Verso l'ora di pranzo, passando per Piazza Duomo, si poteva assistere a una scena assai singolare.
Un gruppo di liceali, insieme a un mimo, gridavano, saltellando, il nome di qualche giovane star del brit-pop, a me sconosciuta, con braccia invocanti, rivolte verso l'alto della Galleria Vittorio Emanuele II, dove hanno sede gli studi di MTV.
Dal sagrato della cattedrale dei milanesi, gli rispondeva uno sparuto gruppo di tifosi, sventolando sciarpe rosse e bianche, del Pvs Eindhoven, squadra olandese, che doveva disputare un match, per qualche coppa, contro il Milan. Fin qui nulla di strano.
Ma, facendo mezzo metro alle spalle delle ragazzine urlanti, poco più di una quindicina di africani, di differenti età, manifestava la propria terribile condizione in assoluto silenzio.
Colpiscono subito i volti dignitosi e la compostezza dei movimenti.
Alcuni di loro, in piedi, a ridosso della ringhiera del metrò, reggevano dei cartelli scritti a mano, poche parole scarne ma significative. Altri, con armi e bagagli, sedevano avvolti in alcune coperte. Sono immigrati sudanesi, sono scappati dall'inferno del Darfur che tutti noi conosciamo e di cui i giornali non parlano quasi più.
Alcuni sono in Italia da un anno, altri da due mesi. Il problema è lo stesso per tutti: una vita dignitosa. Hanno fatto domanda per lo status di rifugiato politico, qualcuno l'ha ottenuto, qualcun altro no. Sono tutti provvisti di regolare permesso di soggiorno, afferente alla categoria "umanitario".
Hanno chiesto aiuto a varie istituzioni e associazioni che si occupano di diritti umani, tra cui la Caritas, ma nessuno sembra occuparsene, tranne per l'elargizione saltuaria di qualche pasto caldo.
Sono venuti nel nostro paese in cerca di un lavoro, di una casa, di una vita normale.
Alcuni di loro parlano un italiano stentato, vorrebbero impararlo ma le condizioni agghiaccianti in cui versano rendono tutto più difficile.
Passano le loro giornate alla ricerca di acqua per lavarsi, di qualcosa da mangiare, di un posto caldo dove dormire. Da un anno si sono rifugiati in un'ex caserma militare abbandonata dalle parti di Viale Forlanini. Una sistemazione di fortuna e di estrema indigenza.
"Io non ho avuto il coraggio di entrare: mi faceva troppo schifo", interviene una ragazza italiana che segue le loro vicende da qualche mese.
Adesso che l'inverno è alle porte e il freddo si fa pungente, la situazione si fa insostenibile e hanno deciso di portare la loro protesta silenziosa nel cuore della città. Possibile che nessuno può fare nulla? "Quando devi pensare a cercare da mangiare, non ti puoi lavare, dormi per terra al freddo, come puoi trovare anche un lavoro?", mi spiega sempre la ragazza di prima. "Alcune piccole associazioni si stanno movendo ma hanno pochi mezzi e fanno quello che possono".
Un cartello parla esplicito: "se non ci date un posto per dormire, noi dormiamo qua".
Stando alle foto mostratemi da un ragazzo, che ritraggono l'orrenda caserma, sicuramente Piazza Duomo è meglio di Viale Forlanini.
Magari il cardinale Tettamanzi si affaccia dal suo sontuoso palazzo e chissà … li invita a salire, almeno oggi che piove.
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