Latina

Mesoamerica verso il baratro

Il Plan Puebla Panama e la liberalizzazione a macchia di leopardo
21 gennaio 2005
Luca Martinelli
Fonte: BOLETIN “CHIAPAS AL DIA” No. 446

Lanciato ufficialmente il 15 di giugno del 2001 attraverso una dichiarazione congiunta dei capi di Stato della regione centroamericana, il Plan Puebla Panama rappresenta, secondo il presidente messicano Vicente Fox che ne rivendica la paternità, uno sforzo congiunto dei governi centroamericani e messicano per lo sviluppo economico della macro-regione.

Si tratta – secondo i documenti ufficiali - di un’iniziativa atta ad apportare benefici sostanziali che permettano di superare il ritardo esistente, migliorando con ciò la qualità di vita degli abitanti attraverso una maggiore e migliore educazione, una crescita economica sostenuta e sostenibile, la creazione di impieghi ben remunerati, l’armonizzazione dello sviluppo sociale e umano delle popolazione con una distribuzione efficiente delle risorse ed un’espansione ed integrazione commerciale.

Le idee centrali alla base del Plan Puebla Panama sono:

- che la povertà possa essere superata solo mediante un impulso allo sviluppo economico, che a sua volta può essere generato solo attraverso l’investimento produttivo;

- che un aumento dell’investimento produttivo nella regione è possibile sempre che questa si posizioni all’interno dell’economia globale;

- che un grande impulso all’investimento produttivo possa nascere esclusivamente da uno sforzo nella dotazione delle infrastrutture di base (educazione, formazione, trasporto, logistica, telecomunicazioni);

- che è necessario generare sinergie in quanto lo sviluppo del Sud-est messicano e quello della regione centroamericana possono essere considerate solo in un congiunto.

Oggi, a tre anni dal suo avvio, possiamo far riferimento al PPP come ad una mera sigla, e certi di non star cadendo in errore. Risulta infatti evidente da un’analisi dettagliata del ‘cammino’ del Plan Puebla Panama tanto il fatto che esso non possa assolutamente esser presentato come un Piano (in quanto ciò dovrebbe sottendere una qualche strategia di sviluppo locale e d’integrazione regionale comune a tutti i progetti proposti), quanto che molti dei progetti riassunti nei documenti delle 3P (la Linea SIEPAC, il Corridoio Biologico Mesoamericano, il programma dell’Istmo, il Puente Chiapas, tra gli altri) siano stati in realtà pensati e progettati a partire dall’inizio degli anni 90.

Con il Plan Puebla Panama si è tentato di rilanciare queste iniziative, presentandone l’insieme come un programma (di sviluppo umano), e tentando in questo modo di mascherare la evidente strategia geo-economica che esso sottende, garantendo così una copertura alle politiche di liberalizzazione e privatizzazione imposte dai grandi organismi finanziari internazionali (quali la Banca Interamericana di Sviluppo, BID, la Banca Centroamericana di Integrazione Economica, BCIE, il FMI e la BM), schierati in difesa degli interessi del ‘campione’ economico dell’emisfero americano, gli Stati Uniti d’America.

Nel corso dell’articolo cercheremo di dimostrare come il PPP rappresenti – insieme con gli accordi bilaterali di libero scambio – una delle tante strategie che il Governo USA sta attuando per ‘traghettare’ la regione centroamericana verso l’era dell’ALCA.

A dispetto di quanto asserito da molti ‘esperti’ del PPP che lo danno ormai per morto(1), il Plan avanza. A Managua, Nicaragua, si è tenuta tra il 22 ed il 25 di marzo 2004 la VI Riunione dei Presidenti dei paesi aderenti al Meccanismo di Tuxtla(2).

L’incontro, che seguiva quello celebrato oltre un anno e mezzo prima a Merida, Yucatan, è stato l’occasione per realizzare importanti passi in avanti rispetto alle necessità di riformulare le strategie del Plan alla luce del forte movimento d’opposizione sviluppatosi intorno al PPP, specie in merito alla strategia di comunicazione ed al programma di ICP(3) (Informacion, Consulta y Participacion), necessità individuate come prioritarie appunto nella precedente riunione del 27 e 28 giugno 2002(4).

Oltre alla firma del Memorando relativo all’Iniziativa di Turismo, a Managua sono stati presentati quello relativo all’Iniziativa di Sviluppo Umano ed una nuova strategia di ‘diffusione’ del Plan, elaborata sulla base dei risultati di una ricerca commissionata nel corso del 2003 al prestigioso studio americano Fleishman-Hillard, ed intitolata “Análisis De Clima De Opinión Regional y Recomendaciones”(5). Nel contempo, la delegazione messicana ha presentato una propria Agenda annuale per quanto riguarda attività di consultazione con le popolazioni indigene della Regione Sud-est(6).

Il pesante ritardo con cui queste si stanno attivando, tanto in Messico quanto in Centro America, dove tali strategie sono finanziate, programmate e realizzate direttamente dal personale della BID, consente di comprendere i motivi di una forte opposizione al modello di sviluppo economico delineato dal PPP.

La resistenza descrive la realtà di una cittadinanza che chiede a gran voce la possibilità di una concreta partecipazione tanto nella fase di progettazione quanto in quella di attuazione dei piani di sviluppo regionali, e che risponde, costruendo alternative di fatto, ad un’evidente chiusura da parte sia della classe politica che dei funzionari governativi incaricati dei progetti inseriti nell’ambito delle iniziative del Plan Puebla Panama.

Un’analisi dei progetti in corso evidenzia infatti come oggi la creazione di infrastrutture stradali risponda in primo luogo alle esigenze strategiche dello sviluppo del mercato statunitense, garantendo costi più bassi per il trasporto di inputs ed outputs, piuttosto che a quelle degli abitanti della Regione. Si punta a catturare l’interesse e gli investimenti delle imprese multinazionali (principalmente del comparto maquilador), attratte dalla presenza nella Regione di manodopera a basso costo, piuttosto che a favorire l’accesso ai mercati per i prodotti del settore agricolo.

L’iniziativa di integrazione energetica regionale (la costruzione della Línea SIEPAC) è accompagnato in tutti i paesi del Centro America dalla privatizzazione delle imprese elettriche nazionali, e prevede anche la costruzione di dighe e centrali idroelettriche. Progetti che rispondono in primo luogo agli interessi delle imprese private, la maggior parte delle quali transnazionali. Perciò, difficilmente potranno rispettare la sovranità nazionale e le esigenze di coloro che vivino e lavorano le terre che verranno inondate dai nuovi invasi.

Anche quello che viene definito come sviluppo sostenibile è in realtà un insieme di azioni i cui obiettivi risultano essere la legalizzazione del furto delle ricchezze biologiche della Regione (in corso da anni, peraltro) e l’allontanamento delle popolazioni indigene dalle zone più ricche di risorse naturali. In tale ottica, i cittadini e la popolazione indigena vengono visti unicamente come una possibile causa di instabilità sociale e della fuga (o del mancato arrivo) del capitale internazionale.

Per finire il turismo, presentato come “ecologico” e “sostenibile”, è solo un’altra faccia del percorso che porta alla privatizzazione della terra e delle risorse naturali della Regione.

Ciò ci porta ad affermare, con J. M. Sandoval(7), che “il PPP [non] sia [altro che] la strategia del regime di Fox per integrare [sempre più] la regione del sud-est del Messico e dell’istmo centroamericano nelle dinamica del neoliberismo, per approfittare delle risorse energetiche e naturali della regione e costruire un ponte tra Nord e Sud America, facilitando così la creazione dell’Area di Libero Commercio delle Americhe (ALCA)”(8).

È evidente che il Plan Puebla Panama non sia mosso da altro proposito se non quello di dotare la regione mesoamericana delle infrastrutture necessarie affinché possano dispiegarsi compiutamente nella regione i ‘vantaggi’ del libero scambio.

Tali infrastrutture sono infatti essenziali per garantire l’“efficacia” dell’Area di Libero Commercio delle Americhe (ALCA) che si vorrebbe creare a partire dal 2005, se è vero che la stessa Banca Mondiale, nel documento di valutazione elaborato in occasione dei 10 anni dall’entrata in vigore del NAFTA (North American Free Trade Agreement), non ha mancato di evidenziare che, se il libero commercio non ha potuto cambiare la condizione di sottosviluppo e marginalità degli stati del Sud del Messico, ciò è dovuto proprio alla mancanza delle condizioni strutturali (e sociali) che avrebbero reso effettiva e vantaggiosa l’apertura agli investimenti del capitale straniero.

Il PPP è visto da molti (Sandoval, Fazio) come un vero e proprio Cavallo di Troia, utilizzato dagli Stati Uniti d’America per penetrare economicamente nella regione mesoamericana, sfruttando a tal fine anche “i vantaggi rappresentanti dalla integrazione subordinata(9) raggiunta dal Messico con i paesi del Centro America per mezzo dei trattati di libero commercio firmati a partire dal 1995”(10).

Il profondo contrasto tra l’evidenza e la propaganda ufficiale rispetto al PPP è acuito anche dalle dichiarazioni del Presidente colombiano Alvaro Uribe che chiede a gran voce “una totale integrazione della Colombia al Plan Puebla Panama”(11). La sigla del PPP significherebbe adesso Plan Puebla Putumayo, dal nome del dipartimento meridionale del paese da lui governato.

Tale integrazione inizierebbe con una linea di interconnessione elettrica tra la Colombia e Panama, i cui studi preliminari sono stati consegnati nel mese di aprile del 2004, per proseguire poi con il secondo progetto per la costruzione di un gasdotto, con l’aspettativa che esso unisca non solo la Colombia con Panama ma anche con il Venezuela.

Secondo il presidente, “ciò è necessario per unire il continente dagli Stati Uniti [d’America] fino alla Patagonia”(12).

Il legame segnalato tra l’ALCA ed il piano di sviluppo economico promosso dal Governo Fox è verificabile anche analizzando due ulteriori aspetti, rilevanti nello sviluppo del sogno egemonico degli Stati Uniti d’America sul continente americano, la cui realizzazione è sempre più necessaria a fronte dalla forte concorrenza per il controllo dell’economia mondiale rappresentata dall’Unione Europea e dal Giappone(13).

Stiamo parlando del controllo militare e di quello dei flussi migratori.

Nel documento Santa Fé II, testo programmatico della strategia USA nel continente americano nella decade degli anni 90(14), è possibile trovare riferimenti all’esigenza per gli Stati Uniti d’America di contenere il flusso di migranti che, illegalmente, superano la frontiera nord del Messico per cercare occupazione come braccianti agricoli in Texas o Arizona o nelle cooperative di servizi della California. Nel documento, il comparto maquilador, l’industria dell’assemblaggio, viene presentato come valvola di sfogo e di ‘parcheggio’ dei potenziali migranti(15).

Si tratta soprattutto di cittadini centroamericani (ma anche latinoamericani e asiatici) che normalmente entrano in Messico attraversando la frontiera Sud, con il Guatemala, o Est, con il Belize, ed attraversano tutto il paese per arrivare poi a coronare il loro “sogno americano”.

Già prima dell’11 settembre del 2001 i problemi migratori rappresentavano per gli Stati Uniti d’America una questione di sicurezza nazionale ed al Governo (amico) messicano è stato richiesto un impegno per contrastare in modo efficace l’immigrazione clandestina a partire dalla propria frontiera sud. In cambio furono promessi alcuni provvedimenti che avrebbero dovuto allentare la pressione sui migranti messicani, quali la concessione di un maggior numero di visti per lavoro, un programma temporale per “lavoratori ospiti”, la regolarizzazione della posizione degli illegali.

A partire dal 1 luglio 2001 iniziò così il Plan Sur con l’obiettivo di eliminare quelle eventuali ‘porosità’ (corruzione dei funzionari dell’Istituto Nazionale di Migrazione in primis) che permettevano il passaggio di migranti illegali attraverso la frontiera tra Messico e Guatemala. Tale piano ha causato una crescente militarizzazione di tutta la regione meridionale del paese (con la presenza di corpi dell’esercito e corpi di polizia da questo addestrati) sino all’Istmo di Tehuantepec, il collo di bottiglia che nessun migrante dovrebbe oltrepassare. Un accordo con il governo guatemalteco prevede inoltre che questo si impegni per inviare al proprio paese di origine tutti gli indocumentados che si trovano sul territorio nazionale.

La militarizzazione di tutto il continente americano, ufficialmente legata ai problemi migratori nonché alla lotta contro il traffico di sostanze stupefacenti, è in realtà uno strumento per il controllo delle risorse energetiche e per la salvaguardia di quella fittizia stabilità politico-sociale creata negli anni reprimendo nel sangue (intervenendo direttamente con l’esercito USA o imponendo dittature amiche) o indebolendo i movimenti di liberazione nazionale che sono cresciuti in molti dei paesi dell’area(16).

Non dobbiamo però dimenticare che il Messico è a sua volta un grande espulsore di migranti(17): ogni anno sono centinaia di migliaia i contadini e gli indigeni costretti ad abbandonare la propria terra per effetto delle politiche neoliberiste e, incapaci di trovare un impiego nell’industria maquiladora, vedono nell’oltrepassare la frontiera l’unica possibile situazione ai propri problemi.

Si calcola oggi in 8-10 milioni il numero di messicani nati in Messico e residenti dall’altro lato del Rio Bravo, le cui rimesse inviate ai parenti sono state nel 2003 di 14 miliardi di dollari, seconde solo ai guadagni per l’esportazione di petrolio (18,6 miliardi) nelle composizione del reddito nazionale. Il valore di tali rimesse supera di gran lunga quello degli investimenti esteri (9,4 miliardi di dollari) e del turismo (4,1 miliardi) e sostiene un’economia nazionale in perenne crisi, la cui crescita nell’ultimo triennio sfiora lo 0%.

La militarizzazione dovrebbe garantire inoltre una percezione positiva della situazione politico-sociale della regione da parte degli investitori. Aspetto che, insieme alla dotazione d’infrastrutture prevista dal PPP e la contro-riforma agraria in corso, dovrebbe attrarre finalmente il capitale straniero, per il quale la sola presenza di manodopera a basso costo non rappresenta una vantaggio economico assoluto.

Tali investimenti dovrebbero poi convertirsi in milioni di nuovi impieghi nella regione sud-orientale del Messico, verso i quali attrarre i contadini costretti ad abbandonare le proprie comunità (soprattutto a causa della controriforma agraria in corso), dando così vita, in una sorta di circolo virtuoso del neoliberismo, ad una valvola di sfogo in grado anche di limitare l’immigrazione verso gli Stati Uniti d’America.

Il quadro presentato nel corso dell’articolo descrive il “destino maquilador” della regione. L’obiettivo, ben lungi dall’esser raggiunto e raggiungibile, rivela il motore di fondo della strategia di sviluppo economico che il Governo sta attuando nella regione.

È evidente anche l’importanza, in tale disegno, della Legge di Riforma Costituzionale in materia Indigena approvata dal Congresso messicano nel corso del 2001: essa rappresenta infatti parte di quel processo di contro-riforma agraria il cui obiettivo è quello di “rendere alienabili quelle terre che sono oggi sotto il regime ejidal o comunale, per poi destinarle ad un’agricoltura di piantagione una volta privatizzate”(18).

Secondo Carlos Fazio, “con la carota dello sviluppo e delle creazione di posti di lavoro, il PPP pretende di convertire i contadini indigeni del sud-est in salariati ipersfruttati di fabbriche di assemblaggio, urbane o semi-urbane. Uno degli obiettivi primordiali di tale politica è spostare i contadini indigeni dai campi alle città, con l’obiettivo di separarli dalle loro terre e dalle risorse naturali che queste contengono”(19).

L’attuazione di tale disegno non appare tuttavia scontata.

“A due anni dall’avvio del Plan Puebla Panamá (PPP), e nonostante gli investimenti già canalizzati, non si è riusciti a coordinare gli sforzi delle autorità statali e federali con quelli dei governi centroamericani, per rendere concreti i suo obiettivi. Intervistati in diverse occasioni [nel novembre del 2004], i governatori di Yucatán, Campeche, Tabasco e Chiapas hanno tutti segnalato che le risorse stanno arrivando molto lentamente, e che la azioni del PPP non avanzano al ritmo che richiede la regione Sud-Sudest del paese, e che nel caso la situazione non cambi passeranno altri 15 anni prima che il progetto si consolidi”(20).

Nel 2005, dopo due anni di budget ‘risicati’, il Governo destinerà nuovamente un impegno economico importante agli investimenti nell’ambito del PPP, nella Regione Sud-Sudest del paese.

Il ‘progetto’ di preventivo di spese per la Nazione dell’anno 2005 evidenzia l’assegnazione di 3.625.135,582 pesos, 4,1 volte in più che nel 2004.

Come sempre, il preventivo maggiore riguarda gli investimenti nella costruzione di infrastrutture, ed il Ministero di Comunicazione e Trasporti, incaricato dell’implementazione di questi progetti, riceverà 2.676.900,003 pesos, 3,26 volte in più che nel 2004.

La crescita più alta (in termini percentuali) lo registrano gli investimenti nell’ambito della Salute (con un preventivo 429 volte più alto rispetto a quello del 2004), sebbene la maggior parte di queste spese serviranno a finanziare due strutture (ospedali) di Alta Specializzazione, in Yucatan e Oaxaca.

Siamo dubbiosi sulla capacità di rispondere, attraverso progetti del genere, alle esigenza sanitarie della gente, in zone rurali e marginali, dove la diarrea e le infezioni respiratorie sono ancora una grave causa di morte.

Ma non è questo ciò che preme al Presidente Fox, quanto piuttosto gli interessi dei potenti investitori, potenzialmente attratti nella Regione.

Nonostante l’importante incremento nel preventivo 2005 per il PPP (che avviene proprio in un anno pre-elettorale, dopo 2 anni di ‘stanca’), persistono dubbi sulle possibilità che l’implementazione di questi nuovi progetti possano dare il là alla crescita economica di cui ha bisogno la regione. Le difficoltà dell’economia statunitense (e di quella messicana, come conseguenza della dipendenza economica), dopo l’11 settembre del 2001, hanno creato problemi inaspettati per il finanziamento delle opere.

E nemmeno i dubbi (politici) rispetto al PPP espressi dai governato della Regione, favoriscono il cammino di sviluppo del Piano, sebbene rimanga chiaro il disegno del Presidente, che mira a creare le basi delle infrastrutture necessarie per l’Area di Libero Commercio delle Americhe (ALCA). Riteniamo, che il PPP promosso da Fox fallirà insieme con il progetto dell’ALCA, che non è entrato in vigore a gennaio 2005, come inizialmente previsto dal governo degli Stati Uniti d’America.

Per fortuna, l’elettorato messicano ha ormai riconosciuto il grave rischio insito nelle politiche economiche attuate da una classe dirigente che sta spingendo il paese verso il baratro, dopo aver cancellato in questi primi quattro anni di Governo le speranze di cambiamento che riempivano le colonne dei giornali nel luglio 2000, al momento dell’elezione di Vicente Fox. La risposta dell’elettore messicano medio è stato un astensionismo del 60% in occasione delle elezioni di medio termine che, il 6 luglio del 2003, rinnovavano la metà del Parlamento Federale(21).

Di fronte a questa situazione, oggi, sono le organizzazioni sociali, indigene e contadine, di quello che viene definito il “Messico profondo”(22) a riempire il vuoto politico nazionale, ed a rappresentare l’unica speranza per un futuro diverso del paese nel pieno rispetto dell’identità e della sovranità nazionale.

Note: 1 Primo tra tutti Andrés Barreda, ricercatore universitario della Università Nazionale Autonoma della Città del Messico (UNAM).

2 Il Meccanismo di Tuxtla nasce nel 1991 dalla volontà degli esecutivi dei paesi della regione di far risaltare i legami storici e la comune identità delle nazioni mesoamericane, e “si considera il massimo foro mesoamericano per analizzare in forma periodica e sistematica le molteplici questioni regionali, emisferiche e mondiali di interesse comune; per concertare posizioni politiche congiunte; per dare impulso al libero commercio ed all’integrazione regionale; e per avanzare nella cooperazione in tutti gli ambiti, in appoggio allo sviluppo sostenibile dell’area”.

3 Informazione, consultazione e partecipazione. “Nel 2004, la iniziativa di ICP vede programmato un monitoraggio della società civile della regione del PPP. Tale ricerca si baserà su un formulario da compilare che alimenterà un database. Come risultato, tale mappatura favorirà la realizzazione di “migliori consultazioni”con la società civile” in Interaction, Reunión entre ONGs y IDB – PPP 12 de febrero 2004, 10:00 - 1:00 pm. Sede del BID Washington, DC. http://www.interaction.org/idb/index.html.

Interaction è fortemente critica rispetto a tale progetto sostenendo che l’idea che muove il BID al censimento della società civile siano piuttosto la volontà di conoscere l’opinione pubblica rispetto al PPP e quella di rendersi conto di quali siano i settori della società civile che rappresentano un ostacolo alla realizzazione del Piano.

4 Mecanismo de Tuxtla, DECLARACIÓN CONJUNTA DE LA QUINTA CUMBRE DEL MECANISMO DE DIÁLOGO Y CONCERTACIÓN DE TUXTLA, 28 giugno 2002.
http://www.iadb.org/ppp/files/documents/OTRO/OTRO-New/DeclaracionMerida.pdf

5 “Analisi del clima di opinione a livello regionale e raccomandazioni”.
http://www.iadb.org/ppp/files/documents/OTRO/OTROICP/ReporteFinal%20PPPFleishmanHillardweb.doc

6 L’uso del condizionale è d’obbligo dato che non è stato possibile ricavare informazioni più dettagliate rispetto a questo aspetto. Ci limitiamo così a riportare quanto descrittoci da Cesar Bustamante, responsabile del PPP nell’ufficio del BID in Messico, in un’intervista sostenuta dieci giorni prima della riunione di Managua.

Bustamante ha anche confermato che sinora il Messico non ha effettuato alcuna consultazione con le popolazioni indigene e che, comunque, il Governo Fox terrà una propria agenda al riguardo, diversa da quella del BID. Ciò è stato affermato anche da Mr. Antinori, responsabile del PPP presso il BID, in occasione della riunione del 12/02/04 tra ONG e BID, quando ha ricordato che il Messico non può essere incluso nella strategia di Informazione, Consultazione e Partecipazione promossa dalla Banca perché il suo denaro non proviene dal BID.

7 Ricercatore in specifico sui temi di militarizzazione e migrazione. È direttore del Seminario permanente de estudios chicanos y de frontera dell’Istituto Nazionale di Antropologia e Storia (INAH).

8 Juan Manuel Sandoval, El PPP como regulador de la migracion laboral, in A. Bartra, coordinatore, op. cit., pag. 251.

9 Come descritto in modo dettagliato da Armando Bartra, Sur. Megaplanes y utopias en la America equinoccial, in A. Bartra, coordinatore, op. cit., pag. 27.

“La relazione economica tra il Messico ed i paesi del Centro America è profondamente asimmetrica: per ogni dollaro esportato in Messico dalle 7 economiche istmiche, esse importano da questo paese beni per 4 dollari. Dall’altra parte, per il Messico questa relazione commerciale è poco rilevante, dato che per ogni dollaro di esportazione verso i sette vicini del sud, ce ne sono 11 ai ‘soci’ del nord, e in quanto alle importazione messicane, la percentuale che ha origine centroamericana è insignificante. Le economie dei paesi poveri guardano in alto e l’articolazione tra Mesoamerica e Nord America, con il Messico come cerniera, conferma l’affermazione”.

10 Non è un caso che sia in corso di negoziazione anche un Trattato di Libero Commercio per l’America Centrale (CAFTA, Central America Free Trade Agreement). La citazione è tratta da Juan Manuel Sandoval, op. cit., in A. Bartra, coordinatore, op. cit., pag. 251.

11 “Reforma”, Plantea Colombia sumarse al PPP, México D.F., 14 gennaio 2004.

12 Ibidem.

13 “Gli Stati Uniti [d’America, N.d.R.] affrontano oggi la concorrenza europea e giapponese. L’UE è cresciuta, come sappiamo, nel proprio processo di integrazione e, inoltre, ha trovato un’area sfruttabile nei paesi dell’ex blocco socialista, visti come una nuova periferia sottosviluppata. Il Giappone mantiene la propria grande influenza sull’area asiatica dove l’economia ha un peso importante. Perciò, per gli Stati Uniti, creare in America Latina un’unica regione sotto il proprio dominio e comando è una forma di far fronte a questa concorrenza tra i grandi centri di potere economico; significa rafforzare il controllo sulla regione nella battaglia per il controllo di mercati ed investimenti, per la collocazione del capitale speculativo, per l’accesso alle risorse naturali […]” citazione tratta da O. Martinez, ALCA – El proyecto de anexion de America Latina a Estados Unidos en el siglo XXI, in CRIE, Construyendo, No. 181-182, dicembre 2001 – gennaio 2002, pag. 14.

14 AA.VV., Documento de Santa Fé II, Una estrategia por America Latina en la decada de 1990, Santa Fé, 1988. http://www.geocities.com/proyectoemancipacion/documentossantafe/santafeii.doc

15 “Gli Stati Uniti dovranno riconsiderare il programma di Impianti Gemelli/Industrie di Frontiera con il Messico, alla luce dei possibili costi economici e sociali di lungo periodo per entrambe le repubbliche. Le maquiladoras lungo la frontiera messicana-nordamericana, hanno portato impiego a centinaia di migliaia di messicani. Senza dubbio, non è chiaro se lo stesso beneficio si sia dato per i lavoratori nordamericani. Inoltre, i milioni di messicani che sono stati attratti verso il nord, e le cui aspirazioni non sono state soddisfatte, tendono ad entrare negli U.S.A. attraverso la frontiera e ciò accelera ulteriormente la immigrazione illegale. Molti dei messicani che oltrepassano la frontiera sono uomini che non possono ottenere un impiego presso le maquiladoras, giacché le principali abilità manuali ed il lavoro a cottimo sono realizzati in modo migliore dalle donne. […] La concentrazione di nuove industrie lungo la frontiera settentrionale del Messico ha reso ancor più disequilibrato il già irregolare sviluppo del paese. Perciò, le industrie nordamericane dovrebbero considerare la possibilità di spostare le proprie macchine molto più all’interno del Messico. Questo spostamento verso il sud aumenterebbe lo sviluppo equilibrato del Messico, promuoverebbe le industrie locali, stabilizzerebbe la famiglia messicana ed aiuterebbe a risolvere alcune delle condizioni sociali e sanitarie stimolate per il Programma di Industrie della Frontiera. Nel lungo periodo, tale spostamento verso l’interno del Messico, beneficerà entrambi i paesi”.

16 Si ricordano, tra le altre, le azioni in Guatemala (1954, 1960, e 1967/69), Cuba (1959-2004), Cile (1973), Argentina (1976), Granada (1983), El Salvador (decade del 1980); Nicaragua (decade del 1980); Panama (1989).

17 Ogni 100 persone che tentano di entrare illegalmente nei confini degli Stati Uniti d’America, 40 sono cittadini messicani.

18 C. Fazio, El juego de poder y el contendo geopolitica del Plan Puebla Panama, in CRIE, op. cit., pagg. 62-63.

19 Ivi, pag. 63. Corsivi dell’autore.

20 Y. Moguel/Finsat, Una torre de Babel el Plan Pueble Panamá, El Financiero, 4 novembre 2004.

21 Editorial: El triunfo de la abstencion, “La Jornada”, 7 luglio 2003; L. Hernandez Navarro, Ocho aproximaciones a unas elecciones olvidables, “La Jornada”, 7 luglio 2003.

22 La definizione del Messico indigeno e contadino come “Messico profondo” (México profondo) è dello storico Guillermo Bonfil Batalla.

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