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Donne e violenza

2007: Anno europeo delle Pari Opportunità per tutti
13 marzo 2007
Valeria Rocca

Mai più violenza sulle donne. Vignetta di Mauro Biani in occasione dell'omonima campagna di Amnesty International dell'8 marzo 2004. È una voce che sta diventando sempre più forte quella di tutte le donne che vogliono uscire dalla sfera di violenza e discriminazione che le avvolge. Sintomo di una cultura patriarcale e arcaica, la violenza è diventata purtroppo un tutt’uno con la vita di milioni di donne, diversa nei modi ma non nella sua forza devastante: violenza domestica, stupri, mutilazioni, lapidazione, ecc. Sbaglia chi ritiene che il fenomeno sia limitato ai Paesi del Terzo Mondo, basti pensare che molti Paesi europei hanno intrapreso iniziative volte proprio a combattere tale violenza. Il 2007 per esempio è stato designato dall’Unione europea come “Anno europeo delle Pari Opportunità per tutti” ed è diretto alla promozione dei diritti, al riconoscimento della rappresentanza, alla partecipazione e al rispetto, in una società che vuole abbattere la piaga della violenza e della discriminazione.

È nell’ottica di tale iniziativa che si ricollega la campagna pubblicitaria di queste settimane contro la violenza sulle donne promossa dal Ministero dei diritti e delle pari opportunità: si vede una donna, una donna che ha subito palesemente delle violenze, e si sentono i suoi pensieri, pensieri rivolti ad un possibile estraneo che chiede spiegazioni, e lei si giustifica, dice che è caduta, inciampata, che è finita proprio contro “un qualcosa” che le ha procurato quel livido, cammina visibilmente scossa, affranta dal suo segreto. Questa è, a mio parere, un’ottima iniziativa della Ministra Pollastrini, incisiva e toccante.

Per quanto riguarda i Paesi del Terzo Mondo è bene porre l’attenzione su quella che è una pratica ormai millenaria: la mutilazione genitale femminile. Forse ancora poco conosciuta per la delicatezza e la riservatezza che comporta, ma ora sono le donne africane che ci richiamano all’attenzione, che ci chiedono aiuto, sono le donne africane che, sfidando la loro cultura, pretendono di porre fine a questo strazio. Secondo l’Onu sono 150 milioni le donne e bambine che hanno subito nella loro vita una qualche forma di mutilazione genitale. Perché viene praticata? Alcuni dicono che sia scritto nel Corano, ma in realtà di questa orribile pratica non vi è traccia nel Libro sacro; l’origine è nella cultura patriarcale e maschilista di questi popoli, in particolar modo africani e asiatici, che pretendono di proteggere la castità delle loro donne, la loro purezza ed impedirgli ogni piacere di tipo sessuale. Le conseguenze? Se si riesce ad evitare la morte - per dissanguamento o infezione - quando viene effettuata la pratica, si va incontro successivamente ad infezioni gravissime e a problemi legati persino alla difficoltà di urinare e avere un ciclo regolare. Non bisogna dimenticare anche i problemi a livello psicologico: da quando si è sottoposti a tale pratica – molto spesso anche a cinque o sei anni – si inizia a soffrire di depressione e altri numerosi disturbi psicologici e di relazione. È giusto accennare brevemente anche ad un’altra pratica, riscontrata recentemente in particolar modo in Africa, quella dello stiraggio del seno: le madri, per evitare che le figlie possano essere oggetto del desiderio maschile, procedono ad un vero e proprio stiraggio del seno con pietre bollenti per rallentarne e bloccarne lo sviluppo.

È necessario intervenire. Queste bambine chiedono a gran voce una vita non mutilata, chiedono di infrangere il velo di silenzio che la loro cultura impone, chiedono che se ne parli, perché anche solo parlarne può in minima parte bloccare l’orrore; è necessario che intervengano le organizzazioni sovranazionali mediante la figura dei mediatori culturali, che intervenga l’Organizzazione Mondiale della sanità educando e istruendo, che intervengano i Governi, che intervenga chiunque si mostri sensibile a tale orrore.

Non chiudiamo gli occhi.

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