Una riflessione dalla Colombia ..... ma non solo

Non si vergognano ?

Quelli che si sentono furbi, quelli che vivono una vita facile, i predatori insaziabili degli ospedali, i ladri che rubano costruendo i ponti, le canaglie che vivacchiano al Parlamento, quando vedono questa gioventù dagli occhi limpidi che si guadagna la vita, per sognare una medaglia , vendendo empanadas di porta in porta ?
8 agosto 2012
Eduardo Escobar
Tradotto da per PeaceLink

Con le Olimpiadi mi succede come quando seguo i dibattiti dei politici, i campionati del mondo di calcio, di boxe o i serial televisivi. Mi sforzo di rimanere estraneo alle emozione per un rispetto per me stesso, come qualcuno che, dall’alto di una scogliera, vede che si sta formando un gigantesco “tsunami” e lo vede crescere, ma si sente al sicuro da dove si trova.

Poi però l’ insistenza dei media e tutto il clamore che si arma intorno a questo tsunami finisce per coinvolgermi e farmi partecipare a questo evento di massa e, come tutti, ci metto il cuore anch'io.

Tifo sportivo a Bogotà

Siamo tutti piccole bestie, appena uscite da uno dei racconti omerici, il modesto embrione di un "io" capace di innamorarsi di un simbolo, di una bandiera, di uno stendardo o di un vessillo, per quanto possa essere brutto.

All'apparenza le Olimpiadi sono più innocenti di tutti i giochi fatti nei palazzi della politica.

Ma non è vero.

Come succede in tutte le cose umane, ci sono sempre i più furbi. La storia delle Olimpiadi moderne è stata prodiga di queste farse. Nel secolo scorso, ai tempi della Guerra Fredda, il sudore degli atleti è stato usato come arma da guerra dai due imperi contrapposti ed
è diventato uno strumento di propaganda per la difesa delle ideologie politiche da entrambe le mafie politiche contrapposte.

Ma non si tratta di ricordare l'isteria nazista di Hitler umiliato da un “negro”. Né le nuotatrici comuniste della Germania dell'est che risultarono "maschietti", dopo un controllo superficiale. Né l'eroismo di uomini unici come quel etiope scalzo che trionfava nelle maratone, abituato a cacciare gazzelle nei deserti della Bibbia.

In qualche modo ci si commuove per la presenza luminosa di quella "negretta colombiana" , piccola tra i più piccoli dei colombiani, tra i più segregati, dimenticati e offesi, che sorride malgrado tutto con quel sorriso che hanno solo certi poveri, nati tra le piantagioni di platano, in quartieri invivibili o che arrivano da posti magici come quello dove nacque Urán, il ciclista, dove volteggia il Rio Penderisco , il più pigro dei fiumi, il più incerto, quello che avanza formando una serie di serpentine, come un ubriaco che, invece di scendere a valle, si compiace di disegnare un labirinto in mezzo al verde.

Ci si commuove a pensare  alle ragazze che vengono dalle terre dei massacri del Uraba antioqueño, dove da troppi anni governa l'avidità ed il disprezzo della vita. Come quella moretta del salto triplo  (Caterine Ibarguen)  o come quella sollevatrice di pesi  (Lina Rivas ) o quei ragazzi dei villaggi di minatori dove l'oro, più che una ricchezza è visto come una vergogna, come una febbre gialla.

È Gentesita, gente del popolo che merita il più tenero dei sentimenti, per la forza della volontà e dei muscoli con cui riescono a superare tutte le loro carenze. E questa è gente tanto semplice che crede di dovere qualcosa a una bandiera che a volte ha tentato di affogarli. E salutano le nonne, che vivono nei villaggi di palma, da quella Londra delle grandi banche e della decrepita regina e di quei pirati che non si è riusciti a vedere nella cronaca della inaugurazione dei giochi della perfida Albione.

Mi chiedo, com queste poche parole, che sto trasformando in un inno di dolore per aver sconfinato in un disgraziato patriottismo, che cosa significhi appropriarsi dei trionfi degli altri per ingrassare il proprio egoismo:

Proveranno vergogna per se stessi, quelli intelligenti, quelli furbi, quelli che vivono una vita facile come i Nule e i Moreno ( vedi NdT), i predatori insaziabili degli ospedali dei poveri, i ladri che rubano quando costruiscono i ponti, le canaglie che vivacchiano al Senato, quando guardano questa gioventù dagli occhi limpidi che si guadagna la vita, sognando una medaglia , e continuano a vendere empanadas di porta in porta ?

La domanda è patetica.

Ma è la realtà che è patetica, come quelle sinfonie romantiche che mettono di fronte le piccole glorie e le grandi miserie e l'umiltà e la buona salute contro l'arroganza di quelle anime appestate.

 

 

NdT : L’articolo è tradotto da El Tiempo di Bogotà, Colombia, quindi un esatto adattamento alla realtà italiana, dovrebbe indicare nomi equivalenti, che purtroppo non mancano.

Note: Articolo originale :
http://www.eltiempo.com/opinion/columnistas/eduardoescobar/no-sienten-verguenza-eduardo-escobar-columnista-el-tiempo_12104041-4

Tradotto per Peace Link da Ernesto Celestini

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