Latina

Juan Manuel Santos mira alla riconferma, ma Uribe punta a sconfiggere il suo ex delfino

Colombia: sfida a destra per Palacio Nariño

A farne le spese una popolazione civile stanca di guerra
20 maggio 2014
David Lifodi

internet La pubblicazione di un vecchio video del 2004 che ritrae il vicepresidente designato da Juan Manuel Santos, Vargas Lleras, insieme ad alcuni noti paramilitari, accende una campagna presidenziale che vivrà il suo primo turno di competizione elettorale il prossimo 25 maggio.

Sarà una sfida tra santismo e uribismo, oppure ci saranno delle sorprese? Questa è solo una delle tante domande che si pongono gli elettori colombiani, la cui maggiore aspirazione sarebbe quella di veder scritta la parola fine ad un conflitto armato che appare interminabile. Di certo, sul processo di pace in corso all’Avana tra lo stato colombiano e i guerriglieri delle Farc peserà l’orientamento del prossimo inquilino di Palacio Nariño, anche se il caso di Vargas Lleras la dice lunga su una certa dose di ipocrisia di Santos, il quale ha promosso la mesa de dialogo per utilizzarla esclusivamente come trampolino di lancio utile alla rielezione. Peraltro, fanno notare le Farc, dall’inizio della campagna elettorale il presidente colombiano si è ben guardato dal nominare la parola pace, ed ha fatto capire di preferire un ambiguo Tratado para la Regularización ad un cessate il fuoco bilaterale. Tutto questo anche a costo di rompere con Álvaro Uribe, l’ex presidente del paese rappresentante degli interessi dell’estrema destra. Soltanto in dirittura d’arrivo della campagna elettorale i rapporti tra l’ex mandatario e il suo delfino sono leggermente migliorati, ma dietro alla candidatura di Óscar Iván Zuluaga, probabilmente il principale competitor di Santos per Palacio Nariño, sta proprio Uribe. Zuluaga correrà per il Centro Democratico, di cui è fondatore lo stesso Uribe, uscito dal Partido de la U, a cui pure aveva dato vita e dove conviveva con Santos, almeno fino alla rottura, decretata dall’intenzione di quest’ultimo di aprire un dialogo con la guerriglia. Sull’entourage santista, che si presentava come alternativa più “dialogante” rispetto all’uribismo, pesa anche la recente pubblicazione, all’inizio di maggio, del quotidiano El Espectador, che ritrae l’attuale presidente insieme a JJ Rendón, un personaggio noto in Venezuela come escuálido (così Hugo Chávez definiva gli esponenti della destra golpista) e conosciuto in Colombia per i suoi legami con il gruppo narco-paramilitare denominato Rastrojos. La divisione netta, all’interno della classe dominante colombiana, tra uribisti e santisti, fa definire a molti come un falso dilemma l’eventuale sconfitta di Santos, dipinto sarcasticamente dalle Farc come el candidato marioneta. Alla fine rischia di prevalere comunque una componente militarista, a scapito della popolazione colombiana: se vince Óscar Iván Zuluaga (e quindi Uribe), avranno la meglio i conservatori più duri, quelli che all’interno dell’esercito fanno riferimento al generale Harold Bedoya (in questo caso saranno proprio loro a decretare la fine dei negoziati di pace, che non hanno mai digerito), ma anche in caso di successo di Santos, di certo le politiche di repressione contro i contadini e i movimenti sociali non subiranno un arresto: forse, saranno semplicemente presentate come più soft. Proprio in questo contesto, l’attuale presidente colombiano deve fronteggiare anche il Paro Agrario y Popular, il secondo in meno di un anno, indetto per protestare contro la repressione dello stato. Gli ultimi sondaggi indicano che Santos dovrebbe riuscire a riconfermarsi alla presidenza del paese, ma solo dopo un ballottaggio (previsto per il 15 giugno) con Óscar Iván Zuluaga che si preannuncia assai incerto: molto dipenderà anche dai voti che otterrà al primo turno un’altra aspirante alla presidenza del paese, Marta Lucía Ramírez (Partido Conservador Colombiano), i cui elettori, al secondo turno, potrebbero optare per Santos o Zuluaga. Terzo incomodo della contesa elettorale è Enrique Peñalosa, candidato per l’Alianza Verde e a cui i sondaggi, all’inizio di marzo, attribuivano un sicuro ballottaggio con Santos. In realtà, il ruolo che sta giocando il candidato ecologista è assai ambiguo. Peñalosa ha cambiato più volte schieramento politico, è molto amico di Uribe, ma anche di alcuni esponenti della sinistra: in molti scommettono che la sua parabola potrebbe essere molto simile a quella di Antanas Mockus, l’esponente verde di origini lituane che al ballottaggio presidenziale del 2010 fu sonoramente sconfitto da Santos. Tra le roccaforti di Zuluaga, il dipartimento di Antioquia e i tre del cosiddetto eje cafetero, oltre alle regioni centrali di Huila, Tolima e Cundinamarca. Il gradimento di Santos, invece, sembra essere costante in tutta la Colombia, ma i sondaggisti concordano sul fatto che l’ago della bilancia potrebbe essere Bogotá, la capitale del paese. Tra l’altro, in queste presidenziali così intricate, proprio su Bogotà si gioca un’altra importante battaglia, quella delle elezioni a sindaco per la capitale, la cui carica è considerata dai colombiani seconda solo alla presidenza della Repubblica. Il presidente Juan Manuel Santos è stato costretto a reintegrare Gustavo Petro come sindaco della capitale a seguito della sentenza del Tribunale Superiore di Bogotá del 23 aprile, che revocava la destituzione dello scorso dicembre decretata dal procuratore generale Alejandro Ordoñez, il quale lo aveva interdetto dai pubblici uffici per 15 anni. Noto per le sue posizioni di destra e molto vicino ad Uribe, Ordoñez si augurava di aver messo fuorigioco l’ex guerrigliero dell M-19 con l’accusa di “aver violato i princìpi costituzionali della libera impresa e della concorrenza, per aver messo in pericolo l’ambiente e la salute degli abitanti della città”. Gustavo Petro è tornato sindaco, per adesso, ma già grandi manovre si sono aperte sulle elezioni per la guida della capitale, a cui proprio Zuluaga mira in caso di sconfitta alle presidenziali. Va comunque evidenziato come la guerra scatenata contro Petro rappresenti uno dei peggiori attacchi condotti nei confronti della sinistra colombiana. Ordoñez ha contestato a Petro la gestione illegale degli appalti sui rifiuti e di aver regolarizzato indebitamente la posizione degli oltre diecimila raccoglitori informali della spazzatura. Per quanto riguarda la sinistra, le percentuali che emergono dai sondaggi non sono delle più confortanti. Probabilmente non sarebbe stato così se ad essere candidata fosse stata Piedad Córdoba, la senatrice destituita per 18 anni dalla vita politica dall’ ineffabile Ordoñez, con la paradossale accusa di fiancheggiare la guerriglia solo per essersi sempre data da fare nella mediazione con le Farc, anche nelle occasioni in cui si era reso necessario il suo intervento per scambiare uomini dello stato rapiti dalla guerriglia con membri delle stesse Farc. Se la Marcha Patriótica rappresenta uno dei movimenti sociali più innovativi sorti di recente nel paese, bisogna annotare che la sinistra non si presenta del tutto unita. Da un lato, il Polo Democrático Alternativo, che però non ha mai condiviso fino in fondo una strada comune con i movimenti sociali, dall’altra l’area politica denominata “La Colombia si astiene”, sorta su iniziativa dello scrittore Gustavo Bolivar e a cui aderiscono parte delle organizzazioni studentesche più radicali. E ancora, il polo ecologista, composto da Unión Patriótica (il partito politico sorto nel 1985 e sterminato dal regime, che si presentava come il braccio politico del Movimiento de Autodefensa Obrera, dell’ Ejército de Liberación Nacional e delle Farc), personalità come Carlos Lozano, direttore del quotidiano di sinistra Voz, esponenti del Polo Democrático Alternativo in uscita dal loro partito, organizzazioni contadine e comunità lgbt. La formazione ambientalista, nata dalla fusione del Partido Verde e del Movimiento Progresista, rischia però di scontare le frequenti giravolte del proprio candidato Enrique Peñalosa .È probabile che alla fine, nonostante i tanti distinguo, la sinistra movimentista alternativa appoggerà in gran parte il ticket Clara López Obregón-Aída Avella, in corsa per il Polo Democrático Alternativo-Unión Patriótica con lo slogan elige la paz, elige el cambio, anche se la loro rischia di essere una candidatura di testimonianza. Clara López Obregón  è stata un’esponente di primo piano di Unión Patriótica e, in qualità di dirigente del Polo Democrático Alternativo, si è distinta per la sua ferma opposizione al presidente Santos. Aída Avella, fondatrice di Unión Patriótica, nel 1996 è stata costretta all’esilio a seguito di un attentato ai suoi danni per le strade di Bogotà ed è tornata stabilmente al suo paese dal 2013.

Di certo, finora, c’è che la pace e la giustizia sociale sono rimaste ai margini tra i temi trattati nel corso della campagna per le presidenziali e lo scenario che si prospetta non è dei più incoraggianti: il prossimo presidente, nel migliore dei casi, resterà Santos, su cui peraltro pende la responsabilità delle migliaiadei falsos positivos (i civili uccisi dall’esercito e fatti passare come guerriglieri) all’epoca in cui era ministro dell’Interno sotto la presidenza Uribe, ma nel peggiore una vittoria di Zuluaga potrebbe interrompere i già difficoltosi colloqui di pace con la guerriglia delle Farc che, negli ultimi tempi, ha dimostrato tutta la propria insoddisfazione.

 

Note: Articolo realizzato da David Lifodi per www.peacelink.it
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