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Anzitutto c'è la minaccia della guerra

11 settembre 2005
Aldo Capitini
Fonte: Liberazione (http://www.liberazione.it)

La nostra contestazione del sistema è generale, per le ragioni che sempre diciamo:
1. non vogliamo che ci sia un sistema che agisca con la violenza fisica sulle persone di origine vicina o lontana;
2. non vogliamo che ci sia un sistema che mantenga (con la violenza) l'inferiorità della povertà di tanti esseri umani;
3. non vogliamo che si possa "manipolare" l'opinione degli altri, diffondere cose false o tendenziose, o privare alcuni esseri della libertà di informazione e di critica;
4. non vogliamo che si amministri e governi ciò che è pubblico senza la costante possibilità del controllo di tutti dal basso.

Ma noi sviluppiamo questa contestazione in un modo nostro, diverso dai gruppi violenti, perché:
1. il nostro animo e il nostro metodo non è contro le persone, ma contro certi fatti, certe strutture, certi modi di agire, che possono essere sostituiti da altri. Noi facciamo appello continuamente alla possibilità di miglioramento in futuro degli esseri, e perciò il nostro contrasto è con un certo determinato agire e non con tutta la persona. La garanzia che perciò possiamo dare a tutti non è tanto di difendere ad oltranza le loro cose, quanto di difendere i valori di tutti, qualche cosa che è reale o potenziale, oggi o domani, in tutti gli esseri (noi saremo sempre per la promozione in tutti della libertà, dello sviluppo, dell'uguaglianza, della nonviolenza, ecc.);
2. per noi è molto importante il rapporto con le persone, che può essere di solidarietà in certe campagne nonviolente, e può essere indipendente da queste; sempre siamo interessati alle persone e agli altri esseri, al tu, al dialogo, alle assemblee. Noi sappiamo che c'è sempre da praticare e perfezionare questo rapporto, ad ogni livello e occasione della nostra vita;
3. per noi i beni sono, più o meno esplicitamente, di tutti, aperti alla fruizione pubblica. Deve diventare assurdo che ci sia un escluso, un mancante, un misero, mantenendo diversi livelli sociali e una limitazione di possibilità per alcuni;
4. le frontiere vanno superate, e la parola "straniero" è da considerare come appartenente al passato. (...).

(tratto da "Il potere di tutti", La Nuova Italia, Firenze 1969)

La nonviolenza non è cosa negativa, come parrebbe dal nome, ma è attenzione e affetto per ogni singolo essere proprio nel suo esser lui e non un altro, per la sua esistenza, libertà, sviluppo. La nonviolenza non può accettare la realtà come si realizza ora, attraverso potenza e violenza e distruzione dei singoli, e perciò non è per la conservazione, ma per la trasformazione; ed è attivissima, interviene in mille modi, facendo come le bestie piccole che si moltiplicano in tanti e tanti figli.

Nella società la nonviolenza suscita solidarietà viva e dal basso. Anche verso gli esseri non umani la nonviolenza ha un grande valore, appunto come ampliamento di amore e di collaborazione.

Non bisogna impantanarsi nei casi e nelle ipotesi in cui sia lecita o no la violenza; anzitutto c'è una minaccia di violenza che investirebbe tutti, la guerra, ed è contro di essa che bisogna scegliere l'atteggiamento più religioso; e poi nei casi individuali è da tener presente che la nonviolenza è creazione, è un valore, e che può essere sempre svolta meglio. La nonviolenza ha diritto al suo posto in mezzo alle rivoluzioni, e aggiunge princìpi preziosi nell'educazione.

(tratto da "Religione aperta", seconda edizione, Neri Pozza Editore, Vicenza 1964. La prima edizione è del 1955)

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