«Migranti torturati in Libia: l’Italia blocchi le espulsioni»
Human Rights Watch opera in tutto il mondo monitorando e denunciando le violazioni di ogni tipo dei diritti umani. I loro rapporti annuali sono una fonte inesauribile di notizie, ma è nei report specifici su alcune situazioni di crisi che emerge la competenza e l’indipendenza delle loro modalità operative.
E’ stato reso ieri pubblico un rapporto che riguarda l’Italia e in particolar modo gli abusi contro migranti, richiedenti asilo e rifugiati provenienti dalla Libia. Testimonianze dirette, brevi ma forti come pugni nello stomaco, aprono il testo, voci di chi racconta il trattamento subito in Libia, una frase per tutte: «Se ti uccidiamo nessuno lo verrà mai a sapere». Dopo una fase in cui il governo di Gheddafi ha aperto le porte ai lavoratori stranieri è seguita una politica repressiva senza precedenti: secondo l’organizzazione tra il 2003 e il 2005 sono stati ufficialmente “rimpatriati” verso i paesi dell’Africa Sub Sahariana, almeno 14.500 persone, molte hanno subito maltrattamenti, molte sono state rimandate in paesi da cui fuggivano per ragioni politiche ma molti altri sono riusciti ad eludere la deportazione pagando tangenti agli agenti di polizia. Nonostante ciò, anzi motivando la scelta con il rischio che in Libia “arrivino come cavallette”, Tripoli non vuole procedere ad alcuna regolamentazione in materia di diritto di asilo. E’ noto che l’Italia è il paese dell’Ue maggiormente interessato alle rotte migratorie provenienti dalla Libia, e la condanna per il modus operandi del governo italiano nel biennio 2003 - 2005 è totale: «Si è fatto beffe nel modo più eclatante delle leggi internazionali». Si ricorda poi come agli operatori di Hrw sia stato negato l’accesso al centro di Lampedusa, come 5700 persone siano state deportate a spese del governo italiano, dalla Libia, la pericolosità del decreto del 14 luglio 2003 che consente alla Marina Militare di intercettare le imbarcazioni e, possibilmente di obbligarle a ripiegare nelle acque territoriali dei paesi di provenienza. L’Italia viene considerata corresponsabile per qualsiasi refoulment derivante dalle espulsioni e per qualsiasi tortura o trattamento inumano e degradante a cui i soggetti espulsi possono incorrere in seguito al rimpatrio.
Hrw ha proceduto intervistando 56 persone transitate per la Libia operando tanto in Italia quanto nel paese nordafricano e si conclude con raccomandazioni specifiche alla Libia, ai paesi dell’Ue e al governo italiano. Si chiede a Tripoli di rivedere drasticamente le proprie politiche in materia, il sistema legislativo e gli strumenti di controllo e accesso, agli Stati membri dell’Ue di evitare nel frattempo espulsioni verso la Libia e al governo italiano di non praticare più espulsioni di massa di cittadini di paesi terzi verso la Libia. Nel ricostruire poi le diverse fasi della politica europea ed italiana in merito al cosiddetto contrasto all’immigrazione clandestina, il rapporto apre molti interrogativi in merito alla nozione di “paese terzo sicuro” in cui contenere i richiedenti asilo e alle pratiche di esternalizzazione delle frontiere compiute da singoli paesi o sulla base di accordi fra alcuni governi Ue. Una descrizione puntuale di quelli che sono stati individuati come 3 campi di detenzione in Libia programmati da Berlusconi mediante accordi bilaterali mai formalizzati e si conferma che nel solo 2003 si sono spesi per accordi con Tripoli 5.5 milioni di Euro. Un cenno interessante è posto sulle condizioni di vita nei nostri cpt, in particolare quello di Lampedusa, rimarcando il ruolo e le posizioni di forze politiche e società civile che vorrebbe la loro chiusura, contemporaneamente si affronta il nodo irrisolto delle espulsioni che troppo spesso sono avvenute senza appurare se i destinatari del provvedimento fossero stati messi in condizione di chiedere asilo. Si coglie la volontà di fornire strumenti atti ad evitare che la politica di cooperazione con Gheddafi continui a produrre i risultati del passato. L’organizzazione umanitaria interviene ancheFrancesco Martone, parlamentare della Sinistra Europea, impegnato da anni sul tema è lapidario: «Il rapporto conferma quanto affermiamo da tempo. Si tratta ora di chiudere con accordi che prevedono pattugliamenti e interventi militari e dotare finalmente l’Italia di una legge organica sul diritto d’asilo».
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