Messico: nuovo omicidio di un lottatore sociale
Nonostante l’elezione di Andrés Manuel López Obrador, che aveva suscitato enormi speranze, per il momento in Messico è cambiato poco. Non solo. Pur avendo preso l’impegno di realizzare la consultazione, il nuovo presidente messicano più volte aveva definito gli oppositori alla grande opera come “radicali di sinistra, niente più che conservatori”. Samir Flores era tra i leader contadini contrari al Pim fin dalla presidenza Peña Nieto, il principale ispiratore del progetto volto alla costruzione di un gasdotto che attraverserà numerose cittadine, tra cui Amilcingo (dove risiedeva ed è stato ucciso lo stesso Flores), un acquedotto a Cuautla e Villa de Ayala e una termoelettrica nella comunità di Huexca. Conduttore della radio comunitaria Amiltzinko, Flores era intervenuto pubblicamente nell’ambito di un incontro promosso dal governo federale attaccando Hugo Éric Flores Cervantes, sostenitore del Pim, ma soprattutto presidente del partito Encuentro Social e fin troppo vicino ai paramilitari responsabili del massacro di Acteal avvenuto alla vigilia di Natale del 1997.
Pur condannando l’omicidio di Flores, Amlo è visto da molti elettori dello stato di Morelos come un traditore. Nel 2014 e nel 2018 Obrador, in qualità di candidato a Los Pinos, aveva promesso che avrebbe bloccato il progetto della termoelettrica ed ora sono in molti a sentirsi presi in giro, soprattutto perché in tutto il paese non c’è certo bisogno delle dichiarazioni del presidente contro le organizzazioni popolari per spingere i sicari ad agire spesso per conto di paramilitari e milizie private al servizio delle elites e delle grandi multinazionali. L’omicidio di Samir Flores, purtroppo, è solo l’ultimo di una lunga serie di episodi di violenza contro ambientalisti e difensori del territorio. Negli ultimi dieci anni sono stati assassinati 125 lottatori ecologisti, di cui 82 erano indigeni. La stessa cittadina di Amilcingo, da alcuni anni, si è distinta per le sue pratiche di autogoverno molto simili a quelle degli zapatisti.
La morte di Flores non sarà probabilmente che una di una lunga serie difficilmente destinata ad interrompersi. In Messico far sparire le persone è divenuta una pratica politica messa in atto sistematicamente dalle mafie, dal narcotraffico, dalla polizia corrotta, dai paramilitari e dagli squadroni della morte che agiscono per conto delle transnazionali e dei politici.
All’insegna dello slogan Los desaparecidos de unos son los desaparecidos de todos, molti giovani e giovanissimi, che spesso hanno in famiglia delle persone scomparse, hanno scelto di unirsi alla Cuarta Brigada Nacional de Búsqueda de desaparecidos. Secondo i dati del Registro Nacional de Datos de Personas Extraviadas o Desaparecidas, peraltro adesso non più esistente e risalenti all’aprile 2018, il 40,3% delle persone scomparse risulta essere tra i 15 e i 29 anni di età. Tra i veterani nella ricerca di desaparecidos figura Tita Radilla. Suo padre scomparve nel 1974 nell’ambito della cosiddetta guerra sucia, ma sono molti i giovani intorno ai 20 anni a non avere più un fratello o una sorella.
Oggi la guerra sporca in Messico prosegue, nel silenzio generale, e a farne le spese è un’intera generazione di lottatrici e lottatori sociali che meriterebbe un paese migliore, ma che invece continua ad essere nelle mani delle mafie, del narcotraffico e della criminalità organizzata.
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