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Questo segna un’epoca di grande transizione, di cui i movimenti mediorientali sono solo una delle espressioni

La primavera del nord Africa e l’autunno del Regime Islamico degli Ayatollah di Teheran

Lo tsunami e il terremoto in Giappone non ha solo ha prodotto la fusione dei reattori di Fukushima, hanno indebolito la merce di scambio del governo iraniano, cioè arricchimento dell’uranio: il nucleare ha perso il suo appeal.
14 giugno 2011
Mohsen Hamzehian (difensore dei diritti umani e responsabile dell'Unione per la democrazia in Iran )

Il risveglio della popolazione nel Nord Africa, caratterizzato da uno sviluppo rapidissimo, ha sorpreso i politologi del mondo intero. Certo non le decine di milioni di poveri e gli attivisti dei diritti umani, i prigionieri politici, i rifugiati sparsi in tutto il mondo. La polveriera medio orientale non solo non si era mai sopita, ha aumentato il suo potenziale destabilizzante attraverso la struttura demografica ( altissima percentuale di giovani), l’incremento della scolarizzazione, la modernizzazione.
Sono quasi tutti paesi governati da regimi ereditari, più meno dittatoriali più meno sanguinari, con una forte presenza di giovani che rivendicano una società più democratica e la deposizione del ristretto gruppo di potere che impone condizioni di miseria alla stragrande maggioranza della popolazione. Su tali regimi, strutturalmente rigidi e obbligatoriamente conservatori, impossibilitati a sostenere i costi di una democratizzazione delle loro società e soprattutto privi del fattore tempo, la crisi internazionale che sta scaricando su tutta l’area del Mediterraneo lo spostamento ad est dei grandi flussi economici, non ha permesso alcun rinvio.
E’ evidente che questo terremoto si è scaricato, prima di tutto, sul ruolo degli USA nell’area, spazzando via i riferimenti politici nel Nord Africa, tali erano H.Mubarak e Beni Alì. Se si sommano a questi la situazione libica, l’invio dei soldati sauditi nel Bahrein, l’instabilità siriana, le velleità militari della Turchia, si comprende che stiamo osservando l’avanzare di un incendio in una distesa di erba secca. L’inizio della Rivolta ha coinciso con la crisi del capitalismo liberista, in particolare negli USA che non riesce a mantenere l’egemonia economica mondiale. Questo segna un’epoca di grande transizione, di cui i movimenti mediorientali sono solo una delle espressioni. I cambiamenti di forza relativa hanno ridotto le capacità americane di intervento diretto nel Medio Oriente, che Pesano, sia in termini economici che geostrategici, le mancate vittorie in Iraq e in Afghanistan, con biliardi di dollari di spese ad unico vantaggio delle lobby militari, tanto che è davvero difficile immaginare l’apertura di nuovi fronti tali da gravare sulle spalle dei contribuenti.
Per quanto possa apparire, a prima vista, paradossale, l’aggregazione militare che negli ultimi dieci anni ha preteso di tenere la guida del mondo vacilla, e i paesi che hanno scelto di “combattere” la guerra per la supremazia con mezzi economici risultano rafforzati. Basti pensare alla Cina, che avrebbe dovuto tallonare il concorrente americano solo nel 2020, ha anticipato di 10 anni: dalla terza posizione economica oggi si trova al 2° posto.
I movimenti in corso non hanno ancora ottenuto ciò che desiderano e per questo mantengono una mobilitazione continua, rendendo più difficile l’azione di controllo dei loro agonizzanti governi e anche la sopravvivenza del regime degli Ayatollah del martoriato Iran. Perché tutte queste rivolte non possono non bussare anche alla porta del regime iraniano.
Inizialmente l’Iran ha cercato di rendere più forte la sua influenza su alcuni paesi in lotta, oggi però risulta indebolito sul piano nazionale. Al di là degli slogan del regime, veicolati in seno ai movimenti di protesta, un regime basato sul terrore, sulle esecuzioni capitali quotidiane e soprattutto sul non riconoscimento dei diritti della maggioranza della sua gente, cioè le donne, teme la formazione di una democrazia in questi paesi.
Il regime è terrorizzato: gli arresti dei delfini di Ahmadinejad e i suoi contrasti con l’ayatolloh Alì Khamenei, evidenziano un acuto nervosismo nei palazzi del potere che non permettono nessun dissenso anche all’interno del regime. L’uomo forte , nelle istituzioni medioevali del giureconsulto iraniano, rimane sempre l’ayatollah Alì Khamenei.
Lo tsunami e il terremoto in Giappone non ha solo ha prodotto la fusione dei reattori di Fukushima, hanno indebolito la merce di scambio del governo iraniano, cioè arricchimento dell’uranio: il nucleare ha perso il suo appeal. Il popolo iraniano non si compatterà attorno al regime per difendere il diritto ad avere centrali nucleari con il rischio che comportano. Le sanzioni economiche dei governi Europei e USA, hanno prodotto una crisi della capacità d’ acquisto della popolazione. La preoccupazione dominante ( con oltre 25 milioni di persone sotto la soglia della povertà) non è se avere o meno il nucleare civile ma come sfamarsi, ricorrendo a tutti i mezzi leciti e illeciti. Concretamente, le sanzioni nel breve e medio termine, colpiscono solo la parte più vulnerabile della popolazione.
L’Iran con i suoi milioni di giovani, che godono dell’istruzione universitaria, ha dimostrato , che la soluzione non è la sostituzione di una parte del regime con un altro apparentemente meno sanguinario. Infatti queste forze rispettano la costituzione, il codice penale e codice civile della sharia. L’ esperienza di due legislature del ex. Presidente della Repubblica Khatami ne è testimone.
Oggi il regime teme ogni raduno, i giovani non hanno diritto di passeggiare a gruppi per le strade e vengono fermati dai pasdaran o da agenti in borghese al servizio del Ministero dell’Informazione. Il regime da mesi non permette la sepoltura e corteo funebre di personalità che non siano accreditate dal regime. Questo divieto colpisce anche cittadini che semplicemente abbiano protestato dell’imbarbarimento della macchina repressiva . L’ultimo caso è del 30.05.2011: mentre gli agenti in borghese in cimitero sottraevano, alla luce del sole, la salma di Ezatolah Sahabi mentre centinaia di persone erano alla cerimonia funebre, veniva uccisa la figlia Haleh Sahabi, nota attivista dei diritti umani ed ex prigioniera politica per reati di opinione. La signora Sahabi aveva fatto resistenza agli agenti in borghese armati di pistola, spranghe e coltelli.
In questo ultimo anno, il maltrattamento dei famigliari degli uccisi in carcere e in altre località del paese, durante la cerimonia funebre, non ha provocato alcun arretramento da parte del movimento di opposizione. Non sortiscono effetti nemmeno le sceneggiate delle Tv di Stato che ogni giorno trasmettono le interviste strappate ai carcerati dagli agenti delle torture nelle carceri. L’intero popolo sa che sono strumenti per intimidire i prigionieri, i loro famigliari, gli attivisti dei diritti umani e la società civile.
La situazione sociale
La protesta, diffusa nei diversi strati della società iraniana, non è stata rallentata nemmeno dai processi sommari in assenza degli avvocati difensori, dalla minaccia continua agli scrittori e ai giornalisti, dalla totale censura dei film non graditi al regime con l’incarcerazione di registi e attori, dal controllo fisico sul la libertà di movimento dei cittadini. Probabilmente il carovita provocato dalle sanzioni ha giocato nel rafforzare il malcontento e la stessa situazione economica complessiva che ha determinato il congelamento dello stipendio di circa mezzo milione di lavoratori nelle aziende produttive e la militarizzazione dei luoghi di lavoro imprigionando i referenti dei sindacati a cui va sommata la gestione delle università da parte dei pasdaran e degli agenti in borghese, annientando ogni protesta da parte degli studenti.
Il movimento sociale antagonista nei ultimi 2 anni ha mostrato molti aspetti positivo ed anche qualche lacuna.
Il problema principale è che un movimento sociale di milioni di persone, ha bisogno di un leader politico riconosciuto. La gente comune deve essere consapevole della sua attività politica, della sua posizione sociale e del suo passato e presente personale. Questo leader deve credere nei principi di separazione dello stato dalla religione. Il movimento spontaneo del 2008, non poteva creare un leader in breve tempo, quindi ogni corrente che vi ha partecipato ha cercato di avere un ruolo per prenderne il controllo.
I leader riformisti candidati alla presidenza della Repubblica, Mussavi e Karubi, essendo parte integrante del potere, godevano di una grande esposizione mediatica. Infatti, degli oltre 400 candidati propostisi per le elezioni, solo 4 sono stati riconosciuti da Giureconsulto e hanno potuto partecipare al percorso elettorale.
In Iran non siamo di fronte ad un regime univoco. La maggior parte dei regime dittatoriali nel globo ha agito in modo univoco e compatto fino alla loro destituzione e solo in seguito si sono divisi in mille pezzi. Al contrario, ogni giorno siamo testimoni di arresti, destituzione, uccisioni delle persone con incarichi istituzionali ad alto livello e ogni giorno il parlamento iraniano decreta delle leggi contro Ahmadinejad, oppure protesta contro il licenziamento e l’assunzione ad interim di incarichi ministeriali da parte dello stesso.
In Iran le forze politiche e sociali attive, fino a questo momento, si sono comportate in modo difensivo, nel senso che piuttosto che perdere i contatti sociali, preferiscono difendere il minimo di spazio acquisito. Molte volte i leader del movimento riformista hanno dichiarato alla società ( tra questi l’ex presidente della Repubblica Khatami), ”non ascoltandoci per una riforma costituzionale, la società declina verso una società secolare che noi non condividiamo”. Naturalmente chi rivendica una società realmente soprattutto democratica e laica, rivendica anche, una società ove la costituzione riconosce, l’uguaglianza, per tutti i suoi membri, indipendentemente dal sesso, dalla nazionalità, dalla religione e dalla professione e dalla condizione economica. .
Il momento attuale lascia libero l’Iran da qualsiasi ipotetica invasione. I paesi occidentali interventisti vivono in una palude, con una macchina da guerra in affanno. Le proteste antiregime, escludendo ovviamente i pseudo riformisti, la cui efficacia antiregime è scarsissima, possono essere vittoriose.
Mohsen Hamzehian
Unione per la Democrazia in Iran – Regione Veneto

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