Bolivia: il golpe del litio prosegue. Presidenziali rimandate al 18 ottobre
Se va riconosciuto che organizzare delle elezioni in piena pandemia non è effettivamente semplice, soprattutto in un paese come la Bolivia dove il picco dei contagi è atteso proprio all’inizio di settembre, ma che già da tempo è messo a dura prova dall’emergenza sanitaria, non si può nemmeno tacere sull’evidente utilizzo strumentale del virus per posticipare, per la terza volta, le presidenziali, inizialmente previste per il 3 maggio. Peraltro, la decisione del Tribunale supremo elettorale non sorprende poiché risponde alle indicazioni sull’andamento della curva epidemiologica provenienti dal Comite de Científicos vicino al governo golpista.
Certo, lo svolgimento delle elezioni potrebbe far aumentare ulteriormente il numero dei contagi, ma in un contesto in cui il governo ha abbandonato del tutto a se stessa la popolazione di fronte al dilagare coronavirus, finendo addirittura per essere coinvolto in scandali per corruzione relativi all’acquisto dei respiratori, il nuovo rinvio delle presidenziali rappresenta un chiaro ed evidente timore del giudizio delle urne.
Contagiata a sua volta, Jeanine Añez governa il paese dall’isolamento, ma per lei, come per gran parte dei protagonisti del golpe dello scorso novembre, appartenenti alle elites boliviane, sono a disposizione medici, farmaci e terapie intensive specializzate. Non solo. In più di una circostanza ministri e mezzi di comunicazione governativi hanno definito indigeni, contadini e masistas come ignoranti perché sono stati costretti a uscire di casa, durante la quarantena, in quanto vivono di lavori perlopiù informali. Per questi motivi il nuovo rinvio delle elezioni si configura come un altro colpo di stato, come ha sostenuto Morales, forte dei sondaggi che evidenziano il netto vantaggio della coppia Luis Arce e David Choquehuanca sui candidati delle destre di Comunidad Ciudadana, Carlos Mesa e Gustavo Pedraza, e di Juntos, con il ticket Áñez e Samuel Doria Medina.
Il governo golpista ha come unico obiettivo quello di guadagnare tempo per rimandare le elezioni, sbandierando le false preoccupazioni per la salute della popolazione e, al tempo stesso, proseguire nella persecuzione contro dirigenti sociali e candidati del Movimiento al Socialismo. Del resto, già da tempo, sui social network era iniziata la campagna dell’ultradestra boliviana per far rinviare le elezioni. Luis Fernando Camacho, leader evangelico e comandante dei gruppi paramilitari di Santa Cruz, aveva scritto su twitter che il governo doveva scongiurare il ritorno alle urne perché avrebbero trascinato di nuovo il paese nella dittatura. Come sottolineato da Maëlle Mariette nell’edizione di luglio di Le monde diplomatique/il manifesto, i paramilitari di Santa Cruz sono nati sull’esempio del falangismo franchista spagnolo e considerano il loro paese assediato da gruppi etnici arretrati, gli aymara e i quechua.
Inoltre, il 24 luglio scorso, sempre su twitter, il ceo di Tesla, Elon Musk, aveva fatto capire che gli Stati uniti erano pronti a creare le condizioni per un colpo di stato in Bolivia perché il loro vero interesse è quello di procurarsi il litio boliviano.
Più del 50% dei depositi mondiali di litio si trovano in Argentina, Cile, ma soprattutto in Bolivia, in particolar modo nel Salar de Uyuni. Tempo fa fu lo stesso Samuel Doria Medina, che corre per le presidenziali (se mai ci saranno) con Jeanine Áñez, ad ammettere che Musk aveva parlato con il presidente brasiliano Bolsonaro sull’eventualità di costruire una fabbrica di Tesla prima in Brasile e poi nel Salar de Uyuni, mentre Morales, al contrario, è sempre stato convinto che i proventi del litio avrebbero dovuto rappresentare un’opportunità per tutta la popolazione boliviana e non solo per le multinazionali.
Le presidenziali boliviane hanno assunto, anche per gli Stati uniti, sempre maggiore rilevanza poiché chi siederà a Palacio Quemado imporrà la sua visione in merito alla gestione delle risorse naturali del paese e deciderà se la Bolivia sarà un paese per tutte e tutti o solo per una ristretta minoranza legata agli interessi economici delle multinazionali e degli Usa. Per adesso, quello che è stato definito, a ragione, il golpe del litio, prosegue.
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