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PeaceLink e Unimondo - Educare alla felicità (e alla libertà)

Laura Tussi12 giugno 2016

PeaceLink e Unimondo - Educare alla felicità (e alla libertà)

“L’educazione creativa” è un testo del pedagogista Tsunesaburo Makiguchi pubblicato nel 1930 in Giappone in un periodo durante cui la nazione si stava assoggettando al militarismo e l’intero sistema scolastico si immobilizzava per formare persone sottomesse ai guerrieri dello Stato. Makiguchi, in contrasto con l’ideologia dominante, affermava, con risolutezza la priorità della felicità dei bambini, quindi la libertà dell’individuo. Era un uomo straordinariamente lungimirante che seppe mantenere intatte le sue convinzioni. Affermava che il compito dell’educazione è di formare cittadini pensanti e non sudditi obbedienti. Convinto assertore dell’umanesimo e della dignità della vita, abbracciò la filosofia buddista, attirando su di sé la spietata repressione del regime militarista. Morì martire in carcere il 18 Novembre del 1944, pagando così la sua coerenza. I suoi discepoli si impegnarono nella fondazione in Giappone di scuole di ogni ordine e grado, da asili nido ad università. Ispirandosi alle teorie e idee esposte nel libro “l’educazione creativa” di Makiguchi diverse scuole in sud America stanno sperimentando concretamente e praticamente questa pedagogia, nata 70 anni or sono sotto la minaccia del nazionalismo e che oggi fornisce risposte illuminanti ai pressanti problemi dell’educazione.

Makiguchi introduce un tema interessante ed attuale che riguarda la finalità dell’educazione ed in particolare la sua proposta consiste nel suggerire la felicità come finalità essenziale di tutti i progetti educativi, concetto che deve far riflettere attualmente. Nella scuola italiana appare inattuale ogni richiamo alla felicità come finalità di ogni processo educativo. Attualmente sussiste una situazione di crisi nella scuola italiana e delle idee pedagogiche che dovrebbero stare alla base delle istituzioni educative. La scuola appare lacerata dall'autonomia, fra un'educazione ed un'istruzione che ha monopolizzato il dibattito degli ultimi decenni intorno alla scuola, estremizzando una dimensione che non avrebbe ragione di esistere, tra uno spazio affettivo ed un ambito cognitivo. La tipica condizione attuale umana ed intellettuale della modernità si rivela in una generale crisi di senso e significato. Uno spiazzamento sul presente a cui in effetti la pedagogia non ha saputo rispondere. Dunque siamo di fronte ad una scuola priva di memoria, incapace di progettare il futuro, senza un orizzonte culturale ideologico di riferimento che magari un tempo possedeva. Vi è una crisi irreversibile delle forme di cultura e di eticità proprie della paideia occidentale, nel tramonto dell’educazione per il fatto che non risulta più vivo e presente, al di fuori di assunti dogmatici ed ideistici, alcun atteggiamento volto a proporre alle giovani generazioni progetti e percorsi dotati di senso, per la propria formazione professionale: è una crisi di senso epistemologica, politica, etica, scientifica, investendo inevitabilmente anche i progetti e processi educativi, anche per l’incapacità della pedagogia di rispondere di fornire risposte adeguate a questa crisi imminente.

L’educazione, e non solo quella scolastica, non ha saputo reagire a quella forma di schiacciamento del presente che è uno dei motivi alla base del fallimento del progetto culturale e politico della modernità, e che è all’origine di numerosi atteggiamenti e comportamenti senza dubbio pericolosamente frustranti, in un drammatico “naufragio” dell’umanità per cui nessuno può sentirsi irresponsabile. Infatti questa affermazione non intende in alcun modo giustificare un pessimistico ripiegamento solipsistico e narcisistico né una rinuncia alla fiducia della possibilità della pedagogia di intervenire attivamente sulle situazioni, ma è anche la premessa realistica per un rilancio della progettualità pedagogica come risposta che può essere adeguata, forse più di altre, al mutamento di paradigma che caratterizza l’orizzonte culturale della postmodernità. Nonostante la crisi di progettualità, la mancanza di finalità educative condivise, l’assenza di una dimensione etica, non si è mai parlato tanto di educazione e scuola come nel periodo attuale, né la scuola, e il suo impianto formativo, è mai stato tanto al centro dell’interesse politico e della società civile come lo sono ora con la discussione sulla riforma complessiva dei cicli scolastici, sulle riflessioni della parità scolastica e tutti gli altri cambiamenti in atto. L’atmosfera filosofica generale dell’occidente moderno sembra poco propensa all’idea di felicità, nel senso che ha privilegiato da una parte, il lato tenebroso dell’esistenza, dove l’autenticità si genera solo nell’inquietudine e nell’angoscia, e dall’altro ha escluso quella dimensione interiore, alla ricerca di una aspirazione di felicità che si potrebbe collocare solo sul piano sociale, magari ideologicamente inteso e coniugato. Resta quindi ben poco della felicità al di là di un richiamo ideale del liberalismo anglosassone tanto astratto dal diritto alla felicità espresso nella Costituzione americana e rimane un’idea di felicità circoscritta e minimale oppure edonista e superficiale.

Naturalmente questa idea di felicità, filosoficamente compromessa, non trova spazio nel progetto educativo di una scuola italiana che è pedagogicamente in crisi. Eppure è proprio questa l’indicazione chiara dell’attività di un filosofo dell’educazione così lontano nel tempo e nello spazio, come Makiguchi, che visse in Giappone a cavallo tra ‘800 e ‘900, e accompagnò il progetto di rapida modernizzazione che avrebbe trasformato il suo Paese da uno stato feudale ad una potenza imperialista in circa cinquant'anni. Makiguchi assistette agli esiti disastrosi dell'ascesa al potere del militarismo nazionalista e della sua sciagurata alleanza con i nazifascisti europei, ma soprattutto visse quelle profonde trasformazioni come maestro, direttore e pedagogista, accompagnando il proprio agire educativo con una costante attività critica. Le idee pedagogiche di Makiguchi, che oggi sono appunto conosciute anche in Italia, non sono isolabili dalla sua biografia, perché egli si oppose fieramente e risolutamente alle politiche educative che produssero un sistema scolastico, prima pensato come strumento per accelerare quella modernizzazione dall’alto, per cui in pochi anni si ridusse il livello di analfabetismo, mentre in Italia si riviveva ancora nell’arretratezza, e d’altra parte sempre quel sistema educativo doveva creare il consenso intorno ad un regime sempre più assolutista, al fine di disseminare quell’ideologia e retorica militarista. 

Makiguchi di fronte a questo fanatismo assurdo fu ribelle ed intransigente e disposto a pagare personalmente il prezzo di quelle scelte. Fu spesso bersaglio di provvedimenti disciplinari, di trasferimenti, di retrocessioni. Nel 1930, due anni dopo la sua conversione al buddismo, fondò la società educativa per la creazione di valore, di cui l’attuale Soka Gakkai è la prosecuzione moderna. Allora era un’organizzazione di insegnanti che portava avanti il progetto e i metodi educativi da lui teorizzati e reclamava a gran voce una riforma complessiva e radicale del sistema educativo: fu allora che divenne sospetto al regime. Fu arrestato in nome della famigerata legge liberticida per il mantenimento dell’ordine pubblico e morì nel 1944 per le conseguenze di un rigidissimo regime carcerario. La sua opera originale in quattro volumi dal titolo “Il sistema della pedagogia creatrice di valore” va letta come una sorta di diario intellettuale scritto da un educatore militante che affronta i problemi concreti ed a partire da essi propone le sue riflessioni.L’accento sulla felicità come stile dell’educazione deve essere interpretato proprio in questo tipo di vissuto, di una pedagogia praticata con un militante spirito pacifista, con responsabilità etica, critica e sociale, volta allo sviluppo delle potenzialità individuali, in opposizione alla dogmatica tendenza omologante del regime dell’epoca. Oltre il valore storico e delle vicende biografiche che indubbiamente accrescono lo spessore esistenziale della proposta di Makiguchi, il richiamo alla felicità nell’educazione conferma che oggi con tutta la sua straordinaria ingenuità, con il suo elementare valore, ha addirittura una valenza profetica. E’ certo necessario quale sia la felicità a cui si riferisce Makiguchi, si tratta di uno stato d’animo inteso come esito collaterale al processo di creazione di valore

Laura Tussi

Docente, giornalista e scrittrice, si occupa di pedagogia nonviolenta e interculturale. Ha conseguito cinque lauree specialistiche in formazione degli adulti e consulenza pedagogica nell'ambito delle scienze della formazione e dell'educazione. Collabora con diverse riviste telematiche tra cui PressenzaPeacelinkIldialogo ed ha ricevuto il premio per l'impegno civile nel 70esimo Anniversario della Liberazione M.E.I. - Meeting Etichette Indipendenti, Associazione Arci Ponti di Memoria e Comune di Milano. Autrice dei libri: Sacro (EMI 2009), Memorie e Olocausto (Aracne 2009), Il dovere di ricordare (Aracne 2009), Il pensiero delle differenze(Aracne 2011), Educazione e pace (Mimesis 2012), Un racconto di vita partigiana - con Fabrizio Cracolici, presidente ANPI Nova Milanese (Mimesis 2012), Dare senso al tempo-Il Decalogo oggi. Un cammino di libertà (Paoline 2012), Il dialogo per la pace. Pedagogia della Resistenza contro ogni razzismo (Mimesis 2014), Giovanni Pesce. Per non dimenticare (Mimesis 2015) con i contributi di Vittorio Agnoletto, Daniele Biacchessi, Moni Ovadia, Tiziana Pesce, Ketty Carraffa. Collabora con diverse riviste di settore, tra cui: "Scuola e didattica", Editrice La Scuola e "Rivista Anarchica". Promotrice del progetto per non dimenticare delle Città di Nova Milanese e Bolzano www.lageredeportazione.org e del progetto Arci Ponti di memoria www.pontidimemoria.it. Qui il suo canale video.

 

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