Albert, bollettino pacifista settimanale dal 19 al 25 maggio 2025

Cresce la mobilitazione contro il rinnovo del Memorandum militare Italia-Israele

C'è anche la diffida di dieci giuristi. Sabato 24 maggio sono stati esposti i lenzuoli bianchi per ricordare le vittime palestinesi. Intanto le bombe israeliane uccidevano 9 dei 10 figli di una pediatra palestinese. E gli Usa annunciavano la macabra nascita della loro nuova bomba atomica: la B61-13.
25 maggio 2025
Redazione PeaceLink

Albert

Albert

Bollettino pacifista settimanale

La voce della ragione in tempo di guerra


Revocare il Memorandum d’Intesa militare fra Italia e Israele

Il prossimo 8 giugno 2025 si rinnoverà tacitamente il Memorandum d’Intesa militare fra Italia e Israele. Dieci giuristi italiani hanno inviato al Governo una diffida formale affinché si fermi questo rinnovo, ritenuto incostituzionale e contrario ai trattati internazionali.

La diffida richiama:

  • il parere della Corte Internazionale di Giustizia (luglio 2024), che ha dichiarato illegale l’occupazione israeliana dei Territori Palestinesi Occupati; Sudario per Gaza

  • le misure provvisorie della Corte nello stesso procedimento, che riconoscono la plausibilità di un genocidio in corso a Gaza;

  • i mandati di arresto della Corte Penale Internazionale (novembre 2024) contro Netanyahu e Gallant per crimini di guerra e contro l’umanità.

I giuristi sottolineano come il Memorandum sia rimasto in vigore in modo opaco e privo di trasparenza verso i cittadini italiani, generando costi per lo Stato senza un chiaro controllo democratico. Denunciano inoltre come i suoi rinnovi siano coincisi con gravi offensive israeliane a Gaza (Piombo Fuso, Margine Protettivo, Pilastro di Difesa, Grande Marcia del Ritorno), e come il prossimo rinnovo avverrebbe in piena crisi umanitaria con oltre 60.000 morti palestinesi, di cui 18.000 bambini. Sudario per Gaza

Secondo la diffida, l’Italia violerebbe apertamente la Costituzione (in particolare gli articoli 10, 11 e 117) e i principi del diritto internazionale, che impongono agli Stati di non contribuire, in alcun modo, al mantenimento di situazioni illegali come l’occupazione militare e la colonizzazione israeliana.

La Corte Internazionale ha stabilito che tutti gli Stati hanno il dovere di non prestare aiuto ad atti contrari al diritto internazionale e alla dignità umana. L’Italia, non avendo mai preso ufficialmente le distanze da queste violazioni, rischia di essere complice sul piano giuridico e politico.

PeaceLink ritiene necessario e urgente:

  • chiedere al Governo di interrompere la cooperazione militare con Israele;

  • scrivere ai parlamentari perché incalzino il governo sui punti evidenziati dai dieci giuristi;
  • aprire un dibattito pubblico sulla complicità militare fra Italia e Israele consentita dal Memorandum di Intesa.

Sudario per Gaza

Diffida formale al Governo – testo

ATTO DI SIGNIFICAZIONE CON CONTESTUALE DIFFIDA AD ADEMPIERE PER DOVERE DI FEDELTÀ ALLA COSTITUZIONE

I sottoscritti:

• CARDUCCI Michele 

• DINI Veronica 

• GALLO Domenico 

• GIANNANGELI Ugo Sudario per Gaza

• MARCELLI Fabio

• PACCIONE Luigi 

• SALERNI Arturo 

• SALTALAMACCHIA Luca

• VITALE Gianluca

tutti rappresentati ai soli fini del presente atto dall’Avvocato Luigi Paccione, in forza di deleghe sottoscritte da ognuno di essi e allegate ai piedi della presente diffida, ed elettivamente domiciliati presso lo studio del detto procuratore, in Bari alla Via Quintino Sella civico 120, nonché, ove occorra, all’indirizzo PEC: luigi.paccione@legalmail.it risultante dal Registro Generale degli Indirizzi Elettronici [RegIndE] gestito dal Ministero della Giustizia,

agendo in nome

della Costituzione italiana, della CEDU e dei Trattati della UE, nonché della “Carta internazionale dei diritti dell’uomo” dell’ONU e della “Dichiarazione delle Nazioni Unite sui difensori dei diritti umani”, adottata con Risoluzione n. 53/144 dell’Assemblea generale ONU nel 1999,

premettono quanto segue:

1. Il 16 giugno 2003, è stato sottoscritto a Parigi il Memorandum d’intesa (d’ora in poi Memorandum) «tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo dello Stato di Israele in materia di cooperazione nel settore militare e della difesa».

2. Il Memorandum è stato ratificato dalla legge n. 94 del 17 maggio 2005, entrata in vigore l’8 giugno 2005, contenente anche l’ordine di esecuzione.

3. Come si legge dalla “Relazione tecnica” allegata al disegno di legge di ratifica dello stesso, comunicato alla Presidenza del Senato della Repubblica il 28 ottobre 2004 (atto n. 3181), l’attuazione del Memorandum «comporta oneri per il bilancio dello Stato» (dunque dei cittadini).

4. Il Memorandum contempla il periodico rinnovo tacito quinquennale, ove non intervenga denuncia scritta, notificata da una delle parti all’altra, prima della scadenza del quinquennio.

5. In caso di denuncia, il Memorandum cessa di avere efficacia al sesto mese successivo alla sua notifica.

6. Per il procedimento amministrativo di denuncia del Memorandum, si seguono le regole di procedura disciplinate dalla Segreteria Generale del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (d’ora in poi, MAECI), formalizzate in apposita Circolare, di cui l’ultima, in ordine di vigenza, è la n. 1 del 24 aprile 2025 (prot. A/XII/4), con allegate FAQ per la sua applicazione da parte degli Uffici competenti.

7. Ad oggi, il Memorandum non è mai stato denunciato da nessuna delle due parti.

8. Il Memorandum abilita a una serie di attività non tutte conoscibili dai cittadini italiani, in ragione del fatto di contenere informazioni riservate e addirittura coperte da segreto militare, il che fa supporre, proprio in virtù del segreto, che lo stesso consista in scambi di informazioni (tecniche o politiche) con finalità non civili, bensì, come minimo, di difesa se non di strategia geopolitica o di conflitto.

9. Di fatto, il Memorandum è rimasto in vigore in tutti questi anni, senza consentire ai cittadini italiani di conoscere, anche solo sommariamente, non solo le ragioni e le finalità del suo utilizzo da parte degli Stati contraenti, ma soprattutto la sua effettiva applicazione negli scenari reali di impiego, per esempio se riferiti al territorio italiano oppure a quello dello Stato israeliano o addirittura nel c.d. PTO (“Palestinian Territories Occupied” – “Territorio Palestinese Occupato”), su cui, com’è noto, pende una pluridecennale strutturale violazione, da parte dello Stato di Israele, del diritto internazionale e umanitario.

10. In particolare, la riservatezza del Memorandum impedisce ai cittadini italiani (nella loro qualità di popolo sovrano che opera «nelle forme e nei limiti della Costituzione stessa», per ossequio all’art. 1 Cost.) di conoscerne il suo impiego in conformità o meno tanto con l’art. 1 della legge n. 185/1990 quanto, soprattutto, con la Costituzione italiana e, dunque, con gli artt. 1, 2, 3, 10, 11, 28, 54, 117, comma 1, Cost., violando, a tutti gli effetti, sia il diritto all’informazione, costituzionalmente protetto all’art. 21 Cost., quanto il diritto umano alla pace, presidiato dall’art. 10 Cost. nel combinato con l’art. 28 della Dichiarazione universale dei diritti dell’Uomo, il quale riconosce che «ogni individuo ha diritto ad un ordine sociale e internazionale nel quale i diritti e le libertà enunciati in questa Dichiarazione possono essere pienamente realizzati», in coerenza, tra l’altro, con lo Statuto delle Nazioni Unite, dove, com’è noto innovando il precedente diritto internazionale, si attribuisce ai «popoli» (non certo agli Stati) la decisione di «salvare le future generazioni dal flagello della guerra» e, in Italia, il “popolo”, come altrettanto noto, si identifica nei cittadini e vive attraverso i diritti e doveri dei singoli cittadini della Repubblica, ai sensi degli artt. 1, 2, 3 e 54 della Costituzione.

Prima incostituzionalità da denunciare sull’applicazione trascorsa del Memorandum

11. L’applicazione del Memorandum ha operato, sino ad oggi, in uno stato permanente di violazione della Costituzione, impedendo ai cittadini italiani, nonostante gli oneri a carico del bilancio dello Stato, di essere informati sul suo utilizzo (e sui costi del suo utilizzo) in conformità con l’art. 1 della legge n. 85/1990, con conseguente violazione del diritto all’informazione ex art. 21 Cost, e del diritto umano alla pace, nel combinato disposto degli artt. 1, 2, 3, 10, 11, 28, 54 e 117, comma 1, della Costituzione italiana.

12. Valgano, a conferma dello stato permanente di incostituzionalità, i seguenti riscontri:

a. il primo rinnovo del suddetto Memorandum ha di fatto coinciso con l’operazione denominata “Piombo fuso”, che ha provocato oltre 1400 vittime palestinesi nonché migliaia di feriti a Gaza (cfr. Report of the United Nations Fact-Finding Mission on the Gaza Conflict A/HRC/12/48, nonché Amnesty International, Israel/Gaza: Operation “Cast Lead”: 22 days of death and destruction, 2009);

b. il secondo rinnovo di fatto ha coinciso con l’evento denominato “Margine protettivo”, che ha provocato oltre 2200 vittime palestinesi (di cui 547 bambini) oltre migliaia di feriti a Gaza (cfr. UN Report of the independent commission of
inquiry established pursuant to Human Rights Council
resolution
S-21/1, la Risoluzione A/HRC/RES/S-21/1, i Rapporti del Consiglio dei diritti umani dell’ONU A/HRC/RES/29/25 e A/HRC/29/52), quando, poco tempo prima era già circolata la notizia della consegna dei primi dei 30 aerei M346 prodotti dalla Alenia Aermacchi (oggi confluita nel gruppo Leonardo SpA) con contratto stipulato nel 2012 (in coincidenza con altro evento denominato “Pilastro di difesa”, che ha provocato oltre 170 vittime nonché migliaia di feriti a Gaza) (cfr. Report of the United Nations High Commissioner for Human Rights on the implementation of Human Rights Council resolutions S-9/1 and S-12/1 https://docs.un.org/en/A/HRC/22/35 A/HRC/22/35/Add.1 nonché Amnesty International, Israele/Gaza: un anno dopo l’operazione ‘Pilastro di difesa’, l’incubo continua, 2013);

c. Il terzo rinnovo ha coinciso con l’operazione effettuata dall’esercito israeliano durante la “Grande marcia del ritorno”, che ha provocato oltre 230 vittime nonché 33.000 feriti. (secondo Assopace del 27 novembre 2020), nonostante tale “Grande marcia del ritorno”, una delle più grandi manifestazioni pacifiste e pacifiche della storia, svoltasi ogni venerdì dal 30 marzo 2018 per 86 settimane, rivendicasse semplicemente il diritto al ritorno dei profughi, in conformità col diritto sancito dalla Risoluzione ONU n. 194 del 1948 (cfr. Report of the independent international commission of inquiry on the protests in the Occupied Palestinian Territory A/HRC/40/74).

Seconda incostituzionalità da denunciare sull’applicazione odierna del Memorandum

13. Adesso, il quarto rinnovo del Memorandum rischierebbe di coincidere non più semplicemente con uno stato permanente di incostituzionalità interna, ma addirittura con una palese, deliberata violazione, sistematica e intersezionale, del diritto internazionale generale, del diritto internazionale pattizio e del diritto umanitario.

14. Giova, in merito, formulare alcune precisazioni.

L’occupazione israeliana nel PTO non costituisce soltanto una violazione del diritto internazionale umanitario (ius in bello), ma rappresenta una vera e propria minaccia alla pace, in violazione dello ius ad bellum, sancito dalla Carta delle Nazioni Unite.

Di conseguenza, essa si pone in palese contrasto tanto con il diritto internazionale pattizio, cui l’Italia si subordina ai sensi degli artt. 10 e 117, comma 1, Cost, (per esempio in materia di riconoscimento dei diritti umani per qualsiasi persona in coerenza con gli artt. 2 e 3 Cost.), quanto con il “ripudio” della guerra, di cui all’art. 11 Cost., e con il diritto internazionale generale, di cui all’art. 10 Cost.

15. Inoltre, costituisce fatto notorio il contesto in cui sta operando, da circa due anni, lo Stato di Israele.

16. Si tratta di un contesto di distruzione, morte e costante mortificazione della dignità della persona umana, se solo si constata che per esso si contano già 60.000 vittime accertate (se non addirittura il triplo, stando alle stime elaborate dalla rivista The Lancet in Counting the dead in Gaza: difficult but essential, vol. 404, 2024), di cui 18.000 bambini, nonché 115.000 feriti (con 60.000 bambini a rischio morte per malnutrizione o malattie e 1055 bambini in stato di detenzione o restrizione della libertà personale in Cisgiordania).

17. Siffatto contesto di distruzione, morte e costante mortificazione della dignità della persona umana è stato accertato da diverse Autorità competenti, e inquadrato nelle sue conseguenze di legittimità per il diritto internazionale e non solo per il diritto umanitario.

18. Il diritto umanitario, infatti, regola la condotta dei conflitti, ma non stabilisce se un’occupazione sia legittima né quando debba cessare. La Corte Internazionale di Giustizia (d’ora in poi, CIG) ha chiarito, negli atti citati infra, che quella israeliana non è un’occupazione “ordinaria”, celando – neanche troppo, dopo le ultime dichiarazioni ufficiali dei rappresentanti dello Stato di Israele – un progetto di annessione territoriale tramite l’uso della forza, dunque con un abuso strutturale di strumenti, conoscenze e servizi di varia natura ed entità (militare, di intelligence, di know-how, di impianti e infrastrutture ecc…), finalizzati a perpetuare un fatto illecito e incrementare atti illeciti di aggressione, in violazione pure dello “Statuto di Roma”, al quale l’Italia aderisce.

19. Su tali fonti e Autorità ONU, come sui contenuti di inquadramento giuridico, lo Stato italiano non ha mai formulato alcuna ufficiale dichiarazione o formalizzazione di dissenso, presa di distanza o rettifica di qualificazione dei fatti.

20. Di conseguenza, lo Stato italiano ha prestato acquiescenza sulle determinazioni delle Autorità competenti ONU, quanto meno sui fatti, dalle stesse inquadrati, e sulle qualificazioni giuridiche formulate.

21. Tra l’altro, fatti, inquadramenti e qualificazioni formulate sono pure di notorio dominio pubblico, consistendo nelle seguenti evidenze:

a. Ordinanza, emessa il 26 gennaio 2024 dalla CIG nel procedimento “South Africa v. Israel”, ravvisante, nelle condotte dello Stato di Israele, gli estremi del crimine di genocidio;

b. Ricorso, attivato il 1° marzo 2024 dal Nicaragua contro la Germania sempre dinanzi alla CIG, motivato da presunte gravi violazioni di norme di diritto internazionale, sia convenzionale che consuetudinario, in atto nel PTO, in particolare nella striscia di Gaza;

c. Parere, sempre della CIG, del 19 luglio 2024, dove, nel riconfermare la già accertata (col precedente Parere intitolato “Conseguenze legali della costruzione del muro nei territori palestinesi occupati”) illegittimità di diritto internazionale della c.d. colonizzazione israeliana,  si inquadrano le conseguenze giuridiche, di siffatta illegalità israeliana, per le condotte in buona fede degli altri Stati aderenti all’ONU, chiarendo che «gli obblighi violati da Israele includono taluni obblighi erga omnes … [sicché tutti gli Stati] hanno l’obbligo di non prestare aiuto o assistenza per mantenere la situazione creata dalla presenza illegale di Israele nei Territori Palestinesi Occupati… [e] tutti gli Stati parte della Quarta Convenzione di Ginevra hanno l’obbligo, nel rispetto della Carta delle Nazioni Unite e del diritto internazionale, di assicurare il rispetto da parte di Israele del diritto internazionale umanitario sancito da tale Convenzione» (traduzione nostra);

d. Risoluzione del 13-19 settembre 2024, con cui l’Assemblea Generale dell’ONU ha fatto proprio il suddetto Parere della CIG, confermando definitivamente l’obbligo di tutti gli Stati di astenersi, per buona fede, dal fornire allo Stato di Israele qualsiasi forma di cooperazione, comportante il consenso esplicito o concorso fattuale all’utilizzo di conoscenze, tecniche, metodi, strumenti, servizi, beni (a partire dalla fornitura di armi), comunque funzionali a perpetuare le illegittimità, accertate dalla CIG, e, per l’effetto, favorire l’offensività delle condotte materiali dello Stato di Israele;

e. Ordine di arresto della Corte penale internazionale, emesso il 21 novembre 2024 nei confronti del Presidente israeliano Netanyahu e del Ministro Gallant, per accertandi crimini di guerra e contro l’umanità.

22. In sintesi, l’anno 2024 rappresenta un punto di svolta nella qualificazione giuridica della condotta illecita permanente dello Stato di Israele, con conseguenze rilevatissime con riguardo agli obblighi costituzionali dello Stato italiano, ai sensi degli artt. 1, 2, 3, 10, 11, 21, 28, 54, 117, comma 1, Cost.

23. In particolare, il punto di svolta è dato:

– dal citato Parere CIG del 19 luglio 2024, relativo alle conseguenze giuridiche derivanti dalle politiche e pratiche di Israele nel PTO, compresa Gerusalemme Est,

– dalle misure provvisorie, impartite dalla CIG nel citato caso “South Africa v. Israel”, ravvisante, come accennato, gli estremi del crimine di genocidio,

– dal procedimento pendente “Nicaragua c. Germania”.

24. Il parere CIG di luglio impone giuridicamente un superamento del precedente approccio ristretto, incentrato su singoli comportamenti israeliani — come l’impatto degli insediamenti — a favore di un’attenzione al problema più ampio dell’illegalità della stessa presenza di Israele nel PTO, considerata una questione generale e grave, implicante crimini internazionali.

25. Infatti, la CIG ha dichiarato che la presenza prolungata di Israele in tutto il territorio palestinese occupato dal 1967, incluso il suo regime coloniale – composto da presenza militare, insediamenti, infrastrutture associate, controllo delle risorse naturali palestinesi – è illegittima nella sua interezza, in quanto fondata su violazioni persistenti di due norme imperative del diritto internazionale: il diritto all’autodeterminazione del popolo palestinese e il divieto di acquisizione di territorio con la forza a fini di annessione (cfr. Report of the Special Rapporteur on the situation of human rights in the Palestinian Territories Occupied since 1967, 1 ottobre 2024). La Corte ha inoltre accertato la violazione della norma inderogabile che proibisce la segregazione razziale e l’apartheid (paragrafi 223-229 del Parere).

26. La constatazione della CIG sulla violazione del divieto dell’uso della forza qualifica l’occupazione, a tutti gli effetti, come atto di aggressione.

27. Di conseguenza, qualsiasi attività che supporti o mantenga l’occupazione e il suo apparato può configurare complicità in un crimine internazionale ai sensi dello Statuto di Roma, all’art. 8-bis.

28. Questo dato di fatto rende inequivocabilmente illegittima l’intera presenza e condotta israeliana nel PTO. In altri termini, sebbene Israele, in quanto potenza occupante di fatto, rimanga vincolata dal diritto internazionale umanitario, l’insieme delle sue attività amministrative e militari in quei territori — dal controllo dei visti, permessi e movimenti, alla detenzione e alla regolazione economica — difetta di qualsiasi base legale secondo il diritto internazionale e deve essere considerato nullo e privo di effetto giuridico.

29. Inoltre, la violazione del diritto all’autodeterminazione compromette anche l’interpretazione di tutti gli altri diritti umani e obblighi giuridici derivanti da esso. Si tratta, infatti, del diritto più fondamentale e costitutivo dell’esistenza di ogni popolo, poiché riguarda la capacità intrinseca di un popolo di esistere e autodeterminarsi in un dato territorio, libero da controllo straniero e occupazione.  Senza questo diritto, un popolo non può esercitare alcun controllo sulla propria vita e sulle proprie risorse, anche se quel territorio è riconosciuto come di sua appartenenza dal diritto internazionale. In tale prospettiva, l’autodeterminazione riflette il diritto umano alla pace sia come comunità di persone sia come singola persona umana, ai sensi dell’art. 28 della “Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo”, la quale statuisce che «ogni individuo ha diritto ad un ordine sociale e internazionale nel quale i diritti e le libertà enunciati in questa Dichiarazione possono essere pienamente realizzati».

30. Nella vicenda del popolo palestinese, tenuto conto della frammentazione e dello smembramento sistematico causato da Israele tramite occupazione e trasferimenti forzati, tale diritto si applica all’insieme del popolo palestinese, di cui quasi sei milioni vivono sotto occupazione israeliana. Il riconoscimento da parte della CIG della negazione dell’autodeterminazione esterna evidenzia un sistema deliberatamente consegnato per negare l’esistenza di un popolo: il che implica, come conseguenza, l’incapacità strutturale di quel sistema di garantire in modo significativo qualsiasi altro diritto umano alle singole persone di quel popolo.

31. Pertanto, è stato stabilito che l’occupazione israeliana deve essere ritirata totalmente e incondizionatamente entro il 17 settembre 2025 (A/RES/ES-10/24 – 18 September 2024 -, paragrafo 2). Fino a quel momento, non deve esservi alcun riconoscimento, assistenza o sostegno, che possa contribuire, anche indirettamente, al mantenimento del fatto illecito e alla prosecuzione degli atti illeciti accertati.

32. È per tale motivo che gli altri Stati sono obbligati a rivedere e astenersi da qualsiasi accordo economico o commerciale, e devono intraprendere misure per impedire relazioni commerciali o d’investimento che contribuiscano al mantenimento della situazione illegale creata da Israele nel PTO (cfr. paragrafo 278 del Parere).

33. Per quanto riguarda, invece, le misure provvisorie, impartite dalla CIG, il 26 gennaio 2024, nel citato caso “South Africa v. Israel”, è da constatare che esse sono state adottate in ragione del “rischio serio” che gli atti commessi a Gaza possano costituire genocidio, imponendo allo Stato israeliano di “prevenire” tali atti genocidari contro i palestinesi (cfr. Application of the Convention on the Prevention and Punishment of the Crime of Genocide in the Gaza Strip (South Africa v. Israel), Order, 26 January 2024, I.C.J. Reports 2024, paragrafo 86 (1)).

34. Nel maggio 2024, rilevando che l’effetto cumulativo delle ostilità in corso e della privazione dei servizi essenziali aveva accresciuto il rischio di un “danno irreparabile” al diritto dei palestinesi a non essere sottoposti a genocidio, la CIG ha poi ordinato a Israele di “interrompere immediatamente” le operazioni militari potenzialmente miranti alla distruzione del popolo palestinese (cfr. Application of the Convention on the Prevention and Punishment of the Crime of Genocide in the Gaza Strip (South Africa v. Israel),Request for the Modification of the Order of 28 March 2024, Order, 24 May 2024, I.C.J. Reports 2024, paragrafi 29 e 57 (2) (a)).

35. Nel procedimento separato “Nicaragua c. Germania, la CIG ha ribadito gli obblighi internazionali degli Stati, relativi al trasferimento di armi alle parti coinvolte in un conflitto armato, al fine di evitare il rischio del loro utilizzo in violazione del diritto internazionale (Alleged Breaches of Certain International Obligations in Respect of the Occupied Palestinian Territory (Nicaragua v. Germany), Order, 30 April 2024, I.C.J. Reports 2024, paragrafi. 22–24, nonché Legal Consequences Arising from the Policies and Practices of Israel in the Occupied Palestinian Territory, including East Jerusalem, Advisory Opinion, 19 July 2024, I.C.J. Reports 2024, paragrafo 285 (7).

36. Di conseguenza, la buona fede dello Stato, nell’essere coerentemente conseguente con quanto emerso dagli accertamenti fattuali e qualificazioni giuridiche delle Autorità competenti citate, non insorge, come obbligo di condotta materiale, solo ed esclusivamente sul piano internazionale, e delle relative fonti che lo regolano, ma assume precipuo rilievo di diritto costituzionale interno, declinandosi in dovere di fedeltà alla Costituzione, ai sensi dell’art. 54 Cost., e obbligo di buona fede nei rapporti con i cittadini, ai sensi dell’art. 1,  comma 2-bis, della legge n. 241/1990, secondo cui, in conformità con il citato art. 54 Cost., «i rapporti tra il cittadino e la pubblica amministrazione sono improntati ai principi della collaborazione e della buona fede».

37. Di qui, dunque, la manifesta illegittimità costituzionale del rinnovo del Memorandum in questione, per violazione, immediata e diretta, sia delle fonti del diritto internazionale, così come inquadrate dalla CIG e dagli organi internazionali, in nome del diritto umanitario e della pace, sia della Costituzione, nello specifico degli artt. 1, 2, 3, 10, 11, 21, 28, 54, 117, comma 1, Cost., che conferiscono legittimità di diritto interno a quelle fonti internazionali e alle Autorità ONU, in nome del primato della dignità della persona umana e del diritto umano alla pace.

Conseguenze delle due illegittimità costituzionali riscontrabili, a seguito del rinnovo del Memorandum, per violazione degli artt. 1, 2, 3, 10, 11, 21, 28, 54, e 117, c. 1, Cost.

38. Non è revocabile in dubbio che la sovranità dello Stato italiano, tanto esterna quanto interna, appartenga al popolo ai sensi dell’art. 1 Cost., sicché spetta al popolo, dunque ai cittadini, esercitarla «nelle forme e nei limiti della Costituzione stessa» e limitata ai sensi dell’art. 11 Cost.

39. Neppure dubitabile è la constatazione che il dovere di agire, nella fedeltà costituzionale richiesta dall’art. 54 Cost., investa tutti gli organi e funzionari (ex art. 28) e cittadini della Repubblica italiana.

40. Ovviamente non è neppure dubitabile che su tutti i soggetti e organi della Repubblica incomba altresì il dovere di informare, nello speculare riconoscimento del diritto a essere informati, ai sensi dell’art. 21 Cost.

41. E non è altrettanto dubitabile che l’art. 28 Cost. si applichi allo Stato ente come anche ai suoi organi e funzionari, nei loro atti e nelle loro condotte materiali.

42. Infine, manifestamente ovvio è che Stato apparato, da un lato e ai sensi dell’54 Cost. e nella responsabilità che gli attribuisce l’art. 28 Cost., e cittadini, dall’altro e ai sensi dell’art 54 Cost. ma nella sovranità che può esercitare «nelle forme e nei limiti della Costituzione stessa» richiesti dall’art. 1 Cost., debbano rispettare qualsiasi persona umana, come richiesto dagli artt. 2 e 3 Cost., e debbano altresì agire nel rispetto delle fonti e della loro gerarchia, disegnata dagli artt. 10, 11 e 117, comma 1, Cost.

43. Da questo quadro costituzionale e internazionale, manifestamente non contestabile, deriva l’inammissibilità e incostituzionalità del rinnovo del Memorandum, ripugnante all’identità costituzionale stessa dell’Italia, che «ripudia la guerra» e la cui sovranità appartiene al popolo, che ha il diritto di essere informato sul suo utilizzo, e non allo Stato, che ha invece l’obbligo di conformarsi alle Autorità ONU, per limitazione ex art. 11 Cost., e di informare sul rispetto del diritto umanitario da parte propria e dello Stato di Israele, in conformità con l’art. 21 Cost. (che non contempla limiti in materia).

44. L’ulteriore rinnovo tacito del Memorandum costituisce atto deliberato di volontaria negazione, da parte gli uffici e degli organi competenti, dell’obbligo di fedeltà alla Costituzione e del conseguente rispetto del suddetto quadro costituzionale e internazionale.

45. La negazione della fedeltà alla Costituzione e del rispetto del quadro costituzionale e internazionale comporta una serie di diversificate responsabilità, ai sensi degli artt. 10, 11, 28 e 117, comma 1, della Costituzione.

46. Sul piano del diritto internazionale e umanitario, l’eventuale rinnovo tacito del Memorandum configurerebbe, a tutti gli effetti, una violazione del principio di buona fede nell’adempimento degli obblighi internazionali e umanitari da parte dello Stato, come indentificati dalla CIG e dall’Assemblea Generale dell’ONU.

47. Inoltre, sempre sul piano del diritto internazionale e umanitario, la prosecuzione della cooperazione con lo Stato di Israele, in costanza di un possibile genocidio sotto accertamento e in pendenza di specifici mandati di arresto, potrebbe configurare ipotesi di concorso o comunque appoggio ai crimini internazionali di uno Stato straniero, appoggio difficilmente giustificabile in nome dei cittadini italiani, cui appartiene per Costituzione la sovranità popolare.

48. E le violazioni del diritto internazionale e umanitario sono giustiziabili in diverse forme e modalità, consentite dalla comunità internazionale.

49. Sul piano, invece, del diritto internazionale convenzionale europeo, il tacito rinnovo del Memorandum consumerebbe una violazione della Convenzione Europea dei Diritti Umani (CEDU), anch’essa giustiziabile nelle forme e nei modi consentiti.

50. Nel contesto del diritto unionale della UE, poi, il tacito rinnovo del Memorandum significherebbe sia diretta violazione dei Trattati istitutivi in diverse loro disposizioni, tanto del TFUE quanto del TUE, sia illegittima disapplicazione delle normative derivate di settore, che impongono responsabilità in nome dei principi di leale collaborazione e buona fede.

51. Ovviamente anche la violazione del diritto unionale UE è giustiziabile.

52. Infine, al cospetto della Costituzione e delle leggi dello Stato, il tacito rinnovo del Memorandum comporterebbe diverse violazioni tutte giustiziabili, perché non coperte né da immunità giurisdizionali, in ragione del contenuto umanitario delle ragioni giustificative della denuncia, né da c.d. “atti politici”, trattandosi, viceversa, di adempimenti dovuti e necessari per “rime obbligate” con l’art. 54 Cost., anche perché non attribuibili, in via esclusiva e originaria, ai soli organi di vertice politico, come si desume dalle citate Circolari del MAECI in tema, dunque coinvolgenti plurime imputazioni di responsabilità, nei termini dell’art. 28 Cost.

53. In particolare, il tacito rinnovo del Memorandum provocherebbe persino l’illegittimità costituzionale consequenziale sia della legge di sua ratifica (la cit. n. 94/2005), per correlazione con un contenuto (quello del Memorandumrinnovato) contrastante con la Costituzione e con il diritto internazionale e umanitario, sia dall’art. 1 della legge n. 185/1990, perché non abrogata dalla l. n. 94/2005 (cfr., ex multis, Corte cost. n. 238/2014, Corte di Cass. SS.UU. n. 5044/2004, n. 36373/2021, n. 15601/2023).

54. Inoltre, poiché le disposizioni del Memorandum, attivando la cooperazione nei settori dell’industria della difesa, legittimano l’importazione, esportazione e il transito di materiali militari e di difesa, nonché la formazione e l’addestramento, esse operano comunque in palese violazione del disposto e della ratio dell’art. 1, comma 6, della l. n. 185/1990.

55. Infine, dopo le richiamate novità del 2024, non possono essere sottovalutate neppure le implicazioni penali di un tacito rinnovo del Memorandum. Il rinnovo, infatti, porterebbe a far insorgere, non inverosimilmente in virtù degli artt. 28, 54, 93, 95 e 96 Cost., una condotta concorsuale ex art. 110 c.p., rispetto a diverse fattispecie contemplate dall’ordinamento italiano: da quella dell’art. 1 della l. n. 962/1967 a quella dell’art. 285 c.p., a nulla rilevando il fatto che la condotta materiale tipica si realizzi nel TPO, atteso che quella concorsuale troverebbe comunque consumazione in Italia, né potendosi men che mai invocare la dottrina del c.d. “atto politico”, in quanto non riconducibile né alle ipotesi dell’art. 51 c.p. né alle disposizioni della Costituzione.

Tutto ciò premesso, documentato e argomentato, come parte integrante e costitutiva del presente atto,

i sottoscritti

diffidano

il Ministero della Difesa e il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, nelle persone dei loro titolari p.t., nonché i titolari dagli Uffici competenti del MAECI, per come individuati dalla cit. Circolare della Segreteria Generale dello stesso MAECI (n. 1/2025)

– ad attivare il procedimento di denuncia del Memorandum «tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo dello Stato di Israele in materia di cooperazione nel settore militare e della difesa», ratificato dalla legge n. 94/2005,

– a informare i sottoscritti dell’avvenuto avvio del procedimento entro sessanta giorni dalla notifica della presente diffida

– a informare i sottoscritti, nello stesso termine di sessanta giorni dalla notifica della presente diffida, sui nominativi dei responsabili dei procedimenti di avvio della denuncia, in conformità con la citata Circolare MAECI n. 1/2025 e le altre disposizioni applicabili,

– in caso contrario, a informare i sottoscritti, nello stesso termine di sessanta giorni dalla notifica della presente diffida, le ragioni di fondamento costituzionale, a giustificazione del riconfermato rinnovo tacito del suddetto Memorandum.

avvertono

che, in caso di silenzio inadempimento, si procederà per le vie legali consentite.


I Sudari di Gaza e le bombe israeliane Sudario per Gaza


Sabato 24 maggio l'Italia si è svegliata con lenzuoli bianchi affissi alle finestre, nei parchi, davanti alle scuole e alle chiese. Ma mentre tutto questo prendeva forma per ricordare le vittime palestinesi, a Gaza le bombe continuavano a mietere vittime innocenti. È accaduto l'indicibile, un nuovo orrore: le bombe israeliane hanno ucciso nove dei dieci figli di una pediatra palestinese

Un sabato di dolore, silenzioso ma denso di significato. Il 24 maggio in tante città italiane sono comparsi i “Sudari di Gaza”: semplici lenzuoli bianchi, appesi alle finestre o stesi a terra, nei giardini, davanti alle scuole, nei luoghi della quotidianità. Simboli poveri ma eloquenti. Ogni lenzuolo ricordava una vita spezzata sotto le bombe, un bambino ucciso, una madre, un anziano, una famiglia intera annientata.

Questa iniziativa spontanea, promossa da attivisti della pace, insegnanti, famiglie e reti della società civile, ha voluto rompere il silenzio mediatico e istituzionale che spesso circonda il massacro in corso nella Striscia di Gaza. Un gesto semplice, nonviolento, che chiede attenzione e rispetto per la sofferenza del popolo palestinese.

Proprio mentre questi lenzuoli venivano esposti, una notizia agghiacciante arrivava dalla Striscia: nove dei dieci figli della dottoressa Jumana Oudeh, pediatra palestinese, sono stati uccisi in un bombardamento israeliano. La famiglia si era rifugiata in una zona che si pensava sicura, ma non esistono più luoghi sicuri a Gaza. Le immagini delle macerie, i racconti dei sopravvissuti, la disperazione di chi cerca ancora i propri cari tra le rovine sono diventati il sottofondo tragico di una giornata di mobilitazione simbolica.

I “Sudari di Gaza” parlano di questo: di un'umanità perduta, di una ferita aperta, di un crimine che si consuma nell'indifferenza di molti governi occidentali, complici per via di forniture militari, silenzi diplomatici e doppi standard.

I “Sudari di Gaza” sono stati un primo segnale. Ora tocca a noi trasformare quel dolore in impegno, quella testimonianza in azione politica, quella compassione in forza collettiva.


Uccisi dalle bombe israeliane due membri della Croce Rossa

Proseguono senza sosta i raid e i bombardamenti a tappeto israeliani, che martellano pesantemente la Striscia, con uno bilancio di decine di vittime, tra cui due membri dello staff del Comitato Internazionale della Croce Rossa, uccisi ieri in un attacco sulla loro casa a Khan Yunis dove hanno perso la vita anche i 9 figli della pediatra Alaa Najjar.

Fonte: ANSA


Acquisto di tecnologia militare israeliana: anche la Camera dice di sì 

Via libera all’acquisto dei G550: la guerra elettronica decolla con tecnologia militare israeliana

Dopo il Senato, anche la Commissione Difesa della Camera approva l’acquisto di aerei spia G550: una scelta che rafforza l’asse militare con Israele e punta a potenziare le capacità offensive dell’Italia.

I nuovi velivoli G550, dotati di tecnologia israeliana per la guerra elettronica, avranno un ruolo chiave nel coordinamento di operazioni di bombardamento, agendo da piattaforme di “targeting” e “accecamento radar”. 

E così, mentre l’opinione pubblica viene distratta con altre schermaglie politiche, la Commissione Difesa della Camera va al sodo e approva l'acquisto di nuovi aerei da guerra elettronica Gulfstream G550, in linea con quanto già deciso dalla Commissione Difesa del Senato. Si tratta di velivoli sofisticati, forniti di tecnologia militare israeliana sviluppata da ELTA Systems, una sussidiaria della Israel Aerospace Industries.

Questi aerei non lanciano bombe, ma preparano il campo per chi le lancerà. Sono “moltiplicatori di forza” in uno scenario di guerra avanzata.

I G550 svolgono funzioni di targeting: localizzano e identificano gli obiettivi, li tracciano e li trasmettono agli aerei da attacco, come gli F-35, che poi eseguono il bombardamento. Inoltre, sono progettati per condurre operazioni di guerra elettronica, cioè per disturbare, accecare o disattivare i radar e le difese nemiche, aprendo così la strada alle incursioni offensive.

Non è un acquisto neutrale. È un tassello di una strategia militare integrata con quella della NATO e degli Stati Uniti, che punta ad aumentare le capacità di attacco a lunga distanza e a fare dell’Italia un hub avanzato per operazioni militari ad alta tecnologia. Questi aerei utilizzano sistemi sviluppati in collaborazione con Israele, in un momento in cui l’esercito israeliano è sotto accusa per crimini di guerra a Gaza.


La nuova bomba atomica americana

Gli Stati Uniti hanno appena annunciato lo sviluppo e la produzione di una nuova bomba atomica. Si tratta della B61-13, un ordigno più potente della già pericolosa B61-12, pensato per obiettivi strategici ad alta penetrazione.

Non stiamo parlando di armi vecchio stile, ma di dispositivi “moderni”, progettati per essere “flessibili”, impiegabili anche in contesti tattici. Una bomba nucleare usabile, nella logica della deterrenza attiva. Un salto qualitativo e inquietante che riporta al centro del dibattito l’ipotesi concreta dell’uso del nucleare in scenari di conflitto.

Il Pentagono afferma che questa nuova bomba è necessaria per affrontare “sfide emergenti” e mantenere un “credibile deterrente nucleare”. Ma la verità è che siamo dentro una nuova corsa agli armamenti, dove l’aggiornamento tecnologico non significa maggiore sicurezza, bensì più rischio, più tensioni, più possibilità di errore e catastrofe.

Dopo aver installato le B61-12 nelle basi europee – tra cui Ghedi e Aviano in Italia – gli Stati Uniti fanno un ulteriore passo avanti. La B61-13 sarà ancora più devastante, con una potenza stimata attorno ai 360 kiloton, più di venti volte quella di Hiroshima.

E l’Europa? Assente. L’Italia? Silente. La NATO? Complice.

Invece di promuovere un’azione diplomatica globale per il disarmo, si accetta passivamente l’escalation. Si dimentica che esiste un Trattato ONU per la Proibizione delle Armi Nucleari, firmato da oltre 90 paesi. Ma boicottato proprio dalle potenze nucleari e dai loro alleati.

PeaceLink chiede con forza:

  • che il governo italiano rifiuti il ruolo di deposito e piattaforma per le nuove testate nucleari;

  • che venga ratificato il TPAN, il Trattato per la messa al bando delle armi atomiche;

  • che si apra un dibattito pubblico sul ritorno dello spettro nucleare, oggi sempre più concreto.

Serve una mobilitazione culturale e politica. Serve ricordare che le bombe nucleari non difendono nessuno: mettono in pericolo la vita sul pianeta.

Con le nuove B61-13 il mondo è un posto meno sicuro. Ma noi possiamo ancora scegliere da che parte stare.


In Ucraina cresce il dissenso verso la gestione della guerra

Qui una manifestazione in piazza

Link: https://sociale.network/@peacelink/114570166601123484

Cosa chiedono?

Ecco il testo che circola su Telegram.


Termini di servizio chiari per i militari: perché sono importanti?

I lettori del canale ci hanno spesso chiesto: perché le attiviste della mobilitazione sociale supportano i picchetti dei familiari dei militari per chiedere termini di servizio chiari? Non è la prima volta che partecipiamo a queste mobilitazioni. Cerchiamo di capire perché questa battaglia ha senso.

  • molte persone si sono arruolate consapevolmente nelle Forze Armate dell’Ucraina all’inizio dell’invasione su larga scala e stanno ancora servendo. Molti di loro difendono il Paese da quattro anni di fila, alcuni anche da prima, perché la guerra non è iniziata nel 2022. Senza una legge che stabilisca termini di servizio chiari, la mobilitazione per loro è diventata un biglietto di sola andata;
  • il livello di stanchezza e demoralizzazione tra i militari è altissimo, e ogni mese sempre più persone abbandonano le unità. Si registrano anche casi di suicidio tra i soldati. Questo mina la capacità difensiva del Paese, ma, a dire il vero, è difficile condannare questi militari: lo Stato non offre garanzie di congedo né condizioni adeguate. Per le stesse ragioni, cresce la riluttanza anche tra i nuovi mobilitati;
  • spesso ci viene detto che non ci sono persone pronte a sostituire chi è al fronte. Non è vero: secondo studi sociologici, in Ucraina ci sono tra 1 e 3,7 milioni di riservisti. Durante le campagne informative, abbiamo sentito spesso dire che “la gente non vuole andare in guerra”. Ma pensiamoci: se le persone sapessero che la guerra non è per sempre, ma per un periodo definito, sarebbero più motivate ad arruolarsi;
  • la questione della mobilitazione ha anche una dimensione di classe. Vengono mobilitati coloro che non possono permettersi di evitare il reclutamento. Così, la difesa del Paese ricade in modo sproporzionato sulle spalle dei più poveri e vulnerabili: operai, abitanti dei villaggi e dei piccoli centri;
  • la mobilitazione è un problema sistemico e servono azioni sia “dal basso” sia “dall’alto” per risolverlo. Per questo le nostre attiviste non si limitano alle proteste di piazza, ma dialogano con i politici, formano gruppi di esperti, organizzano conferenze stampa e rilasciano interviste a media ucraini e internazionali;
  • nonostante quasi un anno e mezzo di mobilitazione, il governo continua a ignorare le nostre richieste. Il 18 marzo, il Ministero della Difesa avrebbe dovuto presentare al Parlamento il disegno di legge sui termini di servizio, ma ciò non è avvenuto. Tuttavia, non è il momento di scoraggiarsi: il nostro movimento sta crescendo in sostegno e riconoscimento. La lotta continua!

Cosa puoi fare tu per sostenere il nostro movimento:

  • unirti alla comunità dei familiari dei militari e partecipare a uno dei prossimi picchetti in qualsiasi città dell’Ucraina;

  • seguire i social dell’ONG Intentia, che svolge attività di sensibilizzazione e dialoga con le istituzioni per promuovere una legge sui termini di servizio chiari (Facebook, Instagram);

  • diffondere informazioni sui picchetti (ogni forma di attenzione pubblica è una pressione in più sul governo).

Insieme otterremo per i nostri eroi il diritto al riposo e alla rotazione!

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