Latina

Prevalgono le forze contrarie al processo di pace

Colombia: alle amministrative prevale la destra

La sinistra perde Bogotà dopo dodici anni
30 ottobre 2015
David Lifodi

internet

I risultati delle elezioni amministrative colombiane del 25 ottobre hanno confermato la forza delle formazioni politiche di destra, rafforzato le oligarchie e i potentati economici, ma hanno decretato anche un risultato non soddisfacente per le forze di sinistra (Polo democrático, Unión Patriótica, Progresistas e Marcha Patriótica), che hanno perso città importanti, a partire dalla capitale Bogotà, il cui sindaco rappresenta la seconda carica per importanza dopo il presidente della Repubblica.

Dopo dodici anni di governi di sinistra (l’ultimo mandato è stato quello di Gustavo Petro), alla guida di Bogotà ci sarà il controverso Enrique Peñalosa, che dopo numerosi cambi di casacca adesso di presenta come liberale: la sua lista civica Equipo por Bogotà, con il 33% delle preferenze, ha superato ampiamente il candidato del presidente attuale Juan Manuel Santos, ma il grande vincitore di queste amministrative è senza dubbio il vice presidente del paese Germán Vargas Lleras. È stato infatti il suo schieramento, Cambio Radical, ad appoggiare fortemente il nuovo sindaco della capitale e qualcuno dice che Vargas Lleras abbia fatto le prove generali per candidarsi a Palacio Nariño nel 2018. Del resto, il suo Cambio Radical ha ottenuto ottimi risultati in tutto il paese. Diversi analisti politici hanno evidenziato come queste amministrative siano state tra le elezioni più catastrofiche per la sinistra colombiana e, più in generale, per le forze politiche indipendenti e alternative, le quali, peraltro, non hanno né la disponibilità economica né la forza mediatica dei partiti più benvoluti dal sistema. Ad esempio, le forze di destra hanno avuto gioco facile nel nascondere i risultati raggiunti dall’ex sindaco di Bogotà Gustavo Petro in campo sociale riuscendo, al contrario, a dare enfasi ai suoi insuccessi, grazie anche alla grancassa dei media a loro favore. Inoltre, preoccupano le modalità di fare informazione dei principali mezzi di comunicazione, anche in vista della ratifica degli accordi di pace tra governo e guerriglia, nonostante siano ancora molti gli aspetti da chiarire, comprese le recenti trappole politiche tese alle Farc da Palacio Nariño. Nonostante tutte queste difficoltà, in molti hanno evidenziato che in Colombia la popolazione protesta con la sinistra, ma vota per le destre. In effetti il Polo Democrático non è riuscito a conquistare nessuna delle principali città del paese (si votava per scegliere 1101 sindaci, 32 governatori e parlamentari regionali e locali): a Bogotà a malapena ha mantenuto i suoi consiglieri (con il solo nuovo ingresso di Manuel Sarmiento), mentre Unión Patriótica non ha ottenuto alcun seggio. Gli unici municipi dove per la sinistra le cose sono andate bene sono quelli in cui è forte la mobilitazione contadina (El Tarra, San Pablo, San Lorenzo y Samaniego), ma non è riuscita ad imporsi in luoghi chiave per il processo di pace e smilitarizzazione, dove invece hanno prevalso, a sorpresa, le forze uribiste, uscite paradossalmente con risultati molto modesti da queste elezioni. Il Partido de la U e Centro Democrático, vicini all’ex presidente del paese Álvaro Uribe, hanno perso a Bogotà, Medellín, Antioquia e Cundinamarca, ma l’uribismo è rimasto in sella nei municipi di San Vicente del Caguán, Florencia, Leticia e Puerto Carreño: il fatto che queste amministrazioni, così come lo stesso Uribe, siano apertamente contrari agli accordi di pace, getta ombre sui negoziati in corso a L’Avana, soprattutto perché queste zone sono state da sempre terre di scontri tra guerriglia, esercito e paramilitari. In generale, gli accordi di pace sono spariti dall’agenda elettorale, e quando è stato affrontato questo tema lo si è fatto in maniera banale. Ad esempio, negli studi televisivi dove si svolgevano i dibattiti politici, ai futuri sindaci è stato chiesto se avrebbero offerto un qualche incarico al leader delle Farc Timochenko o ad altri esponenti della guerriglia.

Anche in Colombia hanno prevalso gli schieramenti politici legati ad una persona più che le forze politiche tradizionali: è così che il miliardario Maurice Armitage, fino a poco tempo fa sconosciuto, è stato eletto sindaco di Cali, grazie anche alla longa manus del Cambio Radical di Vargas Lleras. In generale, le elites colombiane hanno di che festeggiare: sparite le ideologie, i partiti si sono trasformate in microimprese elettorali controllate da baroni e potentati locali e ciò ha permesso all’oligarchia di mantenersi ben salda al potere per la tutela dei propri interessi. Vargas Lleras è riuscito a piazzare i suoi uomini alla guida dei principali dipartimenti del paese, a Cali, Barranquilla e Bogotà, dove è stato eletto il maggior numero di consiglieri comunali e, considerando che dal suo ufficio passano già alcune delle decisioni più importanti del paese in tema di infrastrutture e dighe, l’attuale vice presidente diventa di diritto il principale favorito nella corsa a Palacio Nariño per le presidenziali del 2018.

Il risultato delle amministrative potrebbe incidere pesantemente sugli accordi di pace (ad esempio Vargas Lleras non si è mai pronunciato sui negoziati), ma anche sullo sviluppo della capitale Bogotà, dove l’ex sindaco Petro aveva provveduto alla desprivatización dei servizi pubblici a cui ora metterà sicuramente mano Peñalosa, a partire dal suo cavallo di battaglia Transmilenio, un progetto dedicato a risollevare la disastrata mobilità cittadina, i cui appalti per le nuove infrastrutture saranno tutti assegnati ai privati. 

Note: Articolo realizzato da David Lifodi per www.peacelink.it
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