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Da vittime a cittadine e cittadini

è il titolo di un documento promosso dalla onlus "On the road" e dal comitato CNCA
11 gennaio 2007
Gioia Salvatori

Non solo prostituzione, ma anche adozioni internazionali illegali, traffico d’organi, accattonaggio e manovalanza per la criminalità. La tratta degli esseri umani per questi fini sposta da una nazione all’altra vittime spesso incapaci di immaginare il proprio destino. L’Italia, terra di immigrazione, è il paese europeo che celebra il maggior numero di processi contro i soggetti dediti al commercio degli esseri umani. Con un occhio di riguardo per la tutela della vittima, ma soprattutto se è prostituta e soprattutto se denuncia.

Limiti culturali che, insieme ad altri deficit legislativi, gli addetti all’assistenza delle vittime, hanno chiesto con forza di superare reclamando leggi adeguate e concertazione con i poteri dello Stato.

"Da vittime a cittadine e cittadini" è il titolo di un documento promosso dalla onlus "On the Road" e dal comitato CNCA e a cui hanno lavorato 157 organismi tra enti locali e associazioni operanti nel settore. Dicono basta ai finanziamenti a termine, chiedono che il tavolo interministeriale sulla tratta inglobi le associazioni del privato sociale e che l’articolo 18 del Testo unico sull’immigrazione del 1998, quello che prevede protezione per le vittime extracomunitarie, venga modificato in modo da tutelare anche i cittadini dell’Unione europea.

Proprio questo è uno dei punti principali del dibattito visto che dal primo gennaio 2007 i cittadini rumeni, e ben il 30 per cento dei soggetti beneficiari di protezione vengono dalla Romania, non sono più extracomunitari. E non si parla solo di adulti: su 11.226 vittime di tratta e grave sfruttamento registrate dal marzo 2000 al maggio 2006 in Italia, ben il 53 % dei minori, dal 2004, viene dalla Romania.

"Abbiamo intenzione di proporre un decreto legge – annuncia il Capo Dipartimento per i diritti e le pari opportunità e presidente della Commissione interministeriale sulla tratta, Silvia Della Monica – che estenda l’articolo 18 del testo unico sull’immigrazione anche ai cittadini comunitari. C’è una buona base politica per la protezione delle vittime ma va migliorata". Il problema è non solo normativo ma anche culturale e di forza pubblica. "Bisognerebbe rivedere tutto il sistema e cambiare mentalità noi per primi – dice Marco Bufo della onlus ‘on the road’ – bisogna capire che non ci sono solo le vittime della prostituzione e del caporalato. C’è, per esempio, il lavoro forzato nel badantato. Bisognerebbe configurare meglio il reato di grave sfruttamento lavorativo".

Da parte sua, invece, Giusto Sciacchitano sostituto procuratore della direzione nazionale antimafia, denuncia la difficoltà della procura nel perseguire chi gestisce le tratte umane. "La criminalità di casa nostra approfitta dei traffici umani, penso alla camorra, che una volta affittò la strada alla prostituzione – spiega – ma chi gestisce le tratte per lo più sono gruppi criminali stranieri, di nazioni che non sempre hanno fondi da investire nella lotta alla criminalità e dove spesso la corruzione dei funzionari di polizia compromette gravemente le indagini".

A casa nostra, intanto, il sottosegretario del ministero del lavoro Rosa Rinaldi annuncia, oltre che disponibilità a entrare nel tavolo interministeriale, l’assunzione di 300 ispettori e 60 Carabinieri specializzati in diritto del lavoro.

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