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Inermi eppur pericolosi, nemici ...

Tolleranza zero per ripristinare la legalità: ma contro chi?
5 novembre 2005

Migliaia di "pendolari" ogni mattina salgono sui treni per raggiungere gli uffici, le fabbriche, le università e le scuole. Dopo una vera e propria levataccia giungono alla stazione del loro paese, prendono i treni e raggiungono le città per iniziare la giornata. Tutti i giorni, incessantemente. Ai più appare una faticaccia, una dura prova quotidiana. Probabilmente lo è. I treni sono quel che sono, gli orari effettivamente difficili. Ma anche nella situazione più aspra ci sono degli straordinari momenti: l'incontro quotidiano favorisce le amicizie, la conoscenza di nuovi posti e tantissime persone. Persone che diventano quasi la tua famiglia, luoghi che la familiarità trasforma quasi in una seconda casa. La felicità di ognuno è condivisa con tutti, i problemi di uno solo diventano di tutti.
Le stazioni sono da sempre ritrovo dell'umanità più varia, sia le più grandi e importanti che quelle piccole e quasi abbandonate. La povertà e la precarietà la fanno diventare spesso anche unico rifugio dal freddo notturno, un tetto dove ripararsi. Praticamente nessuna stazione non è coinvolta.
Questa mattina erano le 8, nell'aria ancora un freddo pungente che solo dopo un paio d'ore avrebbe lasciato il posto ad un caldo sole. Mentre scendo dal treno, preso dai miei pensieri, vengo colpito da alcuni suoni, non vicinissimi ma distinti. Sul binario vicino si sentivano delle risa, delle gaie espressioni infantili. Mi volto e vedo un bimbo, avrà 6-7 anni, forse 8, dalla folta capigliatura bionda, stava correndo e saltando. Tenerissimo e innocente come tutti i piccoli protagonisti della sua età stava dando il benvenuto al nuovo giorno così come solo lui può fare: giocando. La sua vitalità era coinvolgente e confesso che anch'io sono scoppiato a ridere, mentre la voglia di imitarlo per un attimo mi è balenata. Ma le incombenze e gli orari giornalieri chiamavano, si era fatto tardi e dovevo scappare. Quindi a testa china ho scacciato via questi pensieri e velocemente ho abbandonato la stazione. Mentre rapidamente proseguivo, il volto di quel bimbo mi è rimasto impresso e mi ha accompagnato per tutta la giornata.
Quel bimbo è solo uno dei piccoli che vivono nei dintorni della stazione, che ogni notte con le loro famiglie vi trovano rifugio. Spesso la sera tardi li osservo mentre attendo il treno per tornare a casa. Sento le loro voci e le loro risate, che ormai mi sono familiari. Tutte le sere tornano dai luoghi più diversi, spesso anche a chilometri di distanza, spesso solo con una fisarmonica e pochi spiccioli. Eppure li sento ridere, scherzare, sembrano e appaiono sereni e felici.
La settimana scorsa il telegiornale ha dato la notizia che il sindaco di Bologna, tal Sergio Cofferati mi pare di aver capito, sindacalista ed operaio per una vita(almeno così dicono ...), ha deciso di dare una svolta alla sua città. Un taglio netto per migliorare le condizioni di vita della sua città, per garantire sicurezza ai suoi cittadini, alle migliaia di persone che gli hanno espresso la loro fiducia col voto elettorale. Deciso a ripristinare la legalità il sindaco Cofferati ha dato l'ordine di sgomberare i campi e le case dove vivono i senzatetto e i migranti. Ha dovuto scegliere una priorità ed ha scelto quella: tolleranza zero quindi.
Quando l'ho sentita la prima volta ho provato un brivido. Un brivido che mi ha riattraversato questa mattina, davanti al viso innocente e tenero del bimbo. Mi chiedevo come fosse possibile, come potesse essere così. Quelle persone che non hanno nulla, che a stenti e con difficoltà giungono a sera, quei capelli biondi e quel sorriso infantile sono un pericolo pubblico. Sono una minaccia alla sicurezza di una città, di una comunità intera. Sono i nemici della legalità.
I centri delle nostre città sono teatro quotidiano di speculazioni finanziare, di attività illecite(o al limite della liceità) miliardarie, di luoghi di lavoro dove le più elementari norme di sicurezza e di umanità sono violate, crimini i più diversi e variegati vi vengono commessi. Eppure per tutto questo non vi sono provvedimenti speciali. Non vi sono per le migliaia di morti bianche quotidiane, per gli operai che lavorano in un cantiere edile dodici ore al giorno in condizioni subumane. Non vi è stata tolleranza zero contro gli speculatori che hanno condotto sul lastrico milioni di persone, onesti lavoratori che hanno visto sfumare in pochissimo tempo i frutti del lavoro di decenni. Le priorità sono altre, le vere minacce alla sicurezza e alla legalità non sono queste: no, sono gli invisibili, coloro che non appaiono durante il giorno. Persone che a sera cercano rifugio nelle periferie o in luoghi come le stazioni ferroviarie perché non hanno nessun luogo, tetto o focolare, che li aspetta.
Sindaco Cofferati perché? Perché quelle persone sono un pericolo? Perché quel bimbo è così pericoloso? Come possono quei sorrisi, quei corpi e quelle vite rappresentare la prima priorità, il nemico numero uno della Sua città?
Mi dicono che Lei è una persona buona e generosa, che per tutta una vita è stato operaio, che ha difeso per tanti anni i lavoratori da sindacalista. Perché vuole essere così duro con loro? Cosa Le hanno fatto? Condivida una sola Sua giornata e conosca la loro vita, come ha fatto con gli operai. Li guardi negli occhi, gli adulti e i bambini e ci dica: veramente questi sono i nemici della Sua città?

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