenimenti), razziale, di genere, di età e di orientamento sessuale. I crimini determinati da una diversa ideologia politica sono in effetti la maggioranza, ma non vanno sottovalutate le forme di repressione nei confronti delle comunità indigene e contadine per sottoporle ad una pesante forma di controllo sociale, al pari dei sequestri. Particolarmente preoccupante anche la situazione che è costretta quotidianamente ad affrontare la popolazione carceraria. Il rapporto della Ccct evidenzia inoltre i frequenti abusi commessi dalla polizia ai danni della popolazione omosessuale colombiana: anche in questo caso tortura e la conseguente impunità vanno a braccetto. Inoltre, specialmente nei casi di denunce presentate dalla comunità Lgbt ancora minore della media è la propensione della polizia ad intervenire per occuparsi del caso o comminare punizioni esemplari nei confronti dei responsabili. Non meno drammatici sono i dati relativi alla tortura, psicologica e reale, di cui sono vittima i bambini: tra il 2003 e il 2008 casi del genere sono aumentati in maniera esponenziale. L'assoluta mancanza di tutela per le vittime peggiora una situazione già difficile in cui ogni forma di violazione dei diritti umani è giustificata in nome della lotta al terrorismo
La ricerca ha il pregio di mettere lo Stato di fronte alle sue responsabilità, anche se la strada verso la democratizzazione del paese resta ancora in salita.

Note: Articolo realizzato da David Lifodi per www.peacelink.it
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