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PeaceLink, dalle origini pacifiste alla lotta contro la diossina

Un anarchico americano, Tom Jennings, aveva realizzato un software libero con cui una venne creata una specie di «paleointernet» oggi archeologica ma allora miracolosa. Potevano comunicare persino i Commodore 64: il modem era così lento che il testo compariva una parola per volta.
Mattia Feltri e Luca Ubaldeschi (La Stampa)

Alessandro Marescotti quando nel 1991 scoppiò la Prima Guerra del Golfo aveva 33 anni. Insegnava storia e italiano alle superiori e faceva parte di un gruppo pacifista, ambientalista, solidarista. Era in contatto con altri attivisti e tutti loro si chiedevano come usare i computer per tenersi «connessi» e organizzare le loro piccole forze antimilitariste. Dicevano proprio così, «connessi».

Un anarchico americano, Tom Jennings, aveva messo a disposizione un software libero che Marescotti e gli altri si presero, e tirarono su una specie di «paleointernet» privato che funzionava con tecnologie oggi archeologiche ma allora miracolose: misero in rete anche una caffettiera come il Commodore 64, e nelle loro «paleomail» compariva una parola per volta Il logo originario di PeaceLink nella carta intestata del 1992

Così nacque Peacelink, il gruppo che nel 2005 entrò nel database Eper e scoprì che a Taranto c’era l’8,8 per cento della diossina industriale europea.

«Ci aprì il Tg3 regionale, ma il giorno dopo nessun partito disse una parola. Nemmeno Nichi Vendola, che era presidente della Regione da pochi giorni», ricorda Marescotti ai tavolini di un bar di Taranto.

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