Salvaguardia del Creato

La Pace di Cristo nella pratica della Giustizia

Proprio all'esordio di questo mese la Chiesa ha celebrato la 5a Giornata per la Salvaguardia del Creato. Proviamo a fare anche noi alcune riflessioni partendo dal documento che la Cei ha redatto per l'occasione e che si trova anche nel nostro sito di Pax Chrsti.
16 settembre 2010
Carlotta Venuda

Proprio all'esordio di questo mese la Chiesa ha celebrato la 5a Giornata per la Salvaguardia del Creato. Proviamo a fare anche noi alcune riflessioni partendo dal documento che la Cei ha redatto per l'occasione e che si trova anche nel nostro sito di Pax Chrsti. Il documento partendo dal ricordarci come sia Cristo il principe della pace che scaturisce dalla sua croce e come l'assenza di guerre sia solo una delle condizioni della pace. Passa quindi a sottolineare come elemento che permette la pace sia la giustizia che si fonda su un'equa distribuzione dei doni che la terra nel pensiero di Dio abbondantemente avrebbe offerto agli uomini. Si passa quindi a ricordare le difficoltà che i poveri hanno ad accedere alle risorse ambientali che dovrebbero essere invece a disposizione di tutti e come, peggio, spesso le risorse che noi sconsideratamente e senza ritegno alcuno sfruttiamo provengano proprio dai paesi più poveri ai quali le sottraiamo: "La recente Assembla Speciale del Sinodo dei Vescovi per l’Africa ha denunciato con forza la grave sottrazione di beni necessari alla vita di molte popolazioni locali operata da imprese multinazionali, spesso col supporto di élites locali, al di fuori delle regole democratiche" e Benedetto XVI osserva nell’Enciclica Caritas in veritate che “l’incetta delle risorse naturali, che in molti casi si trovano proprio nei Paesi poveri, genera sfruttamento e frequenti conflitti tra le Nazioni e al loro interno”. Ed é lo stesso Benedetto XVI che richiama al “dovere gravissimo di consegnare la terra alle nuove generazioni in uno stato tale che anch’esse possano degnamente abitarla e ulteriormente coltivarla”. Se nella contemplazione della creazione, come dice il Papa possiamo cogliere l'amore di Dio creatore che si prende cura delle sue creature, dovremmo però anche impegnarci a non privare noi stessi e i nostri fratelli delle possibilità di fruire di questa meraviglia, quanto piuttosto a salvaguardarla. Oggi ci troviamo costretti a cercare di porre rimedio all'uso sconsiderato e discriminatorio delle risorse che é stato operato negli ultimi decenni. E' triste rilevare che l'impegno in tal senso spesso é non solo disatteso, ma programmaticamente nemmeno preso da alcuni paesi, si pensi al Protocollo di Kyoto che molti paesi, in primis gli Usa, non firmarono e l'Italia solo parzialmente, é triste rilevare che quando leggiamo sui media i titoli che annunciano il raggiungimento di alcuni obiettivi per la salvaguardia ambientale propostici, come per esempio la riduzione dei gas serra, dobbiamo poi leggere negli articoli che in realtà gli obiettivi sono stati raggiunti solo per causa, ma forse questo é un piccolo merito, della crisi. Ciò ci può far riflettere e vedere come alcuni consumi non siano indispensabili alla nostra vita, ma rientrino piuttosto in un certo modo poco ponderato di operare delle aziende o nei lussi che ci concediamo. Sarebbe bello che contenessimo questi piccoli o grandi lussi, che poi sono dei piccoli o grandi sprechi, che le aziende contenessero il dispendio energetico non costretti dalle ristrettezze economiche, ma per scelta. La Fao ci dice che é sceso sotto il miliardo il numero di persone che soffrono la fame, ma lancia anche il monito che se i governi non incoraggeranno gli investimenti in agricoltura, non svilupperanno le reti di sicurezza e i programmi di assistenza sociale e non rafforzeranno le attività che generano reddito per i gli agricoltori poveri, non si raggiungerà certo il traguardo previsto dal World Food Summit del '96 di ridurre il numero degli affamati a 400mila entro il 2015. Quella che dovrebbe diffondersi tra di noi é una cultura dei beni del creato come beni comuni a tutti i suoi abitanti di cui usufruire col consenso di tutti e non pensando di avere su di essi dei diritti inalienabili e da non condividere. Una grande rivoluzione culturale in tal senso é la sola via per far cambiare le politiche che molti stati tra cui il nostro hanno intraprese per soddisfare reciproci interessi, sostanzialmente economici. Nel nostro paese ci stanno di fronte due impegni cui dobbiamo dedicarci con forza e determinazione per far sì che si possa invertire la rotta della politica governativa. Il referendum contro la privatizzazione dell'acqua (secondo la Legge Ronchi ,19 novembre 2009), il cui svolgimento abbiamo ottenuto raccogliendo ben un milione e quattrocentomila firme. I tre quesiti cui si chiede di rispondere sono che l'acqua venga dichiarata un "bene di non rilevanza economica", che l'acqua "venga tolta dal mercato" e che non si faccia "profitto sull'acqua". "Ogni cittadino italiano e ogni cristiano si impegni per salvare “sorella acqua”" dice padre Alex Zanotelli. Altrimenti i nostri comuni potrebbero scegliere di rendere privata, in misura anche consistente l'acquisizione, la gestione e la distribuzione dell'acqua e degli acquedotti con i conseguenti rincari nel suo prezzo, ma anche il concreto rischio che diminuisca la possibilità per molti, oltre che la facilità di goderne, come capita già in molti comuni, soprattutto al Sud, dove la disponibilità di acqua é tra l'altro minore che nel resto del nostro paese. Cosa impedirebbe, avvenuta la privatizzazione, che il gestore fornisse volutamente servizi scadenti per costringere all'acquisto dell'acqua imbottigliata che la legge gli consente di trarre dalle stesse fonti che gestirà? L'Onu ha approvato lo scorso luglio una risoluzione che “dichiara il diritto all'acqua potabile e sicura e ai servizi igienici ,un diritto umano essenziale al pieno godimento della vita e di tutti i diritti umani”, ma quante sono le risoluzioni dell'Onu che vengono rispettate? Poche ahinoi. Ma anche l'espressione referendaria della nostra volontà popolare in Italia é stata disattesa: nel 1987 si votarono tre quesiti referendari che domandavano di cancellare alcune disposizioni di legge concepite per rendere più facili e rapidi gli insediamenti nucleari. La vittoria del Si a quei quesiti sancì di fatto l'abbandono del ricorso al nucleare come forma di approvvigionamento energetico. Nel 1988 il Governo nel "Piano energetico nazionale" ha deliberato la moratoria nell'utilizzo del nucleare da fissione quale fonte energetica, lanciando un programma per l'arresto, a breve, dell'assemblaggio di combustibile nucleare. Tra la fine degli anni '80 e l'inizio degli anni '90, varie delibere del CIPE, che hanno disposto la chiusura definitiva degli impianti in esercizio. Incurante di questa linea intrapresa e della volontà che il popolo allora aveva espresso chiaramente, senza tornare a consultarla il Governo Berlusconi ha deciso di far riprendere in Italia l'attività nucleare entro il 2013 e ha iniziato ad individuare le possibili sedi, che hanno poi subito continui mutamenti in concomitanza delle campagne elettorali per le regionali e le provinciali, delle nuove centrali. L'opposizione a questo progetto da parte degli ambientalisti e dell'opinione pubblica non é aprioristica, ma legata al fatto che verranno costruite centrali con tecnologie ormai superate, per asservimento ad accordi con paesi vicini dai quali si acquisteranno queste tecnologie e del fatto che comunque le scorte di uranio sarebbero garantite solo per una cinquantina d'anni. Le risorse e le forze impiegate per la ripresa della produzione nucleare sono sottratte all'impegno verso l'intensificazione della produzione di energie pulite tramite lo sfruttamento delle fonti rinnovabili. A noi non rimane che impegnarci quotidianamente per formare e diffondere una cultura ed una prassi di contemplazione come dice Benedetto XVI del creato e di rispetto prima di tutto dei suoi abitanti che sono nati col diritto incontestabile di poter godere di tutto ciò che esso offre, sfruttarlo appieno per le proprie esigenze , migliorandone le modalità di utilizzo e serbandolo magari reso più abitabile e godibile per le generazioni che ci succederanno. Il nostro impegno e il nostro stile di vita che ne conseguirà permetteranno forse un giorno di cambiare la mentalità di molti nostri governanti e di conseguenza le loro scelte politiche, mettendo al centro l'uomo e le sue necessità e forse mostrerà anche l'inutilità e susciterà la fine dei tanti conflitti che si scatenano e si combattono per mettere le mani su quello che é già nostro, perché é già di tutti e per cui nessuno dovrebbe aver bisogno di penare, se ciascuno di noi lo riconoscesse. "Praticare la giustizia darà pace, onorare la giustizia darà tranquillità e sicurezza per sempre" dice Isaia.

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